It, quando romanzo e cinema vanno di pari passo

It nasce come romanzo partorito dalla mente geniale e laboriosa del re dell’horror di nome e di fatto, Stephen King. Ad oggi, ne esistono due adattamenti, uno del 1990 per il piccolo schermo, composto da due puntate, e l’altro è il presente film del 2017 di cui andremo a parlare, destinato anche alle sale cinematografiche. La storia è quella appunto di It, ovvero il clown ballerino Pennywise, creatura demoniaca tarantulesca di origini aliene e sotto le mentite spoglie di un clown, incarnazione del male puro, interpretata dall’attore svedese ventisettenne Bill Skasgård, che terrorizza e miete vittime nella cittadina immaginaria di Derry, nel Maine.

Ad un certo punto, entra in contatto con un ragazzino di nome George Denbrough, e da li si dipana tutta la vicenda, che vedrà coinvolto il gruppo di ragazzini quindicenni composto da Bill Denbrough (il fratello di George) interpretato da Jaeden Lieberher, Stan, Ben, Richie, Eddie, Mike e Beverly, interpretata da Sophia Lillis, e che finirà per farsi chiamare, un po’ per scelta un po’ per costrizione, “il gruppo dei Perdenti“.

It

Un film che riesce a raccontare egregiamente una storia già conosciuta e nota al grande pubblico grazie ad una regia, quella dell’argentino Andy Muschietti, fatta di primi piani dei protagonisti che sono pregni di sostanza, di uno spessore psicologico incredibile e di un’intensità da far paura (letteralmente, trattandosi di un horror), di campi lunghi di una città immersa nel verde dei boschi e degli alberi rigogliosi, e di semplici particolari che da soli sono capaci di alzare una tensione letteralmente al cardiopalma.

Non mancano i soliti cliché presenti in molti horror degli ultimi anni, come jumpscares abbastanza telefonati con lo scopo di far saltare lo spettatore dalla sedia oppure classici “spiegoni” atti ad allungare leggermente il brodo, ma si tratta di difetti più che passabili anche considerando il merito di una fotografia con toni principalmente molto caldi e gradevoli e di una sceneggiatura, scritta da Chase Palmer, Cary Fukunaga e Gary Dauberman, molto più fedele al materiale originale di King e che riesce a non lasciare mai tempi morti e quindi a tenere sempre lo spettatore sulle spine, spiazzandolo sempre quando meno se lo aspetta grazie al comportamento del clown più bastardo della storia della letteratura horror.

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Nell’opera di Muschietti si tratta prevalentemente di come possa essere brutto l’essere incompresi, quando gli altri non ci capiscono nei momenti in cui abbiamo più bisogno di aiuto, finendo per esserci d’intralcio più che di conforto. Il terrore che si respira in questa nuova incarnazione di It è più psicologico e diluito che immediato, con una tensione costruita anche grazie ad un montaggio curato magistralmente. Anche il bullismo è un tema che viene sviscerato a fondo nel film di Muschietti, rivelando che un carattere molto spaccone e smargiasso, spesso trova grande insicurezza e paura nascoste dietro. L’eccesso di oppressione dei genitori, lascia inoltre intendere il regista, il più delle volte può essere molto negativo per i giovani.

Un film che ci insegna ad affrontare ed infine vincere le nostre paure più profonde, vederle sgretolarsi davanti agli occhi e ripulirsi dal marcio, superare i propri limiti, limiti che credevamo insormontabili. Vediamo un clown che uccide e spinge ad uccidere, mossa degna di un essere che più diabolico non si può. Si comprende meglio il valore dell’amicizia e dell’unità grazie alla sorta di “caccia al tesoro” che vede coinvolto il gruppo nella parte centrale del film. Le musiche, che sono firmate da Benjamin Wallfisch, accompagnano a braccetto perfettamente il girato. La pellicola inoltre non si risparmia qualche gradevolissimo easter egg di sorta (vogliamo parlare della citazione flash del primo Nightmare su Freddy Krueger, Nightmare on Elm Street di Wes Craven? Un tocco di gran classe) e che ha giustamente ricevuto il plauso di quasi tutta la critica americana e mondiale.

It vuole farci galleggiare, ma un modo per smettere di galleggiare c’è, ed è forse il più bello che esista al mondo. Un racconto di formazione, una grande avventura che, come novelli Goonies, vede combattere fino allo stremo coloro che alla fin fine sono tutt’altro che “Perdenti”. Peccato (o per fortuna, dipende dai punti di vista) che non siamo anglofoni, altrimenti basterebbe cambiare una sola lettera alla parola…

Guardatelo assolutamente, altrimenti galleggerete. Tutti. Per sempre.

 

Antonio Destino