La Ricerca sui principi della morale di David Hume

Nel 1751, David Hume pubblica la Ricerca sui principi della morale. Si tratta di un’opera di carattere morale, nella quale l’autore torna a ragionare attorno all’origine delle distinzioni morali. Infatti, tale argomento era già stato oggetto di riflessione nel Trattato sulla natura umana, la cui terza parte è interamente riservata al tema dell’etica. Nel Trattato, Hume individuava, dunque, nella simpatia il principio generale al quale ricondurre la genesi dei sentimenti morali.

Il progetto originario humeano era orientato verso la fondazione di una vera e propria scienza morale. Questa scienza, sul modello newtoniano, doveva servirsi di pochi principi esplicativi. Tuttavia, il programma di Hume non ottenne l’accoglienza sperata. Non mancarono le critiche nei confronti dell’autore, che si guadagnò l’accusa di scetticismo morale. Per scagionarsi da tale accusa, allora, Hume decise di lavorare alla Ricerca sui principi della morale. Quest’ultima si configura, quindi, come una rielaborazione del suo disegno etico.

La Ricerca sui principi della morale: premesse generali

Ricerca sui principi della morale

Il discorso di Hume si avvia con il riconoscimento oggettivo delle distinzioni morali. Negarne la realtà vuol dire discutere “in mala fede“. In tal modo, dunque, egli prende subito le distanze da ogni forma di scetticismo. Dopodiché, dichiara l’intento programmatico del testo, che si prefigge di “giungere al fondamento dell’etica”, cioè a quei principi generali che spieghino il biasimo o l‘approvazione morale.

Per riuscire nell’intento, però, occorre fare ricorso al “metodo sperimentale“. Tale metodo permette di derivare massime universali a partire dal raffronto di casi individuali. La deduzione, invece, non può funzionare in un settore di indagine come quello morale. La morale, invero, si occupa di questioni di fatto, che ineriscono la natura umana. Pertanto, la ricerca deve proseguire con l’analisi delle virtù sociali fondamentali: la benevolenza e la giustizia.

Benevolenza e giustizia

Nella Ricerca sui principi della morale, benevolenza e giustizia sono qualità morali nella misura in cui si rivelano utili per il benessere pubblico. Secondo Hume, la ragione dell’apprezzamento morale è esattamente l’utilità e il vantaggio sociale. Si considera moralmente positiva la benevolenza giacché essa promuove la solidarietà tra gli uomini. La benevolenza, infatti, consiste “in una tenera simpatia per gli altri”. La simpatia spinge l’individuo a provare interesse per il genere umano e a porsi nella prospettiva comunitaria.

Allo stesso modo si loda la giustizia, poiché essa assicura la sopravvivenza della società politica e la convivenza pacifica. Hume scrive:

Le regole dell’equità o giustizia dipendono completamente dallo stato e dalla situazione particolari in cui gli uomini si trovano e debbono la loro origine ed esistenza a quell’utilità che risulta alla società dalla loro rigorosa e normale osservanza.

Ancora, il filosofo scozzese riconduce all’utilità la nascita dell’assetto societario e dei dispositivi giuridici.

“Perché l’utilità piace?”

A questo punto della Ricerca sui principi della morale, Hume si impegna ad esporre le ragioni per le quali l’utilità piace. In primo luogo, la propensione verso l’utile è attestata dall’esperienza comune. In particolare, noi tendiamo a ricorrere all’utilità in quanto parametro di valutazione degli oggetti. Vale a dire che consideriamo valido un oggetto nella misura in cui si rivela utile ad un certo scopo. Per tale motivo, non stupisce che l’utile sia anche il criterio in base al quale valutiamo la condotta di un individuo.

L’approvazione dell’utile è proprio un carattere specifico della natura umana. Per cui, Hume non concorda affatto con coloro che sostengono l’origine convenzionale delle distinzioni morali. Certamente l’educazione serve a rafforzare la capacità di giudizio, ma non ne costituisce la causa. Allo stesso modo, non è corretto ricondurre l’approvazione morale ad un mero istinto egoistico. Le circostanze empiriche mostrano di fatto esattamente il contrario. Noi esprimiamo, infatti, giudizi morali anche quando non è in ballo il nostro interesse personale.

L’utilità è gradevole e si impone alla nostra approvazione. Questa è una questione di fatto ( a matter of fact) […]. Utile? Ma per chi? Per l’interesse di qualcuno, certamente. Per l’interesse di chi, dunque? Non soltanto per il nostro; infatti la nostra approvazione si estende oltre l’ambito del nostro interesse.

Siamo propensi ad apprezzare l’utilità pubblica, poiché avvertiamo verso gli altri soggetti un naturale sentimento di simpatia.

Morale del sentimento o morale della ragione?

La pubblicazione della Ricerca sui principi della morale avviene in anni cruciali per la discussione etica. In particolare, l’opera si inserisce in un contesto filosofico in cui prevalgono due differenti indirizzi. Da un lato, vi sono i razionalisti, cioè coloro che assegnano alla ragione un ruolo esclusivo nella determinazione del bene morale. Dall’altro, vi sono i sostenitori del senso morale, anche dettomoral sense. Questi sostengono che l’approvazione morale scaturisca da un sentimento istintivo originario.

Hume non si schiera né per l’uno né per l’altro versante. Egli preferisce aderire ad un progetto etico che tenga insieme l’istanza razionalista e l’istanza sentimentalista. Ragione e sentimento, dunque, si rilevano indispensabili per la valutazione morale, ma adempiono a compiti diversi.

In primo luogo, alla ragione spetta l’incarico di indicare le possibili conseguenze benefiche derivanti da un’azione o una qualità. La ragione permette, cioè, di risolvere le controversie che insorgono rispetto alla delimitazione dei fini. Tuttavia, essa da sola si rivela insufficiente. A questo punto, è necessario l’intervento del sentimento, che ci dirige solo verso quelle azioni che hanno come fine la promozione del bene collettivo. Il sentimento, pertanto, ci suggerisce la preferenza tra i fini illustrati dalla ragione. La simpatia ci rende sensibili verso la felicità collettiva e, al contempo, ci impone di rifuggire l’infelicità.

Considerazioni conclusive

Da questo punto di vista, la prospettiva di Hume nella Ricerca sui principi della morale risulta estremamente interessante. Proponendo una collaborazione armonica tra ragione e sentimento, egli ci offre un’immagine unitaria della soggettività. Il soggetto non deve sforzarsi di tenere fuori la dimensione emotiva. Devo, piuttosto, porsi all’ascolto del suo sentimento morale. Ad ogni modo, l’introduzione dell’emotività non sfocia in una forma di irrazionalismo. Tenendo assieme emozione e razionalità, Hume sottolinea tutta la complessità del giudizio morale. Proprio questa difficoltà esige che a giudicare sia l’uomo nella sua interezza.

Alessandra Bocchetti

Bibliografia

D. Hume, Ricerca sui principi della morale, Laterza, Bari 2009.

L’immagine di copertina è ripresa dal sito:

https://sites.google.com/site/102tejerohernandezlizeth/analizas-situaciones-y-problema-s-especificos-asociados-a-la-practica-de-valores-que-ocurren-a-nivel-local