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Coma, stato vegetativo e morte cerebrale: differenze

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Spesso i mezzi di informazione e i non esperti utilizzano senza distinzione i termini coma, stato vegetativo e morte cerebrale, mentre in realtà si riferiscono a condizioni molto diverse. Esse sono accomunate dalla perdita di coscienza del soggetto. Ma cos’è la coscienza?

Coscienza e Vigilanza

In medicina con il termine “coscienza” (in inglese “awareness“) si intende la consapevolezza di sé e di ciò che ci circonda. Può sembrare una definizione semplicistica ma è necessaria per porre un limite per inquadrare alcune entità patologiche. Tralasciando in questa sede speculazioni di tipo filosofico o religioso, secondo le neuroscienze la sede della coscienza si trova nella corteccia cerebrale. La corteccia cerebrale è la porzione esterna dell’encefalo, quella comunemente detta materia grigia, a sua volta divisa in lobi.

Il tronco encefalico è composto da bulbo, ponte e mesencefalo.

Accanto alla nozione di coscienza bisogna definire anche la vigilanza (in inglese “arousal”), ovvero la condizione di essere svegli e responsivi agli stimoli. La “sede della vigilanza” si trova nel tronco encefalico, una struttura tubulare posta inferiormente al telencefalo (il “cervello” propriamente detto). Più precisamente ad essere fondamentale è la cosiddetta sostanza reticolare, che funziona come un innesco capace di attivare diffusamente la corteccia. Senza di essa la corteccia sarebbe in uno stato di ridotta attivazione; quindi senza vigilanza non può esserci coscienza.

Questi due concetti servono per distinguere le condizioni patologiche in esame.

Coma

Il coma è la condizione di mancanza di coscienza e di vigilanza. Il paziente appare incosciente, ad occhi chiusi e poco o per niente responsivo agli stimoli provenienti dall’esterno.

Il coma può insorgere a seguito di un grave insulto cerebrale che danneggi diffusamente sia la corteccia che il tronco encefalico. Se ne distinguono in genere due tipi di coma:

  • metabolico: provocato da alterazioni del metabolismo corporeo (es. coma diabetico, etilico, epatico, uremico, tossico ecc.);
  • strutturale: dovuto a patologie che danneggiano la struttura del sistema nervoso (es. traumi, infezioni, ictus, tumori ecc.).

L’entità del coma può essere valutata attraverso un indice di gravità chiamato Glasgow Coma Scale.

La differenza tra coma traumatico e coma metabolico è fondamentale per poter intraprendere un trattamento adeguato. Generalmente il coma metabolico ha una prognosi migliore rispetto a quello strutturale, essendo talvolta reversibile con una pronta terapia medica.

Stato vegetativo

Lo stato vegetativo invece è la condizione di mancanza di coscienza ma presenza di vigilanza. Il paziente dimostra un ciclo sonno-veglia: durante il giorno dunque la persona appare sveglia e con occhi aperti, mentre di notte si addormenta. Le risposte agli stimoli sono presenti, ma sono deboli e non finalizzate.

Questo stato è causato da un danno diffuso alla corteccia mentre il tronco encefalico è intatto. Questo è tipico di una lesione da accelerazione-decelerazione (danno assonale diffuso) possibile negli incidenti d’auto o nei traumi ad alta velocità.

Talvolta i pazienti che si risvegliano dal coma raggiungono lo stadio di stato vegetativo, dal quale possono recuperare o meno un livello di coscienza.

Lo stato vegetativo si definisce irreversibile quando dura più di 12 mesi nei pazienti traumatizzati o più di 6 mesi in quelli non traumatizzati.

Stato di coscienza minimo

Somiglia allo stato vegetativo ma è conservata una significativa interazione con l’ambiente. I pazienti in stato di minima coscienza possono stabilire un contatto visivo con persone od oggetti; possono afferrare intenzionalmente gli oggetti; possono rispondere con pochi gesti o parole. La prognosi di questo stadio è di solito buona.

Morte cerebrale

La morte cerebrale è definita come la cessazione irreversibile dell’attività encefalica. Ciò significa che il tessuto cerebrale è morto e non può più essere recuperato. Viene anche definita “morte a cuore battente” perché il sistema cardiocircolatorio può proseguire la sua attività per molto altro tempo.

La morte cerebrale è una condizione che consente l’espianto degli organi per donarli alle persone malate che ne abbiano bisogno.

Attribuire lo stato di morte cerebrale è un’azione molto delicata, e si basa sull’esecuzione di un protocollo che verifichi l’assenza di:

  • attività elettrica cerebrale (Elettroencefalogramma piatto);
  • riflessi troncali (es. riflesso della tosse, o riflesso pupillare alla luce ecc.);
  • attività respiratoria spontanea;
  • flusso sanguigno cerebrale (necessario solo in alcune categorie di pazienti).

Questa valutazione va fatta 2 volte nell’arco di 6 ore da un collegio medico composto da un medico legale, un anestesista e un neurofisiologo. Dopodiché si decreterà la morte del paziente, con espianto degli organi e cessazione delle attività di sostegno cardiocircolatorio.

Sindrome Locked-in

La sindrome locked-in (dall’inglese “chiuso dentro”) è una patologia molto differente dalle condizioni sopra descritte, sebbene possa essere confusa con il coma o lo stato vegetativo.

Consiste nella quasi totale paralisi del paziente, che tuttavia mantiene intatte le sue capacità mentali. Questa condizione devastante è dovuta ad una estesa lesione del Ponte, regione del tronco encefalico attraverso cui passano quasi tutte le vie discendenti che controllano i movimenti volontari. L’unica funzione motoria rimanente è la capacità di muovere gli occhi (nervo oculomotore comune). Vista e udito sono illesi, così come le capacità intellettive.

Quali sono le probabilità di svegliarsi dal coma?

Le probabilità di risveglio sono molto difficili da stimare, ma esse dipendono essenzialmente da causa, durata e profondità del coma. Generalmente il coma di origine metabolico ha più probabilità di esitare in un risveglio con recupero completo (circa il 25% secondo alcune casistiche); invece quello di origine cerebrovascolare, secondari a ictus, ha una probabilità molto più bassa (circa il 3%).

Per un’analisi più approfondita si consiglia la lettura di quest’altro articolo.

Conclusioni

La perdita prolungata di coscienza è sempre un evento grave e preoccupante, e sottende a diverse condizioni spesso diverse fra loro. Ma nonostante la drammaticità della condizione non tutti i casi sono irreversibili. Bisogna diagnosticare bene il disturbo in modo da trattarlo se possibile, al fine di migliorare la prognosi e raggiungere il recupero della persona.

Antonio Spiezia

Bibliografia

Chiò A., Durelli L., Lopiano L., Mauro A., Mutani R., Il Bergamini di Neurologia, Edizioni Libreria Cortina Torino, 2012

Norelli G. A., Buccelli C., Fineschi V., Medicina legale e delle assicurazioni (II edizione), Piccin, 2013

ATTENZIONE: Le informazioni contenute in questo sito hanno puramente scopo informativo e divulgativo. Questi articoli non sono sufficienti a porre diagnosi e decisioni di trattamento e non sostituiscono mai il parere del medico. Per ulteriori informazioni contattare il proprio medico generico o specialista.

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Antonio Spiezia

Nato a Napoli nel 1995; diplomato nel 2013 nel liceo scientifico Renato Caccioppoli; laureato nel 2019 con 110 e lode in Medicina e Chirurgia alla Federico II e iscritto all'Ordine dei Medici Chirurghi di Napoli; dal 2020 medico specializzando in Neurologia alla Federico II; appassionato di scienze naturali, astronomia, storia dell'arte, musica e folklore.

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