Delitto e Castigo di Dostoevskij: trama e analisi dell’opera

Nella città di San Pietroburgo viene commesso un omicidio: la vecchia usuraia Alёna Ivanovna e sua sorella Lizaveta vengono brutalmente uccise nel loro appartamento. A commettere l’omicidio è stato il giovane ex studente Rodion Romanovich Raskolnikov per superare la sua “prova” autoimposta, e dimostrare di essere come Napoleone, ma di cosa si tratta? E perché lo ha fatto? Ecco un’analisi approfondita del protagonista di Delitto e castigo dello scrittore russo Fedor Dostoevskij.

Delitto e castigo, Raskolnikov
Raskolnikov incontra Marmeladov

L’autore

Fëdor Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821. È uno dei primi scrittori russi a non provenire dalla cultura nobiliare, come accade invece per Lev Tolstoj, ma proviene da una famiglia di origine ecclesiastica della Bielorussia. Il padre lavorava come medico mentre la madre proveniva da una famiglia di mercanti. Frequenta l’accademia di ingegneria militare ma, terminati gli studi, si dedica alla letteratura. La vita di Dostoevskij si può dividere in due macro-periodi: quello del pre e quello del post esilio, divisi da uno stacco di dieci anni di lavori forzati e confino. Nel 1849 viene infatti condannato a morte per aver partecipato a riunioni sovversive ma la pena verrà commutata in lavori forzati. Gli anni che trascorrerà in Siberia lo avvicineranno molto alle classi popolari e gli forniranno un contatto diretto con l’inquietudine e la sofferenza.

Inizia a scrivere Delitto e Castigo nel 1865 partendo dalle riflessioni elaborate in Memorie dal sottosuolo (1864), dove il sottosuolo rappresenta la prigione in cui l’uomo si rinchiude: la filosofia di Raskolnikov è proprio la filosofia dell’antieroe del sottosuolo. Il romanzo sarà pubblicato nel corso del 1866 sulla rivista Il messaggero russo. Dostoevskij morirà a San Pietroburgo nel 1881.

Le ragioni dietro l’omicidio (Parte Prima)

In apertura del romanzo Raskolnikov vive in uno stato di irrequietezza costante. Egli infatti già da tempo ha programmato l’omicidio della vecchia e si reca da lei per sondare il territorio ed essere pronto ad attuare il suo piano.

Ha architettato tutto ma sarà in grado di affrontare la “prova” senza ripensamenti? E filerà tutto liscio senza imprevisti? O la sua apprensione e esitazione lo tradiranno? Egli stesso si chiede:

“Sono davvero capace di fare questo?” “Se ho tanta paura adesso cosa sarà mai se un giorno dovessi effettivamente passare all’azione?” (Delitto e castigo, Parte Prima, Capitolo I)

Raskolnikov incontra la vecchia usuraia ma l’insicurezza che lo accompagna nelle “prove generali”, lo accompagnerà anche nell’effettivo delitto e sarà proprio questa la sua condanna: egli non riesce a superare la prova che si è autoimposto per dimostrare a sé stesso di essere un “uomo superiore”, un Napoleone.

Disprezza sé stesso per aver anche solo pensato che un omicidio potesse essere la soluzione ai suoi problemi, ma l’arrivo di una lettera da parte di sua madre lo convince definitivamente a passare all’azione. Nella lettera sua madre gli racconta delle molestie subite dalla figlia Dunja, sorella di Raskolnikov, come governante in casa Svidrigajlov. Dunja è tuttavia riuscita a sottrarvisi e riscattare la sua reputazione anche grazie alla proposta di matrimonio ricevuta dal signor Lužin, affabile gentiluomo che sembra tenere molto a lei.

Proprio l’idea del matrimonio della sorella infastidisce Raskolnikov, il quale sin dall’inizio prederà in antipatia il signor Lužin. Il giovane è infatti convinto che la sorella voglia sposarsi per lui e non accetta che lei possa “vendersi” per garantire un avvenire di benessere a sé stessa, alla madre, e al fratello, sapendo che lui potrebbe non esserne in grado.

La scelta della vittima: perché una vecchia usuraia? (Parte Prima)

Raskolnikov non può lasciare che la madre e la sorella si sacrifichino per lui, non può accettarlo, ma cosa fare per prevenirlo? Non ha mezzi, è solo un povero studente, cosa può fare perché non accada? Uccidere l’usuraia e sottrarle del denaro sembra l’unica via d’uscita.

D’altronde ucciderla non recherà danno a nessuno, anzi. È dannosa a molti e ad ogni modo morirà presto, Raskolnikov cerca di autoconvincersi di star compiendo una buona azione, di star eliminando una parassita della società, un pidocchio, come la definirà lui stesso, che merita la morte. Alёna Ivanovna è la vittima giusta non solo per via dell’usura, ma anche per l’insensibilità che mostra nei confronti della docile e innocente sorella Lizaveta che tratta come una serva. La vecchia ha peraltro lasciato i suoi soldi in eredità ad un convento, per redimere la sua anima dai peccati commessi da strozzina. Quante buone azioni si potrebbero compiere con i soldi della vecchia, che invece ha destinato ad un monastero! Si tratta solo di un esiguo sacrifico per un bene maggiore.

Al termine della prima parte di Delitto e castigo, Raskolnikov diventa un assassino, uccide la vecchia usuraia, sottrae del denaro, pensa di aver orchestrato tutto perfettamente ma incredibilmente sopraggiunge Lizaveta: nonostante i suoi calcoli fossero giusti e l’usuraia era sola in casa al momento dell’omicidio, il destino vuole che Lizaveta rientri prima del previsto, Raskolnikov è costretto a uccidere anche lei nonostante non l’avesse programmato. I suoi occhi che lo fissano prima che la colpisca con la stessa scure che ha ucciso la sorella gli appariranno in sonno più e più volte.

Il post assassinio: la paranoia e la malattia (Parte Seconda, Parte Terza)

Dopo il delitto Raskolnikov è perseguitato dalla paranoia, dagli incubi, è tormentato, vaga come un ubriaco, tutto sembra metterlo in agitazione e tutto gli appare un’accusa nei suoi confronti, proprio questo lo tradisce e fa nascere i primi sospetti su di lui.

È pervaso dal terrore, manifesta una sorta di misantropia, inizia a provare ribrezzo per ogni uomo che incontra, rifugge la socialità, e teme che chiunque sappia di quel che ha fatto e voglia denunciarlo. Inizia a soffrire di allucinazioni, talvolta non distingue la vita reale dal delirio.

Il giorno successivo al delitto si reca al commissariato ma nell’attesa i poliziotti discutono proprio dell’efferato omicidio dell’usuraia e della sorella, inconsapevoli che l’assassino sia a pochi metri da loro. Raskolnikov cede all’inquietudine e sviene: è proprio questo a tradirlo, e mettere in allarme il giudice istruttore Porfirij Petrovič che comincia a mettergli gli occhi addosso, a sospettare di lui, pur senza mai accusarlo fa capire a Raskolnikov di essere indiziato, peggiorando il suo stato.

“Era molto pallido, distratto e cupo in volto. A vederlo lo si sarebbe detto un uomo ferito o colpito da un violento dolore fisico: le sue sopracciglia erano contratte, le labbra serrate, gli occhi infiammati. Parlava controvoglia, come facendosi forza e adempiendo a un dovere, e dai suoi movimenti traspariva a scatti una certa inquietudine.” (Delitto e castigo, Parte Terza, Capitolo III)

Persino i suoi amici cominciano a conversare della vicenda ignari del fatto che il colpevole sia in loro compagnia. Raskolnikov diventa irascibile, con i nervi a pezzi i suoi pensieri si arrovellano veloci per cercare scuse quando viene sottoposto a una sorta di interrogatorio fittizio dai suoi amici che sospettano di lui e organizzano un incontro, in apparenza amichevole, con il giudice istruttore. Il lettore è testimone diretto di quello che accade della mente di Raskolnikov, del suo delirio e dei suoi momenti autocelebrativi quando trova la risposta perfetta alle accuse. Durante il colloquio cercano di incastrarlo ma Raskolnikov è molto attento a non cadere nelle loro trappole.

Il giudice tenta di smascherarlo facendo riferimento a delle idee di cui il giovane aveva scritto in un vecchio articolo. Nell’articolo Raskolnikov affermava che il mondo si divide in uomini “ordinari” e “straordinari”: gli uomini “ordinari” vivono nell’obbedienza e non hanno diritto di violare la legge, gli uomini “straordinari”, al contrario, hanno il diritto, ma non sono obbligati, di “permettere alla propria coscienza di scavalcare certi ostacoli nel caso in cui l’umanità lo richieda”. Sono dei distruttori e disposti a scavalcare un cadavere per realizzare la propria idea.

Il giudice sa che Raskolnikov ha creduto di essere uno degli uomini “straordinari”, legittimati a scavalcare la legge per compiere la loro impresa, e allo stesso modo Raskolnikov sa che il giudice lo ritiene colpevole, eppure non lo arresta né lo smaschera. Il piano del giudice è proprio questo: lasciarlo libero ma peggiorare la sua già precaria stabilità psicologica facendogli capire di essere braccato. Difatti le condizioni di Raskolnikov peggiorano, si ammala e diventa sempre più suscettibile.

L’incontro con Sonja e il bivio Sonja-Svidrigajlov (Parte Quarta, Parte Sesta)

L’unica presenza positiva nella vita del giovane Raskolnikov, tormentato dai sensi di colpa, è Sonja Marmeladova. Nei primi capitoli di Delitto e castigo Raskolnikov fa casualmente conoscenza del padre della giovane, Marmeladov, ex impiegato e irrimediabile ubriacone, che gli racconta delle disgrazie della sua famiglia, di come la sua primogenita, Sonja appunto, sia costretta a prostituirsi per aiutare il resto della famiglia ovvero la seconda moglie di Marmeladov e i suoi due figli. Successivamente Raskolnikov assisterà alla morte di Marmeladov, investito accidentalmente da una carrozza, e donerà i suoi ultimi soldi alla sua famiglia per l’organizzazione del funerale. In questa circostanza conoscerà Sonja.

La giovane, caratterizzata da una profonda fede e costretta a prostituirsi per mantenere la matrigna e i fratelli, inaugura una ventata di purezza e devozione nell’animo di Raskolnikov.

Svidrigajlov, al contrario, è un individuo meschino e dissoluto, è il precedente datore di lavoro della sorella di Raskolnikov, Dunja, la quale è stata anche vittima di sue molestie piuttosto insistenti. È un uxoricida e un pedofilo, un personaggio viscido per cui il lettore non può che provare ribrezzo. Tenterà di redimersi nel finale soccorrendo gli orfani del defunto Marmeladov e quando comprenderà che non riuscirà mai ad avere Dunja, si suiciderà.

Sonja da un lato e Svidrigajlov dall’altro rappresentano le due correnti da cui Raskolnikov è attratto: se la giovane incarna la bontà d’animo, l’innocenza e lo indirizza al bene, Svidrigajlov simboleggia la malvagità ed empietà.

Nel frattempo Dunja romperà il fidanzamento: si scoprirà infatti che il signor Lužin, apparentemente amabilissimo e molto cortese, è un uomo venale e vanaglorioso: vuole sposare Dunja, paradossalmente, per la sua povertà perché sa che così facendo lei gli sarà per sempre riconoscente e grata, venerandolo e sottomettendoglisi.

La confessione, cosa vuol dire essere come Napoleone? (Parte Quinta, Parte Sesta, Epilogo)

L’influenza salvifica di Sonja su Raskolnikov sarà quella che lo guiderà da lei e lo spingerà a confessarle il proprio delitto. Nonostante lo sgomento iniziale lei non lo lascerà, lo esorterà a costituirsi e lo seguirà ai lavori forzati.

“Che cosa avete fatto, che cosa avete fatto di voi stesso!” Esclamò disperata e, rialzatasi di scatto, gli si gettò al collo, lo abbracciò e lo strinse forte nelle sue braccia. “Sei strana Sonja, mi abbracci e mi baci dopo che ti ho parlato di questo.” “No, in tutto il mondo non c’è nessuno più infelice di te!”. 

Un sentimento che non provava ormai da molto tempo gli affluì al cuore e glielo raddolcì di colpo. “E così, Sonja, non mi lascerai?” disse lui guardandola con una sorta di speranza. “No, no, mai, e ti seguirò dappertutto!” (Delitto e castigo, Parte Quinta, Capitolo IV)

L’assassino e la peccatrice, come li definisce Dostoevskij, sono ormai uniti da un legame indissolubile.

Raskolnikov inizialmente le confessa di aver ucciso per bisogno di denaro, ma come gli fa notare Sonja, egli non ha neanche tenuto i soldi per sé dopo il delitto, ma li ha nascosti sotto una pietra. Le ragioni dell’assassinio non sono di natura materiale ma più filosofica: egli non ha ucciso una persona, ha ucciso un principio nel tentativo di superare la “prova” autoimposta per dimostrare di essere come gli “uomini superiori” di cui scriveva nel suo articolo, di essere come Napoleone, indifferente nel lasciare i suoi uomini a morire senza porsi alcun problema etico. La legge che domina il mondo è “il potere spetta solo a chi osa chinarsi per raccoglierlo”, domineranno sempre i più forti e si deve osare: questo è quello che ha fatto Raskolnikov, ha osato e ha ucciso. Ma non è riuscito a superare la sua “prova”, non ha scavalcato l’ostacolo, ed è rimasto al di qua.

“Non era per aiutare mia madre, sono tutte sciocchezze! Non ho ucciso per raggiungere la ricchezza e il potere. Ho semplicemente ucciso; ho ucciso per me stesso, soltanto per me. Quando ho ucciso non era tanto il denaro che volevo, avevo bisogno di sapere allora se ero un pidocchio come tutti oppure un uomo!” (Delitto e castigo, Parte Quinta, Capitolo IV)

Lui non è altro che un pidocchio: affascinato dalla figura di Napoleone credeva di poter emulare le sue imprese ma l’uomo superiore/Napoleone uccide un’intera armata e ci ride su. Egli non solo non c’è riuscito ma si sta anche struggendo a causa dei sensi di colpa. Dimostra, tuttavia, di essere ancora un uomo scegliendo di consegnarsi alla polizia, accetta il suo castigo e accetta la sua mediocrità. Sa di non essere come Napoleone e non aver compiuto alcuna impresa monumentale, ha solo ucciso un altro pidocchio come lui, un’usuraia, senza essere capace di scavalcare l’ostacolo a causa della sua vigliaccheria.

“Il suo delitto per lui consisteva unicamente nel fatto di non aver saputo reggerne il peso” (Delitto e castigo, Epilogo, Capitolo II) 

Le cinque fasi di Delitto e Castigo

Gli eroi di Dostoevskij affrontano nel corso della narrazione un percorso suddiviso in 5 fasi, che ritroviamo anche in Raskolnikov:

  1. in apertura del romanzo il protagonista si trova in uno stato di dissidio con il mondo, manca di equilibrio, difatti Raskolnikov è un ex studente di giurisprudenza che non ha la possibilità di terminare i corsi a causa della sfavorevole situazione economica;
  2. impone a sé stesso una “prova” che, se superata, risolverà tutti i suoi problemi, nel nostro caso l’assassinio della vecchia usuraia;
  3. affronta la “prova” ma questa non risolve nulla, anzi peggiora la sua situazione e lo fa sprofondare in una crisi, Raskolnikov vive continui sbalzi d’umore ed è accompagnato da uno stato costante di sospetto e paura;
  4. una figura caratterizzata da empatia e sacrificio tende una mano all’eroe, in questo caso si tratta di Sonja;
  5. il protagonista sceglie se incamminarsi in un percorso di redenzione o il male, Raskolnikov, grazie all’influsso benefico di Sonja, sceglie di confessare e, conseguentemente il castigo dei lavori forzati.

Una volta in prigione Raskolnikov scopre l’amore per Sonja, che lo seguirà in Siberia, e la religione, verso cui Sonja già da tempo lo aveva indirizzato e consigliato di aggrapparvisi come sostegno, tramite la lettura del Vangelo.

Sitografia su Delitto e Castigo

Federica Donatiello