ACE inibitori/Sartani e Covid-19: problema o risorsa?

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ACE-inibitori

Una questione ha sollevato dubbi all’interno della comunità scientifica: la possibilità che i pazienti in terapia con farmaci ACE-inibitori/Sartani possano essere maggiormente esposti al contagio e ad una più severa evoluzione di Covid-19. Sebbene alla base vi sia un razionale plausibile, al momento non vi è evidenza alcuna che sostenga tale ipotesi. Proviamo, dunque, a capire perché.

Ace-inibitori e sartani sono farmaci anti-ipertensivi che agiscono sul SRAA (Sistema renina-angiotensina-aldosterone), cascata di peptidi implicata in particolare nella regolazione dell’omeostasi pressoria ed elettrolitica. Questa funzione, fisiologicamente essenziale, è talvolta esasperata in determinate condizioni patologiche tanto da rendere la sua inibizione terapeuticamente vantaggiosa. Ad oggi l’impiego di Ace-inibitori e sartani è piuttosto diffuso: essi rientrano nei trattamenti di prima linea di patologie ad elevata prevalenza come l’ipertensione e lo scompenso cardiaco.

ATTENZIONE: la letteratura scientifica su COVID-19 è in continua evoluzione, perciò l’articolo potrebbe non essere aggiornato.

Potenziale Interazione con SARS-CoV-2

Tutto nasce da un fatto dimostrato: il Sars-CoV-2 interagisce con l’ACE2 (angiotensin-converting enzyme 2), enzima che fisiologicamente controbilancia l’attivazione del SRAA. L’ACE2 è espresso sulla superficie di diverse membrane cellulari del nostro organismo; tra queste, le cellule alveolari dell’epitelio respiratorio. ACE-2, la cui funzione a livello alveolare rimane ignota, costituisce il recettore con il quale Sars-CoV-2 interagisce prima di penetrare nella cellula alveolare, attraverso la proteina di superficie S (spike).

Ace-inibitori
Interazione tra Sars-Cov-2 e SRAA. Il ruolo dell’ACE nell’aggancio del virus (a sinistra) ed il ruolo fisiologico di ACE2 all’interno del Sistema renina-angiotensina-aldosterone (a destra). Immagine tratta da: https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMsr2005760?query=featured_home

Il problema sorge dalla considerazione che la terapia con ACE-inibitori/Sartani possa alterare l’espressione di ACE-2, aumentandone potenzialmente l’espressione a livello alveolare. La domanda è: i livelli di ACE-2 sono realmente aumentati dalla terapia con ACE-inibitori/Sartani? E se sì, quali sono le implicazioni nel Covid-19 ?

Lo studio

A tale domanda ha cercato di fornire risposta un articolo pubblicato il 30 marzo 2020 sul Nejm (New England Journal of Medicine) dal dipartimento di medicina Cardiovascolare della Harvard Medical School di Boston, in collaborazione con altre università non solo statunitensi.

Tale lavoro sottolinea come studi condotti su modelli animali mostrino risultati discordanti. Alcuni evidenziano che la somministrazione di tali farmaci aumenta l’espressione di ACE2, mentre altri non dimostrano alcuna interazione.

Anche studi condotti sull’uomo hanno mostrato risultati variabili: uno studio ha dimostrato come la somministrazione in acuto di ACE-inibitori o Sartani  in pazienti con cardiopatia ischemica non influenzI i livelli di espressione di ACE2. 

Similmente in uno studio condotto su pazienti ipertesi, i livelli di angiotensina 1-7 (peptide derivante dall’azione di ACE2) non risultano alterati dopo la somministrazione di captopril in acuto, ma dopo un trattamento di 6 mesi risultano incrementati. 

Uno studio longitudinale condotto su una coorte di pazienti giapponesi ipertesi ha evidenziato un aumentato livello sierico di ACE2 in soggetti in trattamento cronico con Olmesartan, ma lo stesso risultato non si è reso evidente con l’utilizzo delle altre molecole facenti parte della classe di farmaci in questione. 

Le criticità degli studi

È necessario notare che questi studi hanno valutato l’espressione sierica di ACE2, ma al momento non sono disponibili studi condotti su modelli animali o sull’uomo che valutino l’espressione di ACE2 a livello polmonare. È a questo livello che l’enzima esercita la funzione di recettore virale ed è da qui che dovrebbe prendere il via qualsiasi tipo di speculazione.

Tuttavia, se anche fosse valida l’ipotesi di una aumentata espressione di ACE2 a livello alveolare in relazione alla terapia, non vi sono al momento dati clinici che indichino che questo possa favorire l’ingresso di SARS-CoV-2 all’interno delle cellule alveolari. Servono studi clinici che meglio definiscano in maniera rigorosa l’interazione tra il SRAA ed il SARS-CoV-2.

ACE-inibitori/Sartani: potenziale arma nella battaglia al Covid-19?

Lo stesso articolo apre poi ad una nuova prospettiva, cioè ad un possibile ruolo terapeutico degli ACE-inibitori e dei Sartani nella battaglia al COVID-19. 

Da studi in vitro, infatti, si è notato che il virus utilizza ACE2 come recettore per penetrare la cellula alveolare, ma poi ne riduce l’espressione. In tal modo ne indebolirebbe il ruolo protettivo, che si estrinseca nella degradazione dell’angiotensina-II. È stato infatti ipotizzato, ma non provato, che l’angiotensina-2 possa essere, almeno in parte, responsabile del danno d’organo virus-mediato.

In alcuni modelli animali, infatti, il danno polmonare indotto da SARS-CoV-1 è limitato dall’inibizione del SRAA. Ancora, in uno studio su pazienti Covid-19 sono stati rilevati elevati livelli di Angiotensina-II, correlati con la carica virale totale ed il grado di danno polmonare. Potrebbe avere dunque un razionale la terapia con ACE-inibitori/Sartani nella prevenzione del danno d’organo massivo, ma queste restano speculazioni teoriche.

Si fa strada inoltre l’ipotesi che SARS-CoV-2 possa avere un tropismo cardiaco, come è già stato evidenziato nella precedente epidemia di SARS: da riscontri cardiaci autoptici il 35% mostrava la presenza di RNA virale a livello cardiaco, associata ad una ridotta espressione di ACE2 a tale livello. Queste ipotesi hanno spinto ad iniziare dei trial clinici per valutare l’efficacia della somministrazione di ACE2 ricombinante nella prevenzione del danno d’organo da SARS-CoV-2. Tutto, insomma, è ancora da dimostrare.

Cosa deve fare un paziente in terapia con ACE-inibitori o Sartani?

In definitiva, al netto delle speculazioni teoriche, è forte l’ evidenza che l’infezione da SARS-CoV-2 determini quadri patologici particolarmente severi in pazienti con pregresse patologie cardiovascolari. 

Gli ACE-inibitori e i Sartani hanno dimostrato di esercitare un’importante azione cardioprotettiva e la loro sospensione potrebbe determinare un peggioramento della situazione clinica, con maggiore propensione a sviluppare quadri Covid-19 severi.

Sulla questione si è infine espressa anche la Società Europea di Cardiologia (ESC) con un documento nel quale evidenzia l’assenza di validi elementi che portino sospendere il trattamento. Il documento si conclude con una forte esortazione, rivolta sia ai medici che ai pazienti, di continuare il trattamento abituale con i farmaci in questione. 

ACE-inibitori/Sartani dunque al momento non sembrano prestare il fianco al Covid-19, forse potrebbero aiutarci a mitigarlo. Fino a nuove evidenze.

Emanuele Cassano

Fonti bibliografiche

  1. Muthiah Vaduganathan, M.D., M.P.H., Orly Vardeny, Pharm.D., Thomas Michel, M.D et al. :Renin–Angiotensin–Aldosterone System Inhibitors in Patients with Covid-19. NEJM; 30 Marzo 2020
  2. ESC (European Society of Cardiology) : Position Statement of the Esc Council on Hypertension on ACE-Inhibitors and Angiotensin Receptor Blockers. 13 Marzo 2020

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