Il corpo è l’uomo. Questo è l’esito di una riflessione di Giacomo Leopardi, iniziata nel momento in cui il poeta si distacca dalla tradizione religiosa familiare e dalla contemporanea cultura romantica.
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Ma il passaggio dalla celebrazione dell’anima a quella del corpo non è legato per Leopardi solo ad una conversione “intellettuale”.
Alla base del suo materialismo c’è sopratutto esperienza personale: l’aver sacrificato istinti e salute nello studio. Troppo tardi si è accorto della perdita del corpo e di ogni possibilità di felicità.
Ragioni biografiche ed esistenziali trovano dunque un punto di riferimento ideale nel pensiero illuminista e spiegano la centralità che il problema dell’infelicità dell’uomo ha nel pensiero di Leopardi.
La felicità è vivacità di pulsioni, di stimoli vitali, slancio di passioni.
L’infelicità invece è legata all’abitudine, che fa sì che la vivezza delle impressioni a poco a poco perda di intensità.
La felicità di cui parla Leopardi è un piacere materiale e sensibile, non un aldilà inconoscibile come quello promesso dal cristianesimo. Ogni facoltà dell’uomo, il pensiero come il respiro, è confinata interiormente entro i limiti della materia.
Leopardi sviluppa la base contemporanea dell’immaginazione e della poesia. Sottolinea l’importanza tra un rapporto tra uomo e natura all’origine di ogni creazione artistica.
La poesia ha la funzione di ristabilire l’antica unità, l’armonia universale che la ragione moderna ha distrutto.
Gli anni dal ’19 al ’23 segnano la svolta verso un materialismo e un pessimismo sempre più radicali.
L’aggravarsi della malattia ( probabilmente tubercolosi ossea ) dette a Leopardi una percezione particolarmente acuta del condizionamento che la natura esercita sulla vita dell’uomo. L’infelicità umana è anzitutto un’infelicità fisica, basata su mali ineliminabili. La malattia, la vecchiaia, la morte.
Soccombe la visione di una natura buona, che ha sentimenti, volontà e fini. Il male non è più giustificato come accidente storico. Leopardi aderisce ora ad una concezione scientifica. Natura come movimento di creazione e distruzione della materia.
Il dolore e il male, indistintamente di tutte le creature, diventano elementi necessari alla conservazione dell’equilibrio cosmico. L’infelicità è ineliminabile. Inoltre rifiuta ogni nozione di spirito opposto alla materia: la materia stessa è sensiente e pensante: non esiste l’anima, ma il cervello. Niente esiste al di fuori dell’esistenza materiale
La ragione diventa strumento di polemica contro il presente e la fede nelle magnifiche sorti progressiste.
“Il corpo è l’uomo“, afferma Tristano nel “Dialogo di Tristano e di un amico” (1824).
Tristano denuncia l’educazione moderna, che non si degna di pensare al corpo, cosa troppo bassa e abietta. Pensa allo spirito e appunto, volendo coltivare lo spirito, rovina il corpo. Senza avvedersi che rovinando questo, rovina soprattutto proprio lo spirito.
Ma non basta una semplice riforma della scuola. Bisogna mutare radicalmente lo stato moderno della società. Questo implica una nuova etica, che si opponga alla tradizionale ascetica e cristiana, contro la quale Leopardi aveva polemizzato già nel 1820 in alcuni passi dello Zibaldone.
Nadia Rosato
Fonte: Giacomo Leopardi, Operette morali.
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