Storia del Jazz: da New Orleans al mondo

La storia del Jazz percorre tutto l’arco del Novecento. Nel corso di questo secolo è nato, si è evoluto ed è esploso in tutto il mondo. È stato probabilmente uno dei generi musicali che più di tutti ha inciso nella storia della musica contemporanea, scardinando vecchie regole con una carica innovativa esplosiva. Nato e sviluppatosi tramite molteplici influenze musicali, il Jazz ha presto raggiunto una sua autonomia, diffondendosi in tutto il mondo e influenzando a sua volta altri generi musicali. Ma parlare di questa musica significa parlare di moltissime cose diverse; infatti nel corso della sua storia il Jazz si è evoluto e si è trasformato, differenziandosi in forme e stili autonomi.

Mentre nei primi decenni del Novecento fu uno dei generi musicali più in voga, oggi il Jazz è diventato quasi una musica di nicchia (almeno nelle sue forme classiche): talvolta affascinante e trascinante, in altri casi “difficile” e a tratti fastidioso per un orecchio non abituato.

In questo articolo faremo un viaggio nella storia del Jazz, cercando di mettere in evidenza i suoi snodi fondamentali, per cercare di conoscere meglio le radici profonde di questa rivoluzione musicale (e non solo).

La storia del Jazz e gli afroamericani

Il Jazz è frutto di un mix di influenze e suggestioni musicali diverse. La sua storia è indissolubilmente legata al contesto sociale degli ex schiavi neri americani: la loro tradizione musicale africana si fuse con elementi della musica europea, dando vita a una delle più grandi rivoluzioni musicali dell’ultimo secolo.

Raccontare la storia del Jazz significa quindi raccontare un pezzo di storia del Novecento; significa conoscere un preciso ambiente sociale dominato da povertà, violenza, discriminazione. Il Jazz è parte integrante della storia americana, della storia del costume. I suoi suoni e le sue atmosfere sono il segno del riscatto del popolo afroamericano, che dopo essersi liberato dalle catene della schiavitù ha dominato il mondo a colpi di note musicali, le note del Jazz.

Storia del Jazz: le origini tra work songs e spirituals

La storia del Jazz inizia nei primi anni del Novecento, ma le origini di questa musica devono essere cercate un po’ prima, nei canti degli schiavi afroamericani. Come è noto, la tratta degli schiavi fu un fenomeno iniziato già nel Cinquecento: moltissime navi europee salpavano dalle coste dell’Africa cariche di uomini che venivano venduti ai grandi proprietari terrieri del sud degli Stati Uniti. Le loro condizioni erano pessime, costretti a lavorare nei campi di cotone e strappati alla loro terra in un Paese sconosciuto.

È in questo contesto che nascono i work songs (canti di lavoro). Si trattava di canti eseguiti durante il lavoro nei campi per alleviare la fatica; solitamente avevano una forma responsoriale, in cui un solista intonava una melodia che veniva poi ripresa in coro da tutti gli altri.

Accanto a questi canti si collocano anche il gospel e gli spirituals, canti legati alla sfera religiosa. Infatti, gli schiavi convertitisi al cristianesimo usavano cantare questi brani durante le funzioni religiose. La religione cristiana fece breccia nella loro comunità: essi apprezzavano in particolare il messaggio di redenzione e di speranza in una vita migliore. È proprio qui, in queste forme semplici ed essenziali che dobbiamo ricercare le origini del Jazz.

Il blues e il regtime

Strettamente collegato agli ex schiavi è anche il blues, la cui storia si intreccia indissolubilmente con il Jazz. Con la fine della guerra civile americana (1861-1865) e l’abolizione della schiavitù, i neri che prima venivano sfruttati nei campi di lavoro furono costretti a girovagare per i villaggi del Sud in cerca di occupazione. Essi raccontavano questa nuova condizione di vagabondaggio attraverso canti che prendono il nome di blues, spesso accompagnati con la chitarra. Questo genere, strettamente collegato ai work songs, è caratterizzato dalle cosiddette “blue notes”, una sorta di “stonature” che danno a questa musica un carattere più triste. Infatti, in questi canti gli ex schiavi narravano condizioni di disagio e miseria legati all’emarginazione a cui i neri erano sottoposti.

In questo periodo, tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 si sviluppò il ragtime (“tempo strapazzato”), genere destinato principalmente al pianoforte e caratterizzato da un ritmo sincopato e da una varietà di temi musicali differenti. Il ritmo incalzante fece del ragtime una popolarissima musica da ballo diffusa soprattutto nei quartieri a luci rosse. Uno degli interpreti di maggior successo fu Scott Joplin (1868-1917).

New Orleans e le brass band

Nonostante i problemi e le discriminazioni che gli afroamericani dovevano subire, liberi dalla schiavitù poterono almeno spostarsi e incontrarsi tra loro. Con la fine della guerra civile (1865), molti strumenti musicali utilizzati dalle bande militari furono rivenduti a costi molto bassi. È così che gli ex schiavi (che in una prima fase non avevano a disposizione strumenti musicali) iniziano a utilizzarli, riproducendo a orecchio quelle melodie blues che prima venivano solo cantate. La musica che ne veniva fuori era rauca, spezzata, distorta. Nessuno di questi musicisti aveva ricevuto un’educazione musicale, ma furono proprio queste “sporcature”, queste imprecisioni il marchio di fabbrica del Jazz. Infatti, una delle caratteristiche tipiche di questo nuovo genere sarà proprio l’improvvisazione.

La città che è passata alla storia come patria del Jazz è New Orleans, capitale della Louisiana. La sua specificità di grande centro portuale l’ha resa una città multietnica e ricca di stimoli. È qui che nei primi anni del ’900 si formarono le brass band (bande di ottoni) che sfilavano per le vie della città in occasione di varie ricorrenze (come funerali o matrimoni). Spesso gli stessi musicisti che di giorno suonavano in questi gruppi, di notte si ritrovavano nei locali notturni. Gran parte di questi locali era concentrata nel quartiere di Storyville. Da qui il Jazz ottenne pian piano un successo crescente che portò i musicisti a esibirsi in numerosi locali della città.

Il Jazz oltrepassa i confini

Nel 1917, durante la Prima guerra mondiale, molti locali vennero chiusi per ragioni di ordine pubblico. Il quartiere di Storyville venne sgomberato dalle forze dell’ordine per mettere fine ai continui episodi di violenza e malcostume che spesso si verificavano. Quindi i musicisti furono costretti a spostarsi nelle città del Nord, in particolare a New York e Chicago. I piccoli gruppi di soli ottoni si arricchirono di nuovi strumenti a fiato, della batteria, del contrabbasso e del pianoforte.

Attratte dalla nuova musica, le case discografiche iniziarono a registrare i primi brani: il successo del Jazz iniziò a decollare. Proprio in questo contesto nasce uno dei primi e più importanti jazzisti della storia noto a livello mondiale: Louis Armstrong (1901-1971). Trombettista e cantante, Armstrong divenne famoso soprattutto per un particolare modo di cantare detto “scat”, che consisteva nell’intonare sillabe senza significato, usando la voce come se fosse uno strumento musicale.

L’era dello swing

Negli anni ’30 e ’40 il Jazz si diffuse in tutta l’America e anche in Europa. In questi anni iniziò a essere eseguito anche da grandi orchestre di artisti bianchi, le cosiddette big bands. Nel periodo tra le due guerre questi gruppi suonavano una musica particolarmente allegra e vitale che prese il nome di swing (dondolìo), particolarmente adatto per essere ballato. La sua facilità di ascolto e la sua leggerezza si adattavano bene al pubblico dei bianchi. Tra le big band più celebri vi furono quella del pianista Duke Ellington (1899-1974) e quella del clarinettista Benny Goodman (1909-1986), considerato il “re dello swing”.

Il dopoguerra e la diffusione del bebop

Il periodo di grande diffusione dello swing terminò con la fine della Seconda guerra mondiale. L’aver utilizzato il Jazz come musica da ballo, suonata prevalentemente da bianchi, aveva trasformato questa musica in un genere leggero e frivolo. Dunque, per riaffermare le antiche origini e rivendicare l’appartenenza del Jazz alla cultura e alla storia afroamericana, i musicisti neri iniziarono a sperimentare nuovi ritmi.

Da questa nuova fase di sperimentazione nacque il bebop, caratterizzato da un ritmo più irregolare e sonorità meno orecchiabili. Gli artisti del bebop si esibivano in piccole bands, generalmente composte da sassofono, tromba, pianoforte, contrabasso e batteria. Le sue caratteristiche rendevano più difficile l’ascolto di questo genere, che non sempre venne apprezzato dal grande pubblico.

Il bebop, eseguito soprattutto nelle grandi città come New York, segnerà gli anni ’50 e porterà al successo grandissimi musicisti come il trombettista Dizzy Gillespie (1917-1993) e il sassofonista Charlie Parker (1920-1955).

La storia del Jazz dalle prime contaminazioni ai giorni nostri

Dagli anni ’50 in poi il Jazz, che era nato come musica popolare e di facile ascolto, si fece sempre più complesso e sperimentale. Nacquero nuovi modi e nuove tendenze: il cool Jazz (Jazz freddo), che utilizza ritmi più tranquilli e lenti; il free Jazz (Jazz libero), che invece è molto più aperto alle contaminazioni con altri generi e non segue regole precise.

Fra i più grandi protagonisti di questo periodo di sperimentazione si ricordano grandissimi nomi come i trombettisti Chet Baker (1929-1988) e Miles Davis (1926-1991) o il sassofonista John Coltrane (1926-1967).

Oggi le varianti e gli stili in cui questa musica si esprime sono innumerevoli. Infatti, nel corso della sua storia il Jazz non solo ha influenzato molti generi musicali, ma è stato a sua volta influenzato da questi. La sua tipica libertà di espressione ha fatto del Jazz una vera e propria fucina di idee e di creatività. Saranno proprio queste spinte innovatrici a rendere la musica Jazz perennemente moderna e “giovane”, simbolo di riscatto e di libertà.

Rosario Carbone

Bibliografia

  • Arrigo Polillo, Jazz. La vicenda e i protagonisti della musica afro-americana, Milano, Mondadori, 2017.
  • Alyn Shipton, Nuova storia del Jazz, Torino, Einaudi, 2011.
  • Luigi Onori, Riccardo Brazzale, Maurizio Franco, La storia del jazz, Milano, Hoepli, 2020.
  • Wynton Marsalis, Come il jazz può cambiarti la vita, Milano, Feltrinelli, 2009.