Murata Sayaka: la ragazza del convenience store alla ribalta

Prima del 2018, il nome di Murata Sayaka era praticamente sconosciuto, non solo in Italia, ma anche all’estero. Probabilmente prima del 2016, anno in cui le è stato conferito il Premio Akutagawa, Murata era poco conosciuta anche in Giappone. Eppure il suo Konbini ningen (La ragazza del convenience store, 2018) ha scatenato un caso letterario in patria: con oltre 700.000 copie vendute, l’eco del romanzo non poteva che raggiungere poi il resto del mondo.
A cosa sono dovute le ragioni del suo successo?

La ragazza del convenience store

Murata Sayaka
Tipico konbini

Furukura Keiko ha trentasei anni, vive a Tōkyō e, a differenza delle sue coetanee, non ha né una famiglia né un lavoro fisso. Lavora, infatti, come part-time in un konbini, i supermarket giapponesi dalla forma di una scatola aperti giorno e notte.
Le sue giornate sono scandite dai movimenti e dalla musica del convenience store, dal quale si sente completamente assorbita. Totalmente estranea ai meccanismi della società, Keiko sa di essere considerata strana fin da quando, da piccola, per fermare un litigio tra due suoi compagni di classe, ha usato una pala per picchiarli in testa.
Già da allora, dalle facce stranite dei maestri e dei suoi genitori, Keiko capisce che il mondo in cui vive è governato da regole e convenzioni che lei non riesce a comprendere. Decide allora di auto-esiliarsi, fin quando a sedici anni trova il classico lavoretto part-time per studenti. È l’inizio della guarigione o del suo marchio definitivo?

In quell’istante, per la prima volta nella mia vita, assaporai la sensazione di aver trovato il mio posto nel mondo. Sono nata, finalmente!, pensai entusiasta. Quello fu il primo giorno della mia nuova vita come “normale” componente degli ingranaggi della società

Con un manuale da seguire, i severi ritmi scanditi dai jingle e dai fruscii della sua piccola scatola, Keiko capisce come comportarsi e, all’interno di quelle quattro mura, viene considerata per la prima volta non solo una persona normale, ma anche una lavoratrice instancabile, un modello da seguire.
In quel piccolo microcosmo non ci sono distinzioni: uomini e donne indossano la stessa divisa, l’età non sempre conta e, durante i turni, a nessuno interessa che non si sia mai innamorata, che non abbia mai avuto rapporti o che non ne senta neanche la necessità.

Fino ad allora nessuno mi aveva mai insegnato come rapportami con gli altri, in che modo parlare e quali espressioni facciali assumere per apparire “normale”.

Fin quando uno sconvolgimento nel suo piccolo caos la porterà ad una decisione finale definitiva e, a mio parere, molto positiva.

Una società senza rapporti

Yoshimoto Banana, Kirino Natsuo, Yamada Eimi, Kawakami Hiromi sono solo alcune delle scrittrici giapponesi contemporanee che sono arrivate qui in Italia. La loro innovazione consisteva nello scrivere storie originali, soprattutto d’amore, fino ad allora mai lette. Le loro protagoniste sono spesso donne attive, motori delle azioni (si pensi a Le quattro casalinghe di Tōkyō di Kirino).
Sembra che Murata Sayaka si posizioni quasi al lato opposto della barricata, decostruendo la società giapponese in cui vive dal suo interno. La stessa autrice, infatti, continua a lavorare part-time in un konbini.
C’è di diverso che Murata, nata agli inizi degli anni ’80, fa parte di una nuova generazione impegnata a mettere in luce i problemi dei suoi contemporanei, cresciuti tra precarietà e incertezza.
Nelle statistiche attuali aumentano i Neet (“not -engaged- in education, employment or training”), gli hikikomori (coloro che decidono di vivere in maniera ritirata) e coloro che non riescono a formarsi una famiglia. È, difatti, muen shakai (società senza rapporti) il termine che viene scelto dagli slogan giapponesi per definire l’attuale situazione.

Murata Sayaka continua la sua battaglia

Murata Sayaka
Murata Sayaka alla cerimonia del Premio Akutagawa, 2016

Per tutti questi motivi, non stupisce allora perché la voce di Murata Sayaka sia arrivata anche in America, dove i riconoscimenti non sono stati di certo pochi. Definita una delle migliori autrici dal The New Yorker, lodata dal The Guardian come “sublimely weird”, è stata capace di descrivere il tutto con un’ottica straniante: per raccontare l’alienazione del Giappone che la circonda, Murata Sayaka non ricorre né alla fantascienza né alla distopia. Si limita a osservare e a descrivere quello che la circonda, rendendo la sua narrazione ancora più potente.
Prima de La ragazza del convenience store, in Italia è arrivato un suo piccolo racconto nel numero del Freeman’s, tradotto da Black Coffee. Si tratta, anche in questo caso, di uno scritto estremamente forte, anche se questa volta surrealista.
Descrive un mondo in cui le donne desiderano abiti fatti di capelli, ossa e altre parti del corpo umano. È l’ossessione di continuare a servire anche dopo la morte a rovesciare la realtà: fin dove ci spingeremo per cercare di sentirci utili alla società, qual è il limite ultimo?

Non vedo cosa ci sia di male a trasformare le persone in vestiti o mobili quando ormai sono morte. […] E perché con gli animali dovrebbe essere diverso? È solo un prezioso e nobile passo avanti compiuto dalla nostra specie, quello di non sprecare i corpi delle persone che muoiono.

Carmen Borrelli

Bibliografia:

  • Visions of Precarity in Japanese Popular Culture and Literature, Iwata – Weickgenannt Kristina, Rosenbaum Roman
  • La ragazza del convenience store, Murata Sayaka