Kierkegaard e aut aut, la scelta esistenziale

Kierkegaard è un filosofo del 1800 che riflette intorno la libertà dell’agire umano e l’etica. In questo articolo illustriamo in modo sintetico la vita e il pensiero, e ci concentriamo sulle tematiche per le quali il filosofo oggi è famoso.

La vita di Kierkegaard

Kierkegaard
Kierkegaard rappresentato dal pittore Luplau Janssen. Fonte: Wikipedia.org

Søren Aabye Kierkegaard, nato a Copenaghen il 1813, è l’ultimo di sette fratelli. Ma di questi, cinque muoiono prima dei suoi vent’anni. In effetti, questa circostanza condiziona la sua vita, oltre che il suo pensiero filosofico. Infatti, dai suoi diari sappiamo che il pensatore danese crede in una maledizione ereditata dal padre e voluta da Dio che ha colpito lui e la sua famiglia. Ma non è chiaro se Kierkegaard intende per maledizione una malattia fisica, mentale, un peccato morale o altro. Comunque, alimenta questo sentimento la rigida educazione familiare di stampo pietista, che accentua il suo senso di colpa. Tuttavia, il filosofo affianca alla sua malinconia anche una forte ironia che traspare in alcuni suoi scritti sia pubblici sia privati.

Kierkegaard trascorre quasi tutta la sua vita a Copenaghen. Infatti, dopo la scuola, accede alla facoltà di teologia della città per diventare pastore luterano. Poi, si fidanza con Regine Olsen nel 1840, conosciuta presso circoli di amici. Eppure, dopo circa un anno, lo stesso Kierkegaard rompe il fidanzamento. Ma i motivi che spingono a questa scelta restano tuttora poco chiari. Infatti, sembra che Kierkegaard e Olsen continuino a volersi bene fino alla loro morte. Dunque, qualcuno ipotizza un legame con la sua “maledizione” e il tentativo di esclusione di Regine da essa. Comunque, questo problematico rapporto condiziona il pensiero del danese come non avviene per nessun altro filosofo conosciuto, con l’eccezione di Abelardo nei confronti di Eloisa.

Tra i pochi viaggi da lui compiuti segnaliamo quello in Germania nel 1841 per ascoltare le lezioni di Schelling. Kierkegaard muore nel 1855 all’età di 42 anni a seguito di una caduta.

Kierkegaard ed esistenzialismo

Cos’è l’esistenzialismo? Il filosofo Gabriel Marcel conia questo termine nel 1940 e poco dopo Jean-Paul Sartre lo usa come definizione della sua filosofia. In seguito, la parola, che indica una corrente filosofica, abbraccia anche filosofi antecedenti. Il filo rosso che lega tutti loro è, in linea generale, l’esistenza come oggetto primo della propria indagine e ricerca.

Dunque, spesso Kierkegaard rientra nella lista dei filosofi esistenzialisti ed è anche ricordato come il fondatore di questo pensiero. Però, come abbiamo visto, il termine è in uso cento anni dopo la sua morte. Inoltre, filosofi come Socrate e Agostino sono spesso considerati come precursori. Quindi, secondo queste interpretazioni, il pensatore danese non è nemmeno il primo anticipatore di questa corrente filosofica.

In sintesi, molti considerano Kierkegaard il fondatore per la grande attenzione che dedica al singolo e a tematiche proprie dell’esistenzialismo, come la possibilità, la scelta e l’alternativa. Ma per altri filosofi questa identificazione è un errore. Ad esempio, Cacciari afferma che l’interpretazione che vede l’angoscia provata dal singolo descritta da Kierkegaard come un momento dell’esistenza appiattisce il pensiero del danese in quello hegeliano. Invece, spiega Cacciari, l’angoscia è per Kierkegaard un sentimento, per questo non va interpretata come “un momento dell’antitesi hegeliana” che si dissolve in una sintesi successiva. Insomma, il legame tra Kierkegaard ed esistenzialismo è un dibattito aperto.

L’angoscia e il cristianesimo

Un tema principale della riflessione kierkegaardiana è l’angoscia. Cioè, per il filosofo essa è un sentimento che ogni uomo prova in relazione col mondo. Infatti, ciò che domina l’esistenza umana è la possibilità. Dunque, la vita è una perpetua scelta e il pensiero di tutte le possibilità scartate per la realizzazione di una sola è ciò che provoca l’angoscia. Inoltre, l’angoscia scaturisce anche dall’incertezza e dall’imperscrutabilità della situazione che vivremo una volta imboccata una delle tante strade possibili. Perciò, per Kierkegaard la scelta intesa come libertà è un inganno della mente umana. Cioè, l’uomo pensa che ha possibilità di scelta in quanto soggetto razionale. Ma la verità è che egli proietta sempre se stesso nel momento successivo alla decisione e questo non lo rende davvero libero.

L’educazione religiosa della sua gioventù lo spinge al confronto col cristianesimo. In effetti, uno dei nodi principali del pensiero cristiano è proprio la scelta. Cioè, Dio dona all’uomo il libero arbitrio, la possibilità di scegliere tra il bene e il male, e ciò lo differenzia dagli animali. Dunque, sembra che Kierkegaard contrapponga il suo pensiero alla religione. Invece, come egli spiega, è proprio nel pensiero cristiano che troviamo la conferma della sua lettura del mondo. Infatti, indica Adamo, il primo uomo, come colui che per primo prova il sentimento dell’angoscia quando sceglie di mangiare il frutto dell’albero proibito. Così, dopo la sua trasgressione, Dio gli dice che come punizione deve affrontare la morte, e questo gli provoca angoscia. Difatti, ogni uomo non sa cosa lo aspetta dopo la morte.

Quindi, ancora una volta l’angoscia di Adamo, che è quella di ogni essere umano, deriva dall’ignoranza sulla circostanza futura e derivante da una scelta compiuta.

Don Giovanni e il diario del seduttore

Kierkegaard
Don Giovanni, dipinto di Max Slevogt. Fonte immagine: Wikipedia.org

Nel 1843 Kierkegaard compone Diario del seduttore, un testo in forma di romanzo epistolare e diaristico firmato “Johannes”. Lo scritto trae ispirazione dal Don Giovanni di Mozart. Infatti, in questa opera lirica troviamo un personaggio, Don Giovanni appunto, che diviene un’icona nel pensiero kierkegaardiano. D’altronde, sottolineiamo come il titolo del testo è “Diario del seduttore”, e non di un seduttore. Cioè, parliamo di un personaggio iconico.

In sintesi, Don Giovanni è un giovane cavaliere che trascorre la sua esistenza nella pratica della seduzione delle donne. Quindi, il testo di Kierkegaard è la lettura della mente di questo seduttore, le tecniche da lui utilizzate e la sua ricerca perenne del piacere.

«Il mondo è uno spettacolo, per lui. Guarda, fantastica, […], sempre in cerca di un’occasione, anche minima, di godimento estetico. Le donne che si accorgono di esserne preda rimangono turbate: perché nulla è successo, eppure tutto è successo. Un’occhiata, un saluto, poche parole: la maggior parte
delle volte niente di più. Ma una misteriosa inquietudine, un formidabile miscuglio di illusione, dubbio e coscienza le agita. […] La loro anima se n’è andata, per un istante, per un’ora.» cit. Allessandro Quattrone.

Il seduttore è colui che rincorre senza tregua il piacere sensuale. Infatti, il suo obiettivo non è l’atto sessuale, in quanto non ha mete lontane da raggiungere, dato che vive sempre nell’attimo. Dunque, il suo tempo, che è sempre presente, è tale fin quando vi è un piacere da rincorrere. Perciò, l’assenza di questa rincorsa diviene motivo di disperazione. Quindi, tutte le relazioni del seduttore hanno come presupposto l’infedeltà, in quanto vi è sempre un ulteriore oggetto del desiderio su cui proietta la sua attenzione.

L’aut aut di Kierkegaard

Diario del seduttore ha riscosso successo come scritto a se stante. Invece, Kierkegaard scrive questo testo come parte di un’opera più ampia che intitola Enten-Eller, più famosa come Aut-aut. Infatti, obiettivo del filosofo è trattare di due modelli di vita: il seduttore e il modello etico. Quindi, dopo i “carteggi del seduttore” e altre sezioni dedicate al tema, ci sono due lunghe lettere in cui un altro personaggio, che incarna il modello etico, riflette intorno temi quali il matrimonio e la morale. In effetti, già il diverso stile delle due sezioni rispecchia i differenti contenuti trattati.

Il titolo Aut-aut, che significa “o-o”, riprende il principio di non contraddizione aristotelico. In sintesi, è un ulteriore richiamo alla scelta che domina la vita umana e che in questo caso rappresenta i due alternativi modelli di vita. In questi due, certa interpretazione vede un modello negativo, il seduttore, e uno positivo, quello etico. Ma Kierkegaard nel testo non afferma questo punto di vista, anche perché i vari scritti presentano diversi pseudonimi e il filosofo li esibisce come testi scritti o raccolti da altre persone. Perciò, un’interpretazione diversa è che non c’è una opposizione morale tra i due stili di vita illustrati e che la loro presentazione è solo descrittiva.

Comunque, la dicotomia tra i due modelli è evidente in quest’opera. Infatti, a differenza del seduttore, il modello etico vive in un tempo dominato dalla lungimiranza. Questo gli permette di evitare la disperazione che caratterizza la condizione del seduttore quando non trova appagamento nell’istante in cui vive.

L’etica in Kierkegaard

Altro famoso testo di Kierkegaard è Timore e Tremore. In esso egli torna sui temi etici e affronta la figura biblica di Abramo. Infatti, l’ubbidienza di Abramo nel sacrificio di suo figlio Isacco desta normale scalpore anche tra i credenti. Dunque, per una corretta riflessione sulla vita etica, bisogna comprendere perché questo personaggio agisca così. Cioè, Abramo è un buono o un assassino?

«Ci furono uomini grandi per la loro energia, per la saggezza, la speranza o l’amore. Ma Abramo fu il piú grande di tutti […] per l’energia la cui forza è debolezza, la saggezza il cui segreto è follia, la speranza la cui forma è demenza, l’amore ch’è odio di se stesso.»

Kierkegaard
Il sacrificio di Isacco, quadro di Caravaggio. Fonte immagine: Wikipedia.org

Innanzitutto, Kierkegaard afferma che comprendiamo la figura di Abramo se ci muoviamo non con la sola ragione ma con la fede. Infatti, un “Abramo che ragiona” non sceglie il sacrificio di suo figlio. Invece, domina la sua azione proprio la cieca fiducia nella volontà di Dio. Insomma, ogni eroe agisce nella sfera morale e per l’ottenimento di uno scopo. Al contrario, Abramo va oltre la morale e abbraccia senza mai lamentarsi la speranza che ripone nella divinità. Cioè, egli è una singolarità che annienta se stessa, annichilita nell’immensa generalità di Dio. Ma la fede consiste proprio in questo annichilimento.

Perciò Abramo non rivela le sue intenzioni alla famiglia. Difatti, questo punto può sembrare contraddittorio con ciò che Kierkegaard afferma in Aut-aut, in cui il padre di famiglia è modello di vita etica. Ma Abramo sfonda l’etica. Cioè, dice il filosofo, il singolo è in un rapporto assoluto con l’Assoluto, e allora non può esprimere questo rapporto con le parole se non tradendolo. Al contrario, se questo rapporto non vi è, Abramo non può esistere.

Luigi D’Anto’

Bibliografia

S. Kierkegaard, Aut Aut, R. Cantoni, K. Guldbrandsen, Mondadori, 2016.

S. Kierkegaard, Diario del seduttore, Giunti Demetra, 2010.

Sitografia

Video in cui Massimo Cacciari spiega il concetto di “ora” in Kierkegaard, esaminando le differenze col pensiero hegeliano, durante il Festival delle Religioni 2019.

Ciclo seminariale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli dedicato alle figure di Don Giovanni e di Faust sul canale youtube dell’Istituto.