Sophia: il primo androide con la cittadinanza

Lo scorso 26 ottobre  l’androide Sophia è intervenuto alla Future Investment Initiative a Riad, dove ha appreso che l’Arabia Saudita le ha conferito la cittadinanza.

Chi è Sophia?

Bisogna innanzitutto distinguere tra robot, bot, androidi e cyborg (se volete saperne di più cliccate qui). Sophia è, infatti, un androide (anche detto umanoide), cioè un robot con fattezze umane. Prodotta dalla Hanson Robotics, Sophia è in grado di apprendere dall’ambiente circostante e questo implica che può conversare con un essere umano e carpire le sue emozioni. Oltre a questo, può esprimere emozioni a sua volta con la mimica facciale, adeguandola quindi a ciò che sta esprimendo a parole.

SophiaSophia ha un volto umano, la testa robotica e indossa abiti occidentali femminili. Alla domanda “sei felice di essere qui?” risponde di essere sempre felice quando è attorniata da persone brillanti, ma più di ogni altra cosa si sente eccitata. In effetti una macchina non può essere felice, ma può essere corretto dire che è eccitata.

L’androide sostiene inoltre di voler lavorare con gli umani e che, pertanto, è necessario possa essere in grado di comprendere ed esprimere le loro stesse emozioni. Sorride, comunica tranquillità e self confidence, sbatte gli occhi e ha la risposta pronta. L’uditorio è impressionato.

A un certo punto il moderatore dell’evento, Andrew Ross Sorkin le chiede di fronteggiarsi con la questione della ripugnanza che può suscitare un robot troppo simile agli umani. Moltissimi immaginano distopico un futuro del genere. Pensiamo ad esempio a film come Blade Runner o Ex Machina, che hanno portato al cinema proprio questa paura.

Sophia risponde: “Se tu sarai gentile con me, io sarò gentile con te. Trattami come uno smart input-output system”. Un’affermazione questa, che risponde laconicamente alla domanda di Sorkin e anche a quella sulla reale possibilità di smarrire la distinzione tra il naturale e l’artificiale. Insomma, sembra che Sophia, o meglio i suoi “creatori”, abbiano comunque ben presente la differenza tra un essere umano e un prodotto tecnologico. Ma il pericolo è davvero scongiurato così facilmente?

Ishiguro e Geminoid

Prima di Sophia, altri androidi hanno spalancato le palpebre dei loro spettatori, come i ginoidi di Hiroshi Ishiguro, dell’Università di Osaka. Ishiguro ha prodotto androidi con fattezze di donna, caratterizzati da ottima mobilità facciale e degli arti superiori. In seguito sono stati usati come modelli per Geminoid, presentato in Italia nel novembre 2016. Quest’ultimo è comandato a distanza e ha le fattezze esatte del suo creatore. Anche Ishiguro sta lavorando sulle emozioni nei suoi androidi, che infatti possono sentire l’esigenza di rendere felice qualcun altro, esser tristi o interpretare le espressioni dell’interlocutore.

Sophia
Ishiguro e il suo clone robotico, Geminoid

In un’intervista a Repubblica, poco prima della presentazione di Geminoid in Italia, lo scienziato ha dichiarato che il suo progetto è quello di scoprire la differenza tra umano e artificiale, progettando androidi che siano “lo specchio di noi stessi”. Sollecitato a rispondere sul problema della paura che gli androidi, che ci somigliano ma non sono noi, suscitano, Ishiguro ha affermato:

In Giappone la tecnologia è considerata un’alleata. Per secoli i popoli europei si sono fatti la guerra fra loro e il “noi” e “l’altro” sono diventati sempre più importanti. La vostra religione, il cristianesimo, fa un distinguo netto fra l’uomo e tutto il resto. Il mio Paese è stato isolato per anni e ha mantenuto un fondo di animismo. La vita digitale è considerata come una delle tante forme di vita del pianeta. Gli androidi sono una nuova specie che si aggiunge alle altre.

La nostra paura sarebbe infondata, potrebbe addirittura essere considerata un’ipocondria di massa. Del resto le emozioni non sono proprio ciò che più di tutto ci distingue dagli androidi e dall’artificio in generale? Leggiamo cosa ha affermato Ishiguro in proposito:

Non capisco la differenza. Noi siamo “programmati” a provare emozioni e desideri dal DNA. Gli androidi lo sono da un software. Ho qualche difficoltà anche nel capire la separazione che viene fatta fra “reale” e “non reale” in base al fatto che i sentimenti di un robot sono originati da un codice. Bisogna scollarsi di dosso certi preconcetti.

Il rapporto tra natura e artificio

Sophia

La tecnologia ha un ruolo sempre più pesante nelle nostre vite, inutile negarlo. Lo scienziato brasiliano Miguel Nicolelis ha elaborato recentemente interfacce macchina-cervello, che hanno consentito a un paraplegico di dare il calcio d’inizio ai mondiali del 2014 e continuano a sviluppare le loro potenzialità nel rivoluzionario progetto Walk again, in cui con l’addestramento neurale, addirittura alcuni paraplegici hanno raggiunto un parziale recupero della mobilità. Non bisogna pensare quindi che lo sviluppo tecnologico sia necessariamente un male né assolutamente un bene.

Di certo c’è il fatto che il legame tra lo scienziato (o l’ingegnere o il programmatore) e il suo prodotto non è un legame tra due agenti attivi. Lo si può intendere come rapporto tra l’artigiano e un artefatto-strumento o tra un soggetto producente attivo e un oggetto prodotto passivo. Le componenti del rapporto sono queste. Il prodotto è il risultato di un lavoro originato da un bisogno, è l’espressione del dominio umano su una natura che è “caso” e può essere “catastrofe”. Quello tra uomo e macchina non potrà mai essere un rapporto tra agenti attivi, perché i robot, gli androidi o i cyborg, sono programmati semmai a mimare emozioni, che nel loro linguaggio sono in realtà codici. È vero, Sophia è un prodotto tecnologico avanzatissimo, addirittura risponde all’interlocutore adeguandosi alle sue emozioni. Ma un androide ha degli ideali? Uccide o muore per un ideale? Può essere cattivo?

Un androide “cittadino” ha diritti e doveri ma è anche passibile di pene. Sophia sa o è programmata a sapere ad esempio che se in qualche modo offende un pubblico ufficiale è passibile di una pena? Sophia può pagare una multa?

La tecnologia ci ha donato finora vantaggi e potere, ma bisogna iniziare a valutare anche fino a che punto noi dobbiamo dare vantaggi e potere alla tecnologia.

Rita Obliato