Giuseppe Rensi e l’assurdo che domina la realtà

Il pessimismo è un modo di vedere e percepire la realtà, ma non coincide con essa. È questa l’idea sulla quale facciamo leva quando cerchiamo di risollevare l’animo di qualcuno che versa in una situazione difficile e tende a vedere il cosiddetto bicchiere mezzo vuoto. Eppure Giuseppe Rensi, nell’epoca in cui a dominare la scena filosofica vi erano nomi di spicco come Benedetto Croce e Giovanni Gentile, sarebbe stato di tutt’altro avviso. Rinunciando all’idea del pessimismo come uno dei possibili modi con cui ci si approccia alla realtà, il filosofo se ne appropria a tal punto da individuare in esso le basi stesse su cui questa si fonda. Questa posizione comporta un profluvio di riflessioni che riguardano la vita, la storia e la filosofia e, prima di ciò, l’assurdità che permea ognuna di queste componenti.

L’origine del pessimismo rensiano

RensiLontano dall’eco dello scetticismo positivista di Hume, Rensi approda ad un pessimismo radicale che deve fare i conti con l’irrazionalità e l’assurdità con cui gli eventi si dispiegano nel corso della storia. La sua posizione è influenzata da diversi fattori: gli evidenti limiti conoscitivi dell’uomo, la violenza tangibile che riguarda i faticosi anni del primo conflitto mondiale e gli studi filosofici. Il problema dunque non è solo che l’uomo è per natura cattivo, ma anche che esistono tante ragioni quanti sono gli uomini e i filosofi che, rifiutandosi di credere in tale polivalenza, la attestano pervicacemente. La filosofia infatti dimostra in pieno che alla base di ogni realtà non vi è altro che contraddizione, perché ogni grande sistema non solo contraddice gli altri ma presenta in sé delle incoerenze. Nonostante ciò, se si tiene conto dei suoi presupposti teorici, ogni filosofia risulta sempre veritiera.

Dunque la contraddizione non attesta l’assenza di verità, ma la presenza di molteplici verità. È per questo che Rensi, nel testo “La filosofia dell’assurdo”, paragona la filosofia alla storia scrivendo:

C’è storia perché gli uomini si contraddicono, la pensano diversamente, hanno dispareri, e continuano a realizzare nel fatto pareri diversi da quelli realizzati poc’anzi; perché ogni parere che si realizza nel fatto proietta di fronte a sé un disparere che vuole a sua volta realizzarvisi invece di quello […] contraddizioni e storia sono unum et idem.

Possiamo dedurre da ciò che sono unum et idem anche filosofia e storia: entrambe si contraddicono continuamente, perché non esistono momenti uguali e ogni nuova opinione surclassa la precedente; opinione e fatto si implicano sempre reciprocamente. Ancora, tutto ciò che di primo acchito appare come fonte di unificazione, come la stessa facoltà di comunicare, non fa che dividere gli uomini.

Illogicità e irrazionalità alla base della vita

Quale risposta allora dare a chi interpreta positivamente l’evoluzione come Bergson, che addirittura ravvede nel processo evolutivo della vita l’esprimersi di una potenza creatrice? Rensi confuta  questa positività sostenendo l’idea che la vita si sviluppa interamente sull’illogicità. A riprova di ciò basta pensare al modo in cui siamo fisicamente strutturati: la vicinanza tra l’esofago e la trachea può essere mortale, dato che il funzionamento del primo organo può essere letale per l’altro e viceversa. Rensi si fa portavoce anche di un particolare animismo quando parla del principio basilare sul quale si fonda la nostra sopravvivenza, ovvero la nutrizione. L’uomo infatti per sopravvivere è costretto a distruggere un’altra vita, vegetale o animale, che al suo stesso modo vive, sente e soffre.

L’intera linea di pensiero converge nel capovolgimento del motto hegeliano inerente alla coincidenza tra reale e razionalità, giacché secondo Rensi il reale non è altro che l’irrazionale. A chi obietta questa posizione asserendo che anche l’irrazionalità per esistere ha bisogno della ragione, Rensi risponde:

Né la realtà, né la mente ci offre con costanza e sicurezza il metro della razionalità […] questo fatto che ci riporta alla posizione precedente, ma allargata, che cioè la categoria razionale-irrazionale non trova alcun campo di applicazione, questo fatto, che altro significa se non appunto l’estremo dell’irrazionalismo, l’irrazionalismo assoluto?

Se a ciò aggiungiamo che secondo Rensi ogni apparente fonte di unificazione, come la stessa facoltà di comunicare non fa altro che dividere gli uomini, allora possamo ritenere che per lui la razionalità sta all’unità, ovvero al nulla, così come l’irrazionalità sta alla realtà e cioè al male.

Rensi e la vicinanza tra moralità e pazzia

RensiTutti questi presupposti portano Rensi a parlare dell’uomo come di un degenerato e anche laddove si volesse immaginare l’utilizzo di una morale per appianare i conflitti tra gli uomini, che pur derivano da questa divergenza di opinioni e linguaggi, la morale in questione avrebbe una fondamento alquanto fallace. La morale di ognuno si basa infatti su di una intuizione che quando non è utilitarista rimane pur sempre soggettiva e dunque non può avere alcuna applicazione universale. Nell’ultima fase della sua vita Rensi arriva a sostenere che la morale, anche quando si realizza, non è  in grado di dare ragione della sua esistenza. È il caso di chi come Socrate ha dato la vita in nome della morale perché mosso da una forza interiore, il dáimon, che non è stato in grado di definire. Si tratta di una sorta di impulso folle a metà strada tra moralità e pazzia.

È forse questo l’approdo finale cui giunge Rensi, secondo il quale l’unica carta che l’uomo può ancora giocare è quella di accordarsi in qualche modo al suo élan vital e provare ad instaurare una morale, che però non poggia su un ordine di senso ma piuttosto su di un afflato interiore inesplicabile. In definitiva possiamo rendere ragione a Rensi in merito alle contraddizioni che animano la filosofia, giacché nelle differenti fasi del suo pensiero sono rintracciabili quelle incoerenze inevitabili che egli rintraccia nelle altrui teorie. A differenza sua però possiamo ritenere che dallo studio dei suoi testi, che meritano di certo di essere approfonditi, e della filosofia in generale, sia possibile dedurre qualcosa di positivo per la nostra vita e il nostro tempo a prescindere dalle forze mistiche e irrazionali che ci animano.

Giuseppina Di Luna

Bibliografia

Giuseppe Rensi, La filosofia dell’assurdo, Adelphi edizioni, Milano 2009.

Giuseppe Rensi, La morale come pazzia, Castelvecchi editore, Roma 2013.