La posteggia Napoletana è un mestiere antico come il mondo, non esiste una data precisa con la quale si può risalire alle sue origini, probabilmente è nata nel momento in cui sorsero i primi strumenti musicali, ma di cosa si tratta?
Dunque essa è l’arte dei musicisti di strada, il suo nome deriva infatti da “puosto” che stava ad indicare il luogo che essi occupavano per suonare.
I posteggiatori sono un po’ come orchestre ambulanti, che girano per i tavoli delle pizzerie, dei ristoranti e dei caffè con chitarre e mandolini, e intrattengono il pubblico li presente suonando diverse canzoni del repertorio classico napoletano.
Anticamente, per eseguire la posteggia, si formavano gruppi di 4 o 5 persone, col tempo però questa usanza si è persa, e ad oggi, chi fa questo mestiere suona da solo o al massimo ingaggia una seconda persona che canta o suona un ulteriore strumento.
Tra i suoi obiettivi principali, oltre a un piccolo guadagno, vi è l’idea di fondo di svolgere una mansione senza essere vincolati ad un padrone, ogni suonatore ha la piena libertà di scegliere come, dove, quando e per quanto tempo lavorare.
La posteggia, un po’ di storia
Il mestiere del posteggiatore risale a tempi antichissimi, nel periodo tra 500 e 900 possiamo ricordare diversi artisti molto noti nel napoletano tra cui:
“Compare Junno” (cioè biondo), poi “Sbruffapappa“, così detto per la sua abilità di giocare e vincere con la posteggia la perenne partita per il cibo; “Antonio ‘o Cecato” (il cieco); Gaetano o Burecchia detto ” ‘o Busciardo” (il bugiardo) appartenenti al periodo tra 500 e 800.
Tra l’ ‘800 e il ‘900 vi era: Giuseppe Di Francesco detto ” ‘o Zingariello” musicista personale di Richard Wagner, che fu poi allontanato per averci provato di nuovo con una delle sue domestiche.
Nel ‘900 abbiamo l’ultimo ma non meno importante posteggiatore:
Eugenio Pragliola detto “Cucciariello o Eugenio cu ‘e llente” (Eugenio con gli occhiali) che fu l’inventore delle strofette finali che chiudono la “Tammurriata nera” e fu anche il cantastorie che fece ridere Totò.
In suo onore è stata fondata l’ Associazione culturale Eugenio Cucciariello, e anche un profilo facebook a suo nome, sul quale è riportata la sua storia.
L’ultimo posteggiatore di Napoli – Eugenio Pragliola, detto “Cucciariello o Eugenio cu ‘e lente”
Indossava sempre una bombetta, e portava con se un megafono e la sua inseparabile fisarmonica, che lo rendevano un personaggio noto agli occhi di tutto il paese; egli era solito approcciare con il pubblico in modo sarcastico utilizzando stornelli e rime del tipo:
«Signurì buongiorno eccellenza, con insistenza, all’ apparire della mia presenza, addò nisciuno me penza, faccio appello alla vostra indulgenza, e dimostratemi nu poco e benevolenza!».
Cucciariello, era solito cantare qualche canzone allegra per poi riscuotere qualche spicciolo; la richiesta di pagamento era sempre formulata attraverso delle rime, spesso era assillante e impertinente, ma in se era anche molto sfiziosa:
«Signure e signurine, ledi e milòrd, aggiate pacienza cacciate ‘nu sòrd
pe chi nun tene na lira ‘e spicce, ci’hanna ascì ‘e bbolle ‘ncopp’ ‘o sasiccio!».
Qualche volta Eugenio usava anche la variante breve:
« Facite ampresso, dateme ‘e sorde, ca si no vve vene a sciorda!»
(presto tirate fuori la moneta, prima che vi venga un attacco di diarrea!)
Uno spartito per un bicchiere di vino
Eugenio era un uomo piuttosto ingenuo e bonaccione, aveva purtroppo il vizio d bere, e per questo in paese molte persone si approfittavano di lui e della sua creatività, facendosi passare tutti i suoi spartiti in cambio di un bicchiere di vino.
Si dice che egli è stato in realtà l’autore di pezzi come “Trapenarella“, “La Novella“, e che abbia anche collaborato ai testi di “Tammurriata nera” e “Malafemmena“.
Eugenio Pragliola nato da emigranti giuglianesi a Rio de Janeiro nel 1907, è morto a Giugliano nel 1989; la sua esistenza a 20 anni dalla morte continua a essere sostanzialmente una storia culturale rubata e negata.
La posteggia ai giorni nostri
Dopo la fine di Eugenio Pragliola, la posteggia continua ad essere ai giorni nostri un’attività molto diffusa, spesso eseguita anche in modo bizzaro e inusuale, si pensi ad esempio agli ambulanti che salgono sui mezzi di trasporto con la chitarra e iniziano a suonare, oppure a chi fa cappello, ossia chi scende in piazza con uno strumento e cerca di intrattenere i passanti racimolando qualche spicciolo.
Questi diversi modi di fare musica da strada sono la rielaborazione di un’arte che da secoli viene tramandata nel tempo e ancora oggi viene molto apprezzata dal pubblico partenopeo.
Ilaria Cipolletta
Fonti Sitografiche e storiografiche:
http://www.quicampania.it/musica/la-posteggia-napoletana.html
https://www.facebook.com/cucciariello
https://www.facebook.com/eugenio.cucciariello