Ambiente terrestre

Petrolio: come si forma e per cosa si utilizza

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Definizione

Il petrolio (dal lat. petra, “roccia” ed oleum, “olio”), talvolta chiamato semplicemente “olio”, fa parte degli idrocarburi, sostanze costituite da carbonio (C) e idrogeno (H), principalmente di origine fossile e largamente utilizzati come combustibili.

Nella fattispecie, gli idrocarburi possono essere:

  • Solidi come i costituenti dell’asfalto, bitume ecc.;
  • Liquidi come il petrolio;
  • Gassosi come metano, etano, propano, butano ecc.
Idrocarburi solidi (bitume), liquidi (petrolio) e gassosi (metano)

Il petrolio nasce quindi a partire dalla degradazione di materia organica contenuta nei sedimenti e che ovviamente può essere di diversa natura, a seconda degli ambienti.

Formazione del petrolio

Durante la fase di formazione (diagenesi), materiali come lignina, carboidrati, proteine e lipidi subiscono processi di degradazione microbica, polimerizzazione e condensazione, creando macromolecole complesse e dotate di una lunga struttura chimica: il kerogene.

Esistono 4 tipi di kerogene, ciascuno dei quali può dare origine a diversi tipi di petrolio, con diversi potenziali. Di seguito i vari tipi:

  • I: alghe di acqua dolce e resine di piante terrestri.
  • II: pollini, spore, cuticole, resine e lipidi di piante terrestre.
  • II-S: simile al tipo II, ma con un alto tenore di zolfo.
  • III: legno e cellulosa di piante terrestri.
  • IV: carbone, materiale altamente ossidati o rimaneggiati.

Il petroleum system

Per petroleum system s’intende l’insieme di tutti gli elementi (rocce) ed eventi e/o processi geologici che sono necessari affinché si generi un accumulo di petrolio. Vediamoli insieme:

Source rock – Roccia madre

Si definisce in questo modo una roccia in cui c’è accumulo di materia organica e che poi subirà processi tali che ne permetterà la trasformazione in petrolio. Affinché questo tipo di roccia possa essere considerata come effettivamente di buona qualità, deve possedere una serie di caratteristiche: deve essere innanzitutto sedimentaria, a grana fine, argillosa e/o carbonatica. Questo perché una granulometria fine non permette il passaggio di ossigeno (O) né di acqua, elementi che potrebbero portare alla degradazione della materia organica. Quindi in sostanza sono idonei gli ambienti riducenti, ovvero privi di O.

La “buona qualità” di questa roccia viene misurata attraverso il TOC (acronimo che sta per total organic carbon), ovvero la quantità di C presente. A parità di contenuto in C, sarà migliore la roccia madre che contiene una quantità di H maggiore.

Esempio di source rock : roccia a grana fine, stratificata (credit: google immagini)

Reservoir – Roccia serbatoio

Permette l’accumulo dell’idrocarburo. Affinché una roccia possa prestarsi bene a questo ruolo, è necessario che abbia una buona porosità ed una buona permeabilità. La porosità indica sì la quantità di pori, ma anche di fratture presenti all’interno della roccia. La permeabilità indica invece il grado di interconnessione tra i pori. Una roccia molto porosa, ma con pori poco collegati tra loro, non è un buon reservoir. Tipici esempi di rocce serbatoio, sono le rocce carbonatiche.

Overburden rock – Carico litostatico

Sostanzialmente questo elemento permette la “maturazione” della roccia madre, che arriva a condizioni di pressione e temperatura tali da consentire la trasformazione della materia organica in kerogene prima e idrocarburi poi.

Seal – Copertura

È un elemento essenziale per il petroleum system: si tratta di una roccia che non deve far passare i fluidi; è dunque un po’ il contrario del reservoir. Se quest’ultimo deve essere poroso e permeabile, il seal deve essere relativamente impermeabile. È importante tenere a mente che non esiste un materiale impermeabile in assoluto, ma si può parlare di impermeabile relativamente ad una certa soglia.

Trap – Trappola

Elemento essenziale che, come dice il nome stesso, permette l’intrappolamento del petrolio. Può essere di vario tipo: stratigrafica (es. rocce impermeabili vicine a rocce permeabili ecc.), strutturale (pieghe e/o faglie), duomo salino.

Tipico esempio di trappola strutturale per piega (Credit: Google immagini)

Come nasce il petrolio?

Il processo che porta alla formazione del petrolio prende il nome di maturazione termica.

La “roccia madre”, che contente kerogene, viene sottoposta a condizioni di pressione e temperatura sempre più alte dovute all’aumento della profondità. Quindi è interessata dalla degradazione della materia organica ad opera dei batteri anaerobi (che non hanno bisogno di O2 per vivere) e infine dal cracking, processo chimico che comporta la rottura delle molecole trasformando il kerogene in petrolio.

Tuttavia il processo non è ancora completo. Una volta generato, il petrolio migra verso l’alto attraverso rocce porose e permeabili, grazie alla sua bassa densità, fino ad accumularsi al di sotto della trappola di cui si è parlato poc’anzi. Per poterlo estrarre dunque, si realizzano dei pozzi petroliferi che andranno a “bucare” letteralmente la trappola per favorire l’estrazione dell’olio.

Gli utilizzi del petrolio

(Credit: Google Immagini)

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il petrolio veniva utilizzato anche in passato, anche se in modo totalmente diverso rispetto ad oggi.

Risalgono infatti al IV millennio a.C delle statuette i cui occhi erano costituiti da materiali attaccati alla superficie mediante del bitume. Più tardi, nel mondo greco-romano, il petrolio veniva utilizzato principalmente per alimentare le lampade e favorire quindi l’illuminazione. Nel mondo arabo e persiano, veniva invece utilizzato per scopi militari; mentre presso gli aztechi il petrolio veniva utilizzato per dipingere, realizzare gomme da masticare o per l’impermeabilizzazione delle condotte d’acqua.

È da precisare però che gli antichi non sapevano come poter estrarre questo materiale, né tanto meno avevano i mezzi tecnologici di cui ci avvaliamo adesso. Quindi come “estraevano” il petrolio? Semplicemente non lo estraevano, ma lo raccoglievano laddove affiorava in superficie. Esistono infatti particolari contesi geologici in cui il petrolio riesce ad affiorare in superficie.

Raffineria Jamnagar, la più grande al mondo con 1,24 milioni bb/gg (Gujarat, India) (Credit: Google Immagini)

E oggi? Tra i derivati di questo combustibile fossile abbiamo tantissimi prodotti che utilizziamo quotidianamente: dal gasolio all’asfalto, bitume, paraffina, plastiche, cherosene e tanto altro.

Prendiamo ad esempio le materie plastiche. In realtà la loro realizzazione è frutto di un elaborato processo che parte dal petrolio greggio. Quest’ultimo viene trattato in una raffineria affinché si separi in frazioni, ovvero in componenti più “semplici”, ciascuna delle quali costituita da catene di idrocarburi diverse in quanto a peso molecolare.

A seconda poi del tipo di materiale e delle proprietà che si vogliono ottenere, si aggiungono speciali additivi a questi composti, per ottenere così tutta quella serie di prodotti che utilizziamo quotidianamente.

Maria Modafferi

Bibliografia e Webgrafia

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Maria Modafferi

Classe '95. Laureata magistrale in Geologia nel 2019. Dottoranda in Paleontologia presso l'Università Federico II di Napoli. Appassionata di arte, musica, natura.

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