Letteratura greca

Ipponatte: un antico “poeta maledetto”

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Notizie biografiche su Ipponatte

Le notizie sulla vita di Ipponatte sono incerte. I calcoli cronologici di San Girolamo lo collocavano erroneamente nel VII sec. a.C. Tuttavia è probabile una datazione più tarda, suggerita per altro dalla maggioranza delle fonti antiche. Quest’ultimo dato è confermato da un frammento in cui il poeta parodia versi di Mimnermo (inizio VI sec.). La sua figura è circondata da una serie di aneddoti semi-leggendari. Celebre è il ritratto che ne fa la tradizione antica, come di un uomo tozzo e gobbo, che gli causò le beffe di due scultori di Chio, Atenide e Bupalo.

La contesa con Bupalo

Proprio Bupalo fu particolarmente odioso a Ipponatte anche per questioni di rivalità amorosa. Entrambi infatti corteggiavano la stessa donna, Arete, nota per i suoi facili costumi.

La leggenda vuole che, sia per vendetta per il ritratto, sia per la contesa amorosa, Ipponatte avesse indirizzato allo scultore di Chio versi infamanti che lo indussero al suicidio. Tuttavia questo episodio è in comune con la biografia del precedente grande giambografo greco, Archiloco, ed è perciò molto probabilmente falso per Ipponatte e dubbio per Archiloco stesso.

L’impegno politico

Ipponatte, come molti poeti del suo tempo, fu anche attivo politicamente. Partecipò al tentativo di cacciata dei tiranni della sua città, e per questo fu esiliato e trovò riparo a Clazomene, città commerciale dell’Asia minore. Lì trascorse il resto della sua vita in condizioni meno agiate che in precedenza.

Le opere superstiti e la poetica

Di Ipponatte conserviamo un centinaio di frammenti, pervenutici tramite ritrovamenti papiracei. Uno dei più famosi è il cosiddetto Epodo di Strasburgo, inizialmente attribuito ad Archiloco.

Il carattere della sua poesia è prevalentemente satirico, attingendo per le sue invettive a fatti autobiografici. Nei versi che ci sono rimasti il poeta enfatizza molto la sua condizione di povertà, fino a renderla una caratteristica della sua persona loquens. Tuttavia, benché l’esilio lo abbia effettivamente danneggiato sul piano economico, sarebbe un errore credere che quanto Ipponatte scrive sulla sua miseria sia del tutto vero. Il nome stesso del poeta, con la sua etimologia (“signore dei cavalli”), rivela un’origine aristocratica. Al contesto aristocratico appartiene anche la sua poesia legata al simposio.

Lingua e stile

La lingua di Ipponatte è caratterizzata da un vistoso plurilinguismo. La base è data dal dialetto ionico, comune anche ad Archiloco. Tuttavia è contaminata da pronunciati elementi di lingue anatoliche, come il frigio e i lido, e presenta frequenti volgarismi:

O segnati da dio, dimmi, chi fu / la tagliatrice d’ombelichi/ che al guizzo delle gambe / ti prese, ti strigliò, ti ripulì?” (Trad. di Manara Valgimigli).

Occasionalmente i testi parodici che si rifanno a Omero e all’elegia, mostrano una grande creatività linguistica con il conio di nuovi aggettivi. Un esempio è il frammento seguente:

Musa, di Eurimedontiade a me la Cariddi marina / la daga dentro la pancia che senza criterio divora / narra in che modo vedrà mala morte per malo decreto / per volontà della gente, sul lido del mare infecondo.

Talora i toni del poeta si fanno però più delicati, nel contesto di frammenti che sembrano contenere una tematica amorosa (“Toccasse a me una vergine bellina e tenerina” – Trad. di Giovanni Pascoli).

Innovazione metrica

Ipponatte è noto per avere elaborato forme popolari della poesia giambica, alterandone il ritmo. I versi giambici del poeta hanno sistematicamente la penultima sillaba lunga, il che li rende “zoppicanti”: di qui il nome di scazonti (dal greco skàzein = zoppicare) tipico dei versi ipponattei.

Arianna Colurcio

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Arianna Colurcio

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