Albert Einstein e la teoria della relatività

Albert Einstein è forse il più famoso scienziato del 1900. Oggi lo ricordiamo soprattutto per la sua “teoria della relatività“. In questo articolo analizziamo i tratti salienti delle sue ricerche e il suo contributo alla storia del mondo.

La vita di Albert Einstein

Albert Einstein
Albert Einstein. Fonte foto: Wikimedia.org.

Albert Einstein nasce a Ulma, in Germania, nel 1879, da una famiglia di origine ebraica. Il piccolo Einstein trascorre l’infanzia in Baviera e, anche se non ama la scuola, trova interesse per la scienza grazie a una bussola regalatagli dallo zio e ad articoli divulgativi, come racconta nella sua autobiografia. In seguito, la famiglia trasloca a Milano e a Pavia. Poi, studia e lavora in un ufficio brevetti in Svizzera. Così, prosegue il suo studio della fisica e nel 1905 vedono la luce le prime pubblicazioni sul moto browniano, la teoria dei fotoni e la teoria della relatività.

Nel 1919 è già famoso, in quanto la contemporanea scoperta dell’incurvamento dei raggi luminosi in vicinanza del Sole conferma le sue teorie. In effetti, già nel 1909 tali teorie gli garantiscono la cattedra di fisica a Zurigo. Ma nel 1933 lascia l’Europa per l’America a causa della progressiva ascesa della dittatura tedesca. Albert Einstein resta negli Stati Uniti per il resto della sua vita fino al 1955, anno della morte. Come da sua volontà, le carte e gli averi appartengono ora all’Università ebraica di Gerusalemme.

Il moto browniano e la teoria dei fotoni

Il moto browniano prende questo nome dal botanico scozzese Robert Brown che, nel 1827, osserva col microscopio il movimento delle particelle di polline nell’acqua. Dunque, il botanico nota che il movimento è casuale, non dipende dalla corrente o dall’evaporazione. Perciò, ipotizza anche una matrice vitale, ma ripete l’esperimento con polvere di vetro e ottiene, contro la sua ipotesi, lo stesso risultato. Così, il mistero resta tale.

In seguito, il chimico francese Leon Gouy teorizza come causa il movimento degli atomi del polline, ma senza una formula in supporto. Albert Einstein definisce meglio il fenomeno: le molecole del polline urtano quelle dell’acqua, provocano calore, e da ciò deriva il movimento casuale degli atomi. La spiegazione di Albert Einstein del moto browniano funge da base della teoria sulla struttura atomica della materia, cioè l’esistenza degli atomi. Inoltre, la formula è applicata anche nell’economia e spiega la fluttuazione dei mercati finanziari.

Infine, accanto al moto browniano, Albert Einstein studia i fotoni. Il fotone è l’unità elementare della radiazione elettromagnetica. Ogni fotone possiede una propria frequenza di vibrazione e una lunghezza d’onda, e questi due fattori ne determinano la velocità. Così, la luce deriva dalla velocità dei fotoni. Albert Einstein ritiene per primo che la frequenza che caratterizza ogni radiazione elettromagnetica determina la separazione degli elettroni dal proprio atomo.

Dunque, la novità introdotta da Einstein consiste nell’affermazione che non solo le radiazioni elettromagnetiche assorbono energia, ma che le radiazioni stesse consistono in aggregati di particelle elementari di energia. Queste particelle elementari fino al 1926 hanno il nome generico di quanti (quantità elementare di una certa grandezza) e solo dal ’26 ricevono il nome di fotoni. Ma questa scoperta garantisce ad Albert Einstein il Premio Nobel per la fisica già nel 1921.

Galileo e Albert Einstein

Oggi, quando pensiamo ad Albert Einstein, non lo associamo subito al moto browniano e ai fotoni, bensì alla teoria della relatività. Ma questa associazione è solo parzialmente esatta. Innanzitutto, la teoria della relatività non consiste in un’unica formula. Piuttosto, raggruppa in sé diverse formule, e una parte non sono opera dello scienziato di Ulma. Infatti, il primo principio di relatività risale a Galileo, al 1600. Quest’ultimo afferma che a ogni sistema in cui vale il primo principio della termodinamica (“ciascun corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, salvo che sia costretto a mutare quello stato da forze applicate ad esso”) possiamo applicare l’equivalenza con un altro sistema basato sullo stesso principio. Perciò, ad esempio, gli intervalli temporali tra due eventi successivi sono gli stessi per tutti gli osservatori, dato che tutti gli orologi marciano con lo stesso ritmo.

Questo ragionamento, in apparenza inoppugnabile, entra in crisi già nel 1800. Infatti, gli scienziati scoprono che non trova applicazione nei fenomeni elettromagnetici, soggetti, questi, al sistema di riferimento utilizzato. Insomma, la legge di Galileo rientra nella meccanica classica, mentre l’elettromagnetismo sfugge a questa meccanica.

Così, Albert Einstein tenta una risoluzione a questa inconciliabilità con l’inclusione dei fenomeni elettromagnetici all’interno della meccanica classica. Il fisico afferma che la luce si propaga nel vuoto a velocità costante e indipendente dallo stato di moto della sorgente o dell’osservatore. Dunque, la luce (che, come abbiamo visto, fonda l’elettromagnetismo coi fotoni) è una costante indipendente dal sistema di riferimento.

Energia uguale massa per velocità della luce al quadrato

E = mc2 è un’altra immagine iconica del fisico di Ulma. Questa formula asserisce che vi è una relazione tra l’energia e la massa di un sistema fisico, e questa relazione è la velocità della luce. Cioè, ogni particella massiva, anche se non in movimento, possiede un’energia proporzionale alla sua massa. Pertanto, la formula va così letta: energia uguale massa per velocità costante della luce nel vuoto. Tuttavia, questa formula ha due interpretazioni possibili. Se con “m” intendiamo una massa a riposo, cioè in quiete, allora anche l’energia in questione è quella del corpo in quiete. Al contrario, se “m” indica una massa relativistica, cioè una massa soggetta a una variazione e dunque contempla il moto, non include, come è ovvio, l’energia di un corpo in quiete, che è pari a zero. Comunque, ciò che resta costante tra le due interpretazioni è il rapporto massa ed energia.

Dunque, siccome questa formula vale per qualunque tipo di massa, con essa possiamo sapere quanta energia sprigiona una determinata massa di uranio col decadimento dei suoi nuclei atomici. Cioè, prevediamo la potenza di una fusione nucleare. Questo particolare fenomeno ha la seguente formula che, come appare evidente, è modellata su quella già trattata: ΔE = Δmc2

La teoria della relatività: implicazioni

«La teoria della relatività è spesso criticata perchè attribuisce un ruolo centrale alla propagazione della luce, in quanto fonda appunto il concetto di tempo sulla legge di tale propagazione. La questione, tuttavia, va posta in termini diversi. Allo scopo di dare un significato fisico al concetto di tempo, sono necessari dei processi che consentano di stabilire delle relazioni tra punti differenti.  […] I dati spazio-temporali hanno un significato fisico reale, e non meramente fittizio.»

Albert Einstein
Illustrazione della teoria della relatività “ristretta”: la luce si propaga nel vuoto a velocità costante indipendentemente dallo stato di moto della sorgente o dell’osservatore. Fonte immagine: Wikipedia.org.

Così Albert Einstein introduce la sua teoria più celebre. Ma qual è il motivo di tale notorietà? Come scrive Emanuele Vinassa de Regny, la teoria della relatività unifica i due tradizionali concetti fisici di spazio e tempo in un unico concetto spazio-temporale. La materia, fin dall’antichità, era la “sostanza”, mentre “spazio” e “tempo” erano la “forma” della sostanza. In effetti, ogni scienza, almeno fino ad Einstein, fonda i propri principi su questo modello. Cioè, ogni fenomeno è caratterizzato dalle variabili dello spazio e del tempo.

Eppure, il fisico nota che ognuno vive certe percezioni in modo diverso, mentre la scienza tiene conto solo di quei dati che riguardano tutti. In quanto tali, i concetti e i sistemi logico-scientifici hanno la funzione di rappresentazione delle esperienze comuni, ma non hanno, in realtà, alcuna legittimità. Infatti, la realtà non è «né quella del punto dello spazio né quella dell’istante di tempo in cui qualcosa accade, bensì solo quella dell’evento stesso». Dunque, il tempo e lo spazio non sono fattori assoluti; la loro relazione è assoluta, ma non è influenzata dalle condizioni fisiche. Perciò, è possibile trattare il rapporto spazio-tempo in modo scientifico, ma con parametri diversi da quelli della scienza classica.

Tra fisica e filosofia

Albert Einstein è un fisico, ma nel suo pensiero c’è anche tanta filosofia. In effetti è lo stesso Einstein che ammette il suo interesse per filosofi come Spinoza, Hume e Lucrezio, e su quest’ultimo scrisse anche un breve testo.

Il suo “atteggiamento filosofico”, come spesso definito, ha come obiettivo la semplificazione della conoscenza. La sua formula massa per velocità è tuttora una delle più brevi e semplici e tenta una comprensione più esatta dei fenomeni reali dei principi elaborati in precedenza. Nonostante i risultati raggiunti, comunque, Einstein mantiene viva la domanda intorno ai quesiti rimasti irrisolti, come quelli sui numeri quantici, e invita a proseguire la ricerca.

La bomba atomica

Se ricordiamo Albert Einstein per la formula “massa per velocità”, oggi lo associamo anche alla bomba atomica. Infatti, senza la formula di questo fisico non avrebbe potuto esistere neanche la “bomba A”, simbolo della conclusione della seconda guerra mondiale. Non solo: Einstein firma una lettera indirizzata al Presidente degli Stati Uniti Roosevelt nel 1940 in cui esorta la produzione di questa bomba, nel timore che i nazisti facciano lo stesso.

Eppure, il fisico non ama affatto la guerra e la violenza. Nel 1914, all’indomani del conflitto mondiale, firma un manifesto con altri scienziati contro la guerra e pro un’Europa unita e pacifica. L’esortazione a Roosevelt ha come obiettivo scongiurare la vittoria dei nazisti, nella convinzione che anch’essi avrebbero prodotto bombe atomiche, e condanna l’uso fattone poi dall’America. Inoltre, nel 1955 redige una lettera aperta con Bertrand Russell e altri scienziati a favore del disarmo nucleare e di una conferenza internazionale riguardante la pace.

Albert Einstein
Fungo atomico causato dall’esplosione della bomba sganciata su Nagasaki. Fonte foto: Wikipedia.org

In più, è famoso il carteggio, che ha oggi il nome “perché la guerra?“, tra Albert Einstein e Sigmund Freud. La lettera è una proposta dell’Istituto internazionale di cooperazione intellettuale. Così, il fisico sceglie come destinatario il padre della psicanalisi. In questa lettera, Einstein chiede a Freud se c’è un modo per condizionare la psiche umana in modo da evitare l’odio e la distruzione. Inoltre, propone un sistema sovranazionale per il rispetto della legge e del tutto neutrale.

Insomma, il rapporto che lega Albert Einstein e bomba atomica diviene oggi una lezione per l’umanità e dimostra come la conoscenza diventa un’arma se adoperata per la distruzione.

Luigi D’Anto’

Bibliografia

A. Einstein, Il significato della relatività, a cura di E. Vinassa de Regny, Newton Compton, 2009.

Sitografia

Lettera di Einstein a Freud e risposta di Freud sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici.

Manifesto Russell-Einstein, tradotto in italiano.

Nota: la fonte dell’immagine di copertina di questo articolo è Loc.getarchive.net.