Il periodo Meiji e la modernizzazione del Giappone

Il periodo, o era, Meiji è il periodo di tempo che va dal 1868 al 1912 durante il quale regnò l’imperatore Mutsuhito. Meiji in giapponese significa “governo illuminato” ed infatti, durante il periodo Meiji avvenne la modernizzazione del Giappone, che passò da uno stato di struttura feudale a una nuova potenza mondiale.

La struttura feudale giapponese

All’inizio dell’Ottocento il Giappone aveva ancora un’organizzazione sociale e politica di stampo feudale, organizzata in quattro classi. Al vertice della gerarchia sociale vi era la classe guerriera formata dai dajmyo, i samurai dallo shogun. I dajmyo erano i grandi proprietari terrieri, al loro servizio c’era il corpo militare dei samurai ed erano guidati da un capo militare, lo shogun.

Era lo shogun che aveva il governo effettivo del paese e risiedeva a Edo, l’odierna Tokio. Il dominio diretto dello shogun si estendeva sulle zone di Tokyo, Osaka e Kyoto, mentre per il resto del paese il territorio era governato dai dajmyo.

Questa era la formazione della classe guerriera, la più importante nella gerarchia sociale. Seguivano poi i contadini, strettamente legati ai loro villaggi di origine, tantoché avevano bisogno di un permesso per spostarsi in città. Seguiva poi la classe degli artigiani e commercianti, detta chōnin. Anche se su un gradino così basso della scala gerarchica, ben presto questa classe divenne la più benestante, è paragonabile alla borghesia occidentale.

Infine c’erano i fuoricasta, coloro che svolgevano le mansioni ritenute più umili o impure dalla religione, detti burakumin. Costoro erano i conciatori, i becchini, i macellai, gli spazzini, le prostitute e tutti i mestieri che avevano a che fare con l’ “impurità”.

L’imperatore (tenno o mikado) teoricamente era a capo del paese, ma in pratica aveva una funzione solo rappresentativa. Aveva un ruolo di guida spirituale e religiosa ma la sua autorità politica era puramente simbolica. Il governo era nelle mani degli shogun.

Quando ci fu l’apertura all’occodente?

Da duecento anni (dal XVII al XIX secolo) la famiglia dei Tokugawa aveva detenuto il potere a capo dello shogunato. Durante questo periodo il Giappone aveva vissuto un forte isolamento, riducendo al minimo i contatti con gli altri Paesi.

Dalla metà del XIX secolo commercianti e intellettuali iniziarono a protestare, chiedendo una maggiore apertura agli scambi culturali e commerciali con l’estero. In particolare, gli Stati Uniti si dimostrarono interessati all’area giapponese, infatti miravano a fare del Giappone la base di partenza per la loro penetrazione nel continente asiatico.

Nel 1853 il commodoro Matthew Perry, nella rada di Urga, negoziò l’apertura dei porti e la stesura di trattati commerciali sfruttando la superiorità militare statunitense. Lo shogunato stava attraversando un momento di crisi e la decisione venne lasciata all’imperatore. Il Giappone firmò così il primo trattato che apriva i porti ad una potenza straniera, la convenzione di Kanagawa nel 1854. L’anno successivo anche la Russia stipulò un accordo simile con il Giappone, il trattato di Shimoda. In breve tempo si accodarono anche Olanda, Inghilterra e Francia. Così come era già accaduto con il caso della Cina, si trattava di “trattati ineguali”, che concedevano numerosi privilegi alle potenze straniere a discapito dell’economia interna, a differenza della Cina però il Giappone reagì vedendo questa come un’occasione di rinnovamento e trasformazione, cosa che si concretizzò durante il periodo Meiji.

Come ebbe inizio il periodo Meiji?

La firma dei patti ineguali suscitò una forte reazione di protesta nazionalista, in particolar modo da parte dei samurai, che iniziarono un lungo scontro con il governo che aveva acconsentito a quesiti patti. I samurai più agguerriti e leader della ribellione erano quelli dei grandi clan di Satsuma, Chōshū, Tosa e Hizen.

L’impero giapponese importava materie prime di cui era privo, macchinari e semilavorati, mentre esportava manufatti a basso livello tecnologico e materie prime. Un’economia così debole non fece altro che alimentare il malcontento nei confronti del governo degli shogun, l’imperatore ne approfittò per accrescere la propria autonomia e aumentare i poteri nelle sue mani.

Nel 1866 lo shogun morì, il suo successore, Tokugawa Yoshinobu, fu in carica per pochi mesi, infatti di fronte alle pressioni, sia militari che politiche dei samurai in rivolta decise di abdicare. Nello stesso anno morì anche l’imperatore, a cui successe il figlio Mutsuhito.

periodo meiji

Nel gennaio 1868 a Kyoto, con un colpo di Stato fu destituito lo shogun e proclamata la restaurazione del potere imperiale.  Aveva inizio il periodo Meiji.

Yoshinobu si oppose e scoppiò una guerra civile che durò per tre anni, nel 1889 egli si arrese alle forze imperiali.

Quali furono le innovazioni del periodo Meiji?

Rientrato a Tokyo, Mutsuhito inaugurò un’era riformista nota come “periodo Meiji”, che vuol dire appunto “governo illuminato”, caratterizzato da una forte spinta modernizzatrice e riformatrice, pur rimanendo un governo di tipo autoritario.

Il provvedimento più importante che il nuovo imperatore prese nel primo periodo di regno fu l’abolizione de sistema feudale e dare limitati privilegi alla classe dei samurai, che si era ribellata al governo precedente. Nel giro di pochi anni, dal 1868 al 1871, ci fu una soppressione graduale dei feudi, il che significò un accentramento del potere nelle mani dell’imperatore. Sempre dal governo centrale, e non più dai signori feudali, dipendevano ora i samurai, che andarono a ricoprire incarichi amministrativi, diventando dei funzionari statali o dei dirigenti d’azienda.

Durante il periodo Meiji ci fu una forte spinta all’industrializzazione. Furono stanziati incentivi per investire capitali nelle industrie, si potenziarono le infrastrutture del Giappone. Si importarono macchinari e conoscenza specialistiche dall’Occidente, ed in generale si promosse una diffusione della cultura tecnico-scientifica per raggiungere il livello occidentale. Grazie a questo tipo di interventi l’economia giapponese si risollevò tanto da diventare, a fine Ottocento, una delle grandi potenze mondiali.

Quali furono altri provvedimenti riformatori?

Altri provvedimenti in senso riformista furono la creazione di una struttura scolastica aperta a tuttie e l’abolizione del sistema dei ceti ereditari (permettendo così una maggiore mobilità sociale). Fu sancito il diritto alla proprietà e alla vendita dei terreni e fu istituita anche un’imposta fondiaria calcolata in base alla rendita catastale, si presero provvedimenti per unificare il sistema monetario.

Durante il periodo Meiji fu costruita la prima ferrovia, tra il 1872 e il 1890, che copriva 2.250 m2 di superficie. Nel 1880 tutte le maggiori città erano dotati di un sistema telegrafico.

Nel 1871 si formò l’esercito nazionale e ci fu una riforma generale delle forze armate anche grazie all’introduzione della leva obbligatoria.

Dal punto di vista culturale assieme ai contatti per ragioni economiche e tecniche, ci fu più in generale un’apertura all’Occidente favorendo usi e costumi, mode e stili architettonici occidentali.  Dopo un primo momento in cui si inseguivano i dettami occidentali ci fu una rivalutazione dello stile di vita e dei valori giapponesi. Ciò è particolarmente evidente nello sviluppo del sistema scolastico. Dapprima tutto improntato sui modelli occidentali sul finire del secolo, sempre attraverso metodi occidentali, s’impostò un insegnamento che valorizzava il concetto di lealtà dei samurai e di armonia sociale.

La costituzione giapponese

Un primo documento che dettava il nuovo assetto istituzionale fu il “Giuramento della Carta” o “Giuramento dei Cinque Articoli”, emanato nel 1868, al tempo della cacciata degli shogun e della presa del potere di Mutsuhito. Nel documento si esprimeva il nuovo indirizzo riformista del Giappone, si rinominava la capitale Tokyo e si stabilivano i poteri de governo centrale, ma essenzialmente si trattava ancora di un sistema oligarchico. Ciò provocò malcontenti tra i gruppi politici, l’imperatore Mutsuhito promise una costituzione entro il 1890. Nel 1881 iniziarono i lavori costituzionali.

La costituzione giapponese fu promulgata nel 1889 e s’ispirava alle moderne costituzioni europee. In particolar modo basata sul modello dell’imperialismo tedesco, la costituzione giapponese fu concepita da Itō Hirobumi. La costituzione prevedeva il bicameralismo con una camera bassa eletta e una camera alta e il primo ministro nominati dall’imperatore. Le due camere insieme formavano la Dieta. L’imperatore era a capo delle forze armate, cioè esercito e marina. Il suffragio non era però universale, ma solo il 5% circa della popolazione aveva diritto di voto.

La nuova costituzione favoriva un governo rappresentativo, ma al contempo appoggiava una gestione burocratica del potere in nome dell’imperatore. Questa impostazione enfatizzava l’equilibrio che si era creato tra l’imperatore e l’oligarchia, il che rispondeva bene agli obiettivi di crescita economica e territoriali del Giappone.

L’espansione del Giappone durante il periodo Meiji

Grazie all’impulso dato dallo Stato erano nate industrie tessili, cantieri navali, di materiali edili, di munizioni. Inizialmente come imprese pubbliche e poi privatizzate a partire dal 1880, eccetto quelle militari. Durante il periodo Meiji si affermarono in Giappone i primi elementi del capitalismo. Altre figure che ebbero un ruolo importante furono le zaibatsu, cioè forti gruppi finanziari, che grazie anche al loro legame con la politica investirono nello sviluppo industriale.

Il rapido sviluppo industriale si scontrò con alcune gravi difficoltà, come la mancanza di materie prime e la ristrettezza del mercato interno. Inoltre, i gruppi dirigenti premevano per attuare una politica estera più aggressiva. Essi aspiravano ad un contatto più diretto con i mercati asiatici, in particolare miravano a sostituire l’influenza cinese sulla Corea. Per tutte queste ragioni il periodo Meiji si caratterizza per una politica estera di stampo imperialista.

Tra il 1894 e il 1895 il Giappone condusse una guerra vittoriosa contro la Cina, ottenendo dalla vittoria l’isola di Taiwan, le isole Pescadores, la penisola di Liaodong e un’indennità di guerra, anche se la Francia, la Russia e la Germania imposero la restituzione di parte di questi territori.

I successi militari diedero nuovo impulso al settore industriale, in particolar modo il settore bellico: officine siderurgiche, incremento dell’estrazione di carbone e della ghisa, produzione di acciaio.

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Il conflitto russo-giapponese

Nel 1904-1905 ci fu un altro scontro importante, quello fra il Giappone e la Russia per il controllo sulla Corea e sulla regione della Manciuria. Anche in questo caso il Giappone uscì vittorioso e ottenne il controllo della Corea, che annetté ufficialmente nel 1910, e un’importante influenza sulla Manciuria. La sconfitta della Russia ebbe molta risonanza in Europa, perché il suo significato andava al di là della dimensione militare: era la prima volta che una potenza occidentale veniva sconfitta da uno stato orientale. Nel conflitto russo-giapponese fecero anche la loro prima comparsa alcune innovazioni di grande impatto e che si ritroveranno poi nella Prima Guerra Mondiale, questo conflitto segna infatti, l’ingresso nel XX secolo per le tecnologie di guerra  ma anche per aspetti psicologici come i traumi di guerra. Mentre la Russia mostrava i primi segni di debolezza, il Giappone entrava tra le grandi potenze mondiali.

La morte dell’imperatore Mutsuhito nel 1912 segnò la fine del periodo Meiji, ma non la perdita dello status di grane potenza conquistato dal Giappone.

Miriam Campopiano

Bibliografia e sitografia