Letteratura barocca

“L’ Adone” di Giambattista Marino: la trama “bifocale”

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“L’ Adone” di Giambattista Marino è tra le opere più ampie e faticose della letteratura italiana.

Giovanbattista Marino

Il poema, che conta venti canti in ottave e supera i quarantamila versi endecasillabi, fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1623, e aperta da un proemio dedicato a Maria de’ Medici madre di Luigi XIII re di Francia, a cui è dedicata l’intera opera.

“O già del’Arno, or dela Senna onore,

Maria, piuch’altra invitta e generosa,

donna non già, ma nova dea d’amore,

che vinta col tuo giglio hai la sua rosa

e del gallico Marte il fiero core

domar sapesti e trionfarne sposa,

nate colà su le castalie sponde

prendi queste d’onor novelle fronde”

Il poema di Giambattista Marino

Il poema, che forse va considerato come il frutto più rappresentativo della letteratura barocca in Italia, narra le vicende amorose di Venere e Adone. L’orizzonte della storia è erotico e sensuale; il protagonista Adone per personalità non è affatto un eroe epico, è un protagonista passivo tutt’altro che eroe cavalleresco: un antieroe, una creatura dedita a godimento delle sensazioni temporanee e passeggere; inoltre, la storia non tratta di eventi bellici, come invece accadeva nella tradizione omerica e tutto il circostante collabora a dar vita a modi di contatto sessuale.

Venere e Adone di Pierre-Paul Prud’hon, 1812, Tela 224 x 172, Museo napoleonico

Privo di un vero sviluppo narrativo, “L’ Adone” appare come una negazione della forma romanzesca; alla narrazione degli eventi Marino preferisce lo sviluppo di analogie. La vicenda è sommersa dal continuo e mutevole avvicendarsi di immagini, luoghi parole e segnali mitici, tra motivi religiosi e mistici, digressioni scientifiche e cosmologiche, riferimenti politici, descrizioni di abiti, di acconciature, di architetture e di paesaggi, di oggetti preziosi, di congegni meccanici.

Marino propone l’immagine di un’umanità che conosce attraverso i sensi, che si compiace di vedere, toccare, sentire, che all’eroismo dei cavalieri romanzi contrappone la gioia di una vita nobiliare lussuosa e gaudente. Marino descrive ed evoca una realtà ricca e preziosa, in cui l’appagamento dei sensi è la sola cosa importante. È stato anche detto che il vero protagonista dell’opera è il linguaggio, ricco di metafore e suggestioni, abbandonato con grazia al concettismo più minuzioso, tipico della poesia barocca e di quello stile poetico che proprio grazie a Marino è detto Marinismo. Famosa è l’ottava in cui l’autore si rivolge alla rosa, che con una spina ha punto il piede della dea Venere; in essa, infatti, si ritrovano tutti gli elementi elencati:

“Rosa riso d’Amor, del Ciel fattura,

Rosa del sangue mio fatta vermiglia,

pregio del mondo, e fregio di Natura,

de la Terra e del Sol vergine figlia,

d’ogni Ninfa e Pastor delizia e cura,

onor de l’odorifera famiglia,

tu tien d’ogni beltà le palme prime,

sovra il vulgo de’ fior Donna sublime”

La trama bifocale de “L’ Adone”

Tutta la vicenda si svolge a Cipro nell’arco di un anno, ma i giorni utilizzati sono ventidue. Cupido dopo aver subìto l’ira di Venere decide di vendicarsi, scagliandole contro una delle sue frecce e facendola innamorare di Adone, bel protagonista che subisce l’azione degli altri personaggi. La dea allora conduce il giovane nel suo palazzo dove lo inizia alla conoscenza sensitiva attraverso la sperimentazione dei piaceri dei cinque sensi, e alla conoscenza intellettiva attraverso un’esplorazione dell’universo sino al pianeta Venere. Adone e Venere si sposano, ma con l’arrivo di Marte, geloso di Venere, il giovane principe è costretto a fuggire, e solo dopo una serie di avventurose peripezie Venere e Adone si ricongiungono.

Un giorno, Adone esce per andare a caccia e fa l’errore di prendere arco e frecce che appartengono a Cupido; e durante la caccia colpisce un cinghiale irritato apposta da Marte e Diana, che inevitabilmente si innamora di Adone, e muore per l’aggressione sessuale dell’animale. Si celebrano i funerali e Venere trasforma il cuore di Adone in anemone e indice tre giorni di giochi in onore del defunto.

L’opera appare come un poema della curiosità infinita per gli aspetti del mondo, opera stranissima dalla storia bizzarra che ci dà il senso dell’abnorme tipico del barocco. “L’ Adone” si mostra come un poema bifocale in forma di ellisse, in cui gli episodi principali si dispongono lontani nella prima metà del poema (che narra innamoramento e amori, canti I-XII) e nella seconda metà del poema (dipartita e morte, canti XIII-XX), e sono connessi agli episodi secondari per analogia o similarità di situazione, più che per stringente necessità narrativa.

Inoltre, la trama fa sì che la storia si ripeta due volte: un primo momento felice del matrimonio, e un intervento di forze negative con Marte che porta alla fuga di Adone; poi di nuovo il momento felice col riavvicinamento degli amanti e ancora il ritorno di forze negative sempre con Marte che interviene in quella che sarà l’ultima battuta di caccia di Adone.

Ne “L’Adone”, Marino con una trama ellittica e bifocale ha voluto esprimere l’irresolutezza dell’uomo seicentesco di fronte a due modelli cosmici tra loro contraddittori: geocentrismo di Tolomeo ed eliocentrismo di Copernico. L’opera, seppur ricca di momenti di seducente eleganza, con le interminabili descrizioni e le insistenti trasmutazioni di immagini finisce però per comunicarci una sensazione di nausea: è proprio un capolavoro illeggibile, il cui eccesso nasconde qualcosa di cupo ed ossessivo, ma costituisce comunque un essenziale punto di riferimento per la letteratura del Seicento come modello di poesia elegante, preziosa, edonistica, pur in mezzo alle polemiche e alle parodie che suscitò dopo la morte dell’autore.

“Son due fiaccole ardenti Amore e Sdegno

che’nfiamman l’alme di penosa arsura;

stanno nel core e turbano l’ingegno,

né da lor la Ragion vive secura.

Son d’egual forza ed emuli nel regno,

ma contrari d’effetto e di natura:

l’uno è dolce trastullo e dolce affetto,

l’altro produce solo odio e dispetto.

Quando talor questi aversari fieri

pugnan tra lor, l’uom ne languisce e geme

e’l cor, ch’è picciol campo a duo guerrieri

e seggio angusto a duo signori insieme,

da conflitto mortal, d’aspri pensieri

combattuto delpar, sospira e freme.”

Maurizio Marchese

Sitografia:

http://www.linkuaggio.com/2013/09/ladone-di-giambattista-marino-trama-e.html

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Maurizio Marchese

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