Scarpette di vernice nera, la recensione

L’incontro tra letteratura e vita è spesso all’origine di pagine particolarmente intense come quelle di Scarpette di vernice nera, pregevole raccolta di racconti di Antonietta Di Capua. Nell’arco di ventitré storie di donne, infatti, la scrittrice stabiese riesce ad offrire una complessa panoramica della condizione femminile, esplorandone le molteplici declinazioni.

Edito nel 2017 da Il quaderno edizioniScarpette di vernice nera è un’opera in cui maturità stilistica e tematica dell’autrice vanno di pari passo, tanto da conferire alle protagoniste una straordinaria autenticità. La polifonia delle loro voci, così simili eppure profondamente diverse, permette infatti di sentirle vicine, avvertendone sulla propria pelle gioie e dolori.

Le tematiche di Scarpette di vernice nera

Viaggio nell’universo femminile, sottotitolo di Scarpette di vernice nera, condensa efficacemente sia la vastità delle tematiche che la diversità dei punti di vista presenti nella raccolta. Nonostante la sua varietà, però, la narrazione si sviluppa attorno a tre denominatori comuni: il rapporto con l’altro, il rapporto con Dio e il rapporto tra genitori e figli.

Il rapporto con l’altro

Scarpette di vernice nera
La copertina

Centrale in quasi tutti i racconti appare il confronto tra un io, narratore delle vicende trattate, ed un altro che gli si oppone. Quest’ultimo è spesso qualcuno che, in virtù di pregiudizi o inclinazioni, cerca di affermare il proprio potere sul narratore, incurante delle conseguenze. Soltanto grazie a questo scontro però l’io è in grado di conoscersi pienamente, scoprendosi capace di opporsi col pensiero e l’azione a quanto l’altro vorrebbe.

Questo tipo di riflessione, probabilmente, prende avvio dall’esperienza di Antonietta Di Capua come presidente dell’associazione Progetto Xenia e responsabile dello Sportello anti violenza donne e minori di Pompei. Gli altri che si oppongono alle protagoniste sono, infatti, proprio quelle persone che, nella vita reale, causano, con i propri comportamenti egoistici, danni incalcolabili.

Mariti assenti, padri retrogradi e criminali violenti non sono però gli unici antagonisti della raccolta che, nonostante l’importanza data alla denuncia della violenza sulle donne, ha ben più ampio respiro. Il nemico che le protagoniste si trovano a affrontare si rivela, infatti, ancora più subdolo, costituito com’è da una terrificante massa di dubbi, incertezze e colpe instillata in loro da mentalità e atteggiamenti diffusi.

Il confronto con l’altro non ha, però, sempre connotazioni negative: molti  personaggi supportano attivamente le protagoniste; o mostrandosi per come sono, a dispetto di paure e preconcetti, contribuiscono a innescare in loro il cambiamento che le condurrà ad una piena accettazione di sé e degli altri. Dal confronto con l’altro derivano dunque anche risultati positivi.

Il rapporto con Dio

Scarpette di vernice nera
Antonietta Di Capua

Il rapporto con Dio è meno centrale di quello con l’altro, ma egualmente significativo. Egli è, infatti, una presenza costante (e rassicurante) nell’orizzonte mentale delle protagoniste che gli si rivolgono in cerca di aiuto e comprensione. Si tratta di un Dio silente, la cui volontà è ipotizzabile ma non determinabile con certezza, in piena consonanza con la visione cristiana.

La fede è alla base delle riflessioni dell’autrice, il cui credo cattolico appare complesso e sfaccettato, ma sempre improntato al rispetto della dignità dell’essere umano. La sua è una fede altamente inclusiva, che fa del rispetto delle diversità e della loro accettazione il proprio punto di forza. Alcuni tra i racconti più coinvolgenti si basano, infatti, sulla denuncia dei pregiudizi contro gli omosessuali, sottolineando con veemenza come l’amore, quando genuino e disinteressato, non sia mai un peccato.

Il rapporto tra genitori e figli

Il rapporto tra genitori e figli riveste un’importanza sostanziale in gran parte dei racconti di Scarpette di vernice nera. Molte delle protagoniste sono madri o si apprestano a diventarlo, vivendo tale condizione con profonda consapevolezza. Le loro decisioni hanno, infatti, effetti a lungo termine di cui non possono non tenere conto. Nonostante l’amore per i figli, le madri restano però pur sempre individui, con propri bisogni e problematiche che non vengono trascurati dall’autrice.

Ma le protagoniste sono anche e soprattutto figlie, i cui rapporti con i genitori non sono sempre idilliaci. Se alcuni tra loro infatti rappresentano modelli di rettitudine e dolcezza, altri sono violenti e prevaricatori, arrivando addirittura a causare alle figlie quelle sofferenze da cui dovrebbero proteggerle.

Il tema della genitorialità procede a braccetto con quello della nostalgia, presente anche nel titolo dell’opera. Esso fa infatti riferimento al passato dell’autrice, quando le scarpe nuove, regalate dai genitori dopo mesi di attesa, venivano custodite gelosamente per essere indossare solo nei giorni di festa. La propria infanzia, ricordata con tenerezza dalle protagoniste, è quindi sia il luogo a cui tornare nei momenti di sconforto che il punto di partenza ideale per regalare ai propri figli un futuro migliore.

Alessandro Ruffo