Peter Sloterdijk: riflessioni sul concetto di antropotecnica

Peter Sloterdijk è tra i più audaci pensatori contemporanei. La sua riflessione si caratterizza per l’attenzione rivolta a questioni molto attuali, che vanno dall’informatica alla genetica.

A spasso per il parco umano…

Nel 1999 Sloterdijk pubblica Regole per il parco umano. In questo saggio viene offerta un’originale valutazione del rapporto uomo-cultura. Per Sloterdijk l’uomo è sempre il prodotto di un’antropotecnica, cioè di una pluralità di tecniche di ‘’addomesticamento’’. Tra queste è soprattutto l’educazione ad esercitare sugli individui un’azione ‘’modellante’’. In generale, Sloterdijk considera la cultura umanistica un’antropotecnica capace di addestrare l’uomo inibendo i suoi istinti selvaggi. L’umanesimo è infatti definito dall’autore ‘’la lotta dei libri contro l’anfiteatro‘’.

Ma quali sono i limiti di questa antropotecnica? La cultura umanistica è fondata sulla relazione tra maestro e allievo. Il sapere è trasmesso a partire da chi ne è il depositario, secondo il principio di autorità. Con la rivoluzione informatica non è più possibile una diffusione ‘’verticale’’ dei saperi. Oggi tutti possono partecipare alla costruzione e alla divulgazione delle conoscenze attraverso il web e i mass-media. Al concetto di verità è andato via via sostituendosi il concetto di in-formazione.

Verso una teoria della complessità

Pensare l’epoca attuale significa per Sloterdijk fare i conti con ‘’la materia informata’’, cioè con macchine capaci di prestazioni parasoggettive. I computer, gli smartphone, le intelligenze artificiali sono esempi di come il pensiero sia confluito nella struttura delle cose. L’apparire delle macchine intelligenti ha decretato l’insufficienza delle categorie di soggetto-oggetto, materia-spirito, natura-cultura. Sloterdijk ritiene che l’uomo debba dotarsi di nuovi strumenti concettuali per giungere alla comprensione di un mondo sempre più complesso.

Sloterdijk
Foto del Colossus, il primo computer elettronico della storia. Costruito sul progetto di Alan Turing nel 1944, fu impiegato dagli inglesi per intercettare i messaggi segreti del nemico tedesco durante il secondo conflitto mondiale. L’alfabetizzazione informatica di massa ha trasformato il mondo in un’unica rete di connessioni. Con Internet i concetti di spazio e tempo sono stati rivoluzionati. Possibile e reale, passato e futuro, tutto coesiste qui e ora, simultaneamente, nell’universo virtuale della rete. Introducendo il modello filosofico della rete dei possibili, Borges così scriveva: ...riflettei che ogni cosa, a ognuno accade precisamente, precisamente ora. Secoli e secoli, e solo nel presente accadono i fatti; innumerevoli uomini nell’aria, sulla terra o sul mare, e tutto ciò che realmente accade, accade a me…”

Da Heidegger a Sloterdijk: la tecnica come destino

Nonostante il carattere inquietante di questo processo, Sloterdijk non condanna l’evoluzione tecnologica. Nel tentativo di approfondire l’analisi della relazione uomo-tecnica, la sua attenzione è rivolta ad Heidegger. Nella Lettera sull’umanismo, testo heideggeriano del 1947, leggiamo:

Nell sua essenza la tecnica è un destino, nella storia dell’essere. […]  In quanto forma della verità la tecnica ha il suo fondamento nella storia della metafisica.

Heidegger giunge alle soglie di un rovesciamento della logica mezzi-fini. La tecnica non è più da intendersi come un prodotto dell’uomo. Con Heidegger, oltre Heidegger possiamo affermare che  l’uomo è un prodotto della tecnica. Nel saggio La domesticazione dell’essere, Sloterdijk commenta le parole di Heidegger scrivendo:

L’humanitas dipende dallo stato della tecnica.

La tecnica condiziona ciò che l’uomo è e può divenire, rappresentandone il potenziale evolutivo. La cibernetica, le biotecnologie e la genetica offrono all’uomo nuove possibilità di realizzazione. L’uomo contemporaneo è  ‘’l’uomo operabile’’ che può intervenire su di sé in modo auto-manipolatorio. Dai trapianti d’organo alla terapia genetica, dalla clonazione alle sostanze nootrope, egli può ‘‘plasmare la propria forma’’ scegliendo fra una pluralità di antropotecniche possibili. 

Con l’umanesimo, oltre l’umanesimo

Se da un lato l’educazione di stampo umanistico ha rivelato i suoi limiti di fronte al principio dell’informazione, dall’altro è nell’epoca attuale che il programma umanistico trova pieno compimento. Il concetto cinquecentesco di uomo ruota attorno alla rivalutazione dell’individuo. Ad essere celebrata è la sua autonomia, intesa come capacità di plasmare se stesso ed il proprio destino. Nell’Oratio de hominis dignitate, uno dei manifesti dell’Umanesimo del 1486, Pico della Mirandola affermava:

Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché di te stesso quasi libero e sovrano artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai, secondo il tuo volere, rigenerarti nelle cose superiori che sono divine.

Il filosofo rinascimentale proponeva una reinterpretazione della massima di Appio Claudio Cieco secondo la quale homo faber ipsius fortunae ( ”l’uomo è artefice della propria sorte”).  L’odierno proliferare delle biotecnologie in area medica mostra tutta l’attualità di questa affermazione. Nostro compito è chiederci in che misura l’uomo può e deve intervenire nei processi biologici al fine di modificare le proprie condizioni di vita.

Sloterdijk e l’omeotecnica: una proposta per il futuro

L’immagine della tecnica che ci è stata tramandata non è più adatta a descrivere lo status in cui essa oggi si trova. Tradizionalmente si intende con ”tecnica” l’insieme degli strumenti utilizzati dall’uomo per agire sulla natura, modificandola e assoggettandola. Tuttavia lo sviluppo della tecnica è attualmente giunto al punto in cui non è possibile distinguere fra soggetto agente e materia grezza. Nei confronti delle ‘’intelligenze incarnate’’ l’uomo non può più assumere un atteggiamento padronale. La loro evoluzione sembra seguire una logica parallela allo sviluppo dei soggetti.

Stiamo assistendo ad una trasformazione epocale. Pertanto, “le partiture genetiche non collaborano durevolmente con i violentatori, così come i mercati aperti non si conformano al capriccio del signore”.  Ciò significa che i rapporti fra uomini e fra uomini e cose dovranno essere costruiti come forme di cooperazione fra intelligenze.  Sloterdijk, infatti, scrive:

[…] l’immagine della tecnica che ci è stata tramandata come eteronomia e schiavizzazione di materie e persone, perde sempre più ogni plausibilità. Stiamo diventando testimoni di una forma di operatività non padronale che sta nascendo grazie alle tecnologie intelligenti e per la quale proponiamo il nome di omeotecnica. […]
La società futura è dunque condannata alla fiducia.

Martina Dell’Annunziata

Bibliografia

Giovanni Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità dell’uomo, a cura di E. Garin, Vallecchi 1942.

P. Sloterdijk, Non siamo ancora stati salvati. Saggi dopo Heidegger, Bompiani, Milano 2004.

M. Heidegger, Lettera sull’umanismo, a cura di F. Volpi, Adelphi, Milano 1995.

Fonte:

l’immagine di copertina è tratta dal sito: http://nextsw.it/bot-interfacce-conversazionali-futuro-interazione-uomo-macchina/