Le donne di Arturo di Francesco M. Passaro, la recensione

L’abitudine di osservare la vita degli altri e formulare giudizi al riguardo ha origini antiche che si confondono con quelle della socialità umana. L’altro, considerato alternativamente degno di biasimo o meritevole d’ammirazione, esercita infatti sull’individuo che l’osserva un fascino perverso dettato dall’inconscia comparazione tra la sua esistenza e la propria. Tale confronto, condotto alle sue conseguenze più estreme, costituisce l’elemento centrale dell’ultimo romanzo di Francesco Mario Passaro, Le donne di Arturo (edito da L’erudita).

Quando il brillante giornalista partenopeo Arturo Marotta finisce in coma in seguito ad un agguato di camorra infatti il suo vicino, Guido Fontana, approfitta della situazione per rovistare approfonditamente nella sua vita. Ottenuto l’accesso alla casa dell’amico per occuparsi, assieme alla moglie Giovanna Improta, di questioni pratiche quali il pagamento delle bollette, Guido svilupperà invece un’ossessione per il suo computer e per le conversazioni ivi conservate. Conversazioni il cui contenuto cambierà radicalmente la vita di Guido scaraventandolo nel complesso e contraddittorio mondo delle donne di Arturo.

Le donne di Arturo
Francesco Mario Passaro

Francesco Mario Passaro è avvocato penalista nonché autore di romanzi e racconti. La sua prima opera è il noir Attesa di giudizio (Iris), a cui hanno fatto seguito il romanzo di formazione La città dei sangui (goWare Edizioni) e il legal thriller Stanze segrete (Rogiosi Editore).

Con Le donne di Arturo Passaro decide di approfondire ulteriormente la vena psicologico-intimistica che caratterizza la sua produzione precedente senza però abbandonare la componente giuridica, incarnata dal controverso personaggio di Salvatore Rubino.

L’assenza è presenza

Citando Paolo Sorrentino e il suo Lenny Belardo, protagonista della serie televisiva The Young Pope, è possibile esprimere l’elemento più caratteristico de Le donne di Arturo con il seguente aforisma:

l’assenza è presenza

Arturo Marotta infatti, nonostante non compaia mai se non privo di sensi in un letto d’ospedale, riempe di sé la narrazione continuando ad esercitare la propria magnetica influenza sugli altri personaggi condizionando lo scorrere delle loro vite.

La crisi coniugale tra Guido e Giovanna ad esempio torna ad acuirsi, essendo venuta meno l’unica persona in grado di riempire il grigio vuoto delle loro esistenze e di scuoterne la routine. I pettegolezzi del quartiere iniziano a ruotare intorno ad Arturo, alle sue relazioni più o meno clandestine e ai moventi dei suoi assalitori. Ma, soprattutto, Guido tenta in ogni modo di sostituirsi al vicino, studiandone la vita e indossandone gli abiti, fino a non riuscire a pensare ad altro che a carpirne l’essenza più profonda mentre la sua vita ed il suo matrimonio cadono a pezzi.

Guido, le donne di Arturo e l’inettitudine

Le donne di Arturo
La copertina del libro

Guido, protagonista del romanzo, sembra rappresentare il perfetto capovolgimento di Arturo. Mentre questi è un uomo brillante, sempre sul pezzo, apparentemente animato dalla volontà di “sbranare la vita” e dotato di un considerevole carisma, Guido è abulico, mediocre, insoddisfatto ma incapace di reagire, sconfitto da sé stesso e dai limiti che si impone più che dal mondo esterno. Egli è, in effetti, molto simile agli inetti che popolano i romanzi di Italo Svevo.

Tuttavia la contrapposizione tra i due personaggi è in realtà meno marcata di quanto possa sembrare, come lo stesso Guido avrà modo di scoprire esplorando le conversazioni tra Arturo e le sue donne. Anche il magniloquente Arturo infatti è fondamentalmente un individuo infelice e insoddisfatto il cui problema non consiste nel conquistare il successo o le donne bensì nel riuscire a trarre da tale conquista reali soddisfazioni. Anaffettivo e segnato dai traumi dell’infanzia Arturo, come Guido, non riesce a vivere pienamente nascondendo il suo malessere dietro un’artefatta facciata di finta sanità.

Guido e Arturo non sono però gli unici “ammalati” del romanzo; la stessa condizione di malessere pare infatti accomunare ogni personaggio dell’opera, creando un’atmosfera morbosa e asfissiante da cui non sembra esistere una via di fuga. Osservare la vita altrui diviene dunque un modo come un altro per evadere dalla propria mentre, in realtà, vi si scava ancora più a fondo.

Alessandro Ruffo