Insidie del linguaggio: Bacone contro la vaghezza

Bacone
Bacone ritratto dal pittore fiammingo Pourbus, 1617

Francesco Bacone, filosofo inglese vissuto tra il XVI e il XVII secolo, fu tra i padri fondatori del nuovo pensiero scientifico e difese strenuamente il metodo induttivo. Egli si espresse anche a proposito del linguaggio: inserendo la discussione sulla lingua nel nuovo contesto scientifico, la sua proposta portava alla luce la necessità di una lingua tecnica e specializzata, con la quale si potesse parlare dei fenomeni fisici senza ambiguità.

Linguaggio e filosofia

Le dissertazioni sul linguaggio sono state, fin dal mondo greco, argomento privilegiato della filosofia: già prima che Platone pubblicasse il suo Cratilo la questione più dibattuta era il convenzionalismo (o meno) del linguaggio; ci si domandava che relazione ci fosse, ammesso che ci fosse, tra natura della cosa e nome atto a designarla. Ad oggi, grazie alla globalizzazione, la possibilità di entrare in contatto con lingue estramamente diverse dalla nostra permette anche solo intuitivamente di constatare l’arbitrarietà della lingua.

Risulta molto più interessante, allora, interrogarci su un’altra questione: è utile che il “codice lingua” differisca dal codice matematico? Premesso che una lingua debba anzitutto essere funzionale, qual è il guadagno nella sua equivocità e vaghezza, nel suo porre relazioni plurivoche tra significanti e significati? Non sarebbe forse più comodo un linguaggio perfettamente chiaro e comprensibile, in cui ad una sola espressione corrisponda un unico contenuto e, viceversa, ogni realtà “esprimibile” sia concretamente associata ad un’unica forma, proprio come proponeva Bacone?

Bacone e gli idoli della mente

Nella pars destruens del Novum Organum (si noti la somiglianza con l’Organon: l’intenzione era di proporre un’alternativa metodologica alla filosofia aristotelica) Bacone intende distruggere i pregiudizi radicati nella mente umana. Tali pregiudizi, chiamati idoli (false immagini), sono di quattro tipi:

  • gli idola tribus, connaturati alla natura umana, consistono in una distorta percezione del mondo, ad esempio la convinzione che la natura sia molto più armonica di quello che realmente è;
  • gli idola specus, relativi al singolo individuo, dipendono dall’educazione, dalle abitudini e dai casi fortuiti in cui ciascuno viene a trovarsi;
  • gli idola theatri derivano dalle (errate) dottrine filosofiche del passato;
  • gli idola fori sono strettamente legati al linguaggio.
Bacone
Frontespizio del “Novum Organum Scientiarum”

Procediamo ad analizzare gli idola fori, che in inglese suonano come idoli del mercato (idols of the marketplace): essi sono infatti generati dalle convenzioni umane necessarie ai rapporti tra uomo e uomo, come appunto gli scambi commerciali. Da questa precisazione sulla denominazione possiamo già ricavare due informazioni fondamentali: Bacone considera la lingua una convenzione necessaria ed essa è, al momento presente, inadeguata.

…ma gli idoli del mercato sono i più insidiosi di tutti – idoli che si sono insinuati nella comprensione umana attraverso l’alleanza tra parole e nomi. Infatti, gli uomini credono che sia la ragione a governare le parole; ma è anche vero che le parole hanno effetti sull’intelletto; ed è questo che ha reso la filosofia e le scienze sofistiche ed inefficaci.

Secondo Bacone le parole si ritorcono contro l’intelletto, generando dispute verbali lunghe e insolubili. Esse sembrano evocare concetti che non coincidono con alcuna realtà, oppure sono ambigue perché non hanno un unico referente, ma una pluralità di accezioni e connotazioni o, perfino, significati del tutto diversi tra loro. Il filosofo distingue infatti due tipi di idoli linguistici: i nomi di cose che non esistono e i nomi di cose che esistono, ma sono confusi e male determinati.

La proposta di Bacone e i suoi limiti

Come risolvere questa spinosa questione e assicurare una lingua perfettamente trasparente? Bacone propone un linguaggio puramente denotativo, costruito su una corrispondenza biunivoca tra segni e referenti, privo di qualunque elemento di ambiguità e non suscettibile di alcuna modifica. A differenza di altri studiosi inglesi dell’epoca (tra cui Thomas Sprat), convinti dell’esistenza di una lingua primigenia in cui gli uomini enunciavano un dato numero di cose con un numero quasi uguale di parole“, Bacone non propone il ritorno ad una condizione “edenica”, ma la costruzione di un linguaggio scientifico funzionale al suo progetto di rifondazione del sapere.

Torniamo adesso al nostro dilemma: perché accontentarci di una lingua ambigua e non accettare la proposta di Bacone? Ce lo spiega il noto linguista italiano Tullio De Mauro: se le parole avessero un significato rigido e definito una volta per tutte, come le cifre in matematica, sarebbe molto difficile scoprire nuove cose. La lingua, proprio grazie alla sua intrinseca equivocità, è infinitamente estensibile: si pensi che, proprio durante la rivoluzione scientifica, vecchie parole corrispondenti a vecchi concetti tolemaici, come ad esempio rivoluzione, furono re-interpretate e applicate ai contenuti della nuova scienza.

Chiaramente si tratta di un piccolo esempio che rimanda ad un discorso molto più ampio; in questa sede ci limitiamo a riflettere sui rischi di una proposta come quella di Bacone che, seppur utile in ambiti specialistici, distruggerebbe una delle ricchezze maggiori della creatività umana, cioè la possibilità di ridefinire costantemente i significati attraverso le forme utilizzate per esprimerli.

Maria Fiorella Suozzo

Fonti

Itinerari di filosofia, dall’Umanesimo all’empirismo, Abbagnano e Fornero;

Breve storia della semiotica, Omar Calabrese;

Storia della letteratura inglese a cura di Paolo Bertinetti;

Che cos’è una lingua, Tullio De Mauro.

sitografia: appunti per un percorso sulla filosofia del linguaggio