Disartria, disfonia e afasia: qual è la differenza?

La complessità dietro le parole

Disartria, disfonia e afasia rappresentano i più tipici disturbi della comunicazione vocale, che per gli esseri umani è un aspetto imprescindibile della vita sociale. Il linguaggio verbale infatti è il risultato di un’evoluzione straordinaria di strutture nervose capaci di adempiere a compiti complessi e specifici.

Quando diciamo una parola formuliamo innanzitutto un concetto mentale, che poi verrà tradotto in un programma motorio affinché, attivando coordinatamente i tantissimi muscoli della bocca, della faringe e della laringe, venga convertito in un suono. A sua volta la percezione del suono della parola ha bisogno di essere recepito e compreso dall’ascoltatore.

Quando qualche ingranaggio di questo complesso meccanismo non funziona, allora il linguaggio verbale è compromesso. Oltre ovviamente al deficit dell’udito (che non verrà trattato in questa sede), possono essere compromessi ad esempio l’articolazione dell’eloquio, il tono vocale e il contenuto del linguaggio. Queste condizioni prendono il nome di disartria, disfonia e afasia, condizioni molto diverse che è importante distinguere.

Disartria

articolazione parola
http://www.speechlanguage-resources.com

La disartria è un’alterazione dell’articolazione del linguaggio parlato. Quest’ultima è il frutto di azioni motorie molto complesse e coordinate che comprendono molte strutture della bocca come labbra, lingua, palato molle ecc. Questi muscoli vengono attivati da strutture nervose chiamate nervi cranici. I nervi cranici sono nervi che nascono nell’encefalo (dentro il cranio) e sono presenti in 12 paia. Tra questi ce ne sono alcuni fondamentali per la coordinazione delle suddette strutture fondamentali per la parola. Questi sono i nervi trigemino (V), faciale (VII), glossofaringeo (IX), vago (X) e ipoglosso (XII).

Quindi a compromettere l’articolazione del linguaggio può essere un danno diretto a tali nervi oppure alle vie nervose centrali (encefaliche) che attivano i nervi stessi. Le malattie neurologiche centrali che danno frequentemente disartria sono l’ictus, la SLA, le atassie cerebellari, la Sclerosi Multipla, il morbo di Parkinson e altre malattie neurodegenerative.

Altre possibili cause possono essere malformazioni facciali o buccali, come il labbro leporino o la palatoschisi.

Spesso la disartria si associa a disfagia, ovvero la sensazione di difficoltà ad inghiottire cibi o liquidi, e talvolta a disfonia.

A differenza dell’afasia, nella disartria la formulazione mentale delle sequenze verbali è normale.

Disfonia

corde vocali
corde vocali (credit: Mayo Foundation)

La disfonia è un’alterazione del tono della voce. Essenzialmente deriva da una disfunzione delle corde vocali, strutture della laringe che, modificando la loro apertura, modulano il tono vocale.

Cosa può provocare disfonia? Come abbiamo detto è dovuto a un’alterata funzione delle corde vocali, che può a sua volta derivare da un danno diretto delle stesse (laringiti, polipi, tumori maligni) oppure da un danno del nervo vago.

Il movimento delle corde vocali è volontario ed è attivato dal nervo vago, un nervo cranico che parte dal tronco encefalico, esce dalla scatola cranica e attraverso un suo ramo (il nervo laringeo ricorrente) innerva i muscoli che muovono le corde vocali. Il nervo laringeo ricorrente nasce nel torace prima di tornare nel collo, motivo per cui molte patologie toraciche possono comprimere il nervo e provocare disfonia: tra queste abbiamo ad esempio i tumori del polmone e gli aneurismi dell’aorta toracica. La lesione del nervo ricorrente è frequente anche a seguito di operazioni chirurgiche alla tiroide. Quando la disfonia è provocata dal danno monolaterale del nervo ricorrente si parla di voce bitonale.

A differenza della disartria, nella disfonia pura l’articolazione della parola è conservato, poiché è solo il tono del suono della voce ad essere alterato.

Afasia

L’afasia è definita come un disturbo della formulazione e della comprensione del linguaggio verbale. Per definire correttamente l’afasia è necessario:

  • che l’individuo abbia perso delle facoltà che in precedenza aveva appreso;
  • che non ci siano disturbi dell’udito, dell’articolazione dell’eloquio (disartria) o della coscienza.

L’afasia è tipicamente seguente a ictus che colpiscono le aree cerebrali adibite specificamente al linguaggio. In questo caso l’afasia è talvolta potenzialmente reversibile, mentre se seguente a processi neurodegenerativi come le demenze la ripresa può essere insufficiente.

broca wernicke

Le aree primarie del linguaggio sono:

  • L’area di Broca, posta nel lobo frontale, adibita alla produzione del linguaggio.
  • L’area di Wernicke, posta nel lobo temporale, adibita alla comprensione del linguaggio.

Entrambe le aree si trovano in un solo emisfero, e nella stragrande maggioranza dei casi è l’emisfero sinistro.

L’afasia di Broca (o afasia motoria) si definisce non fluente perché il soggetto parla con linguaggio telegrafico, con povertà di vocabolario ed eloquio inceppato. Sono frequenti le anomie (incapacità di associare i nomi agli oggetti). Il soggetto è inoltre pienamente cosciente del suo disturbo.

L’afasia di Wernicke (o afasia sensitiva) viene detta fluente perché l’eloquio spontaneo è ricco e variegato, sebbene manchi la coerenza del discorso che appare privo di significato e ricco neologismi (parole inventate). Contemporaneamente è danneggiata la comprensione di ciò che gli viene detto e, a differenza dell’afasia motoria, è difettosa anche la copia della scrittura. Il soggetto resta inconsapevole della sua condizione.

Antonio Spiezia

Bibliografia

Bonavita V., Di Iorio G., Neurologia clinica – Diagnosi e terapia, Edizioni Medico Scientifiche, 2007

Chiò A.,Durelli L., Lopiano L., Mauro A., Mutani R., Il Bergamini di Neurologia, Edizioni Libreria Cortina Torino, 2012

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