Storia del Cinema di Hollywood

Il documentario: il genere dalle straordinarie potenzialità espressive

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Dal momento in cui il film a soggetto, con il lungometraggio, ha preso il sopravvento sulle altre forme narrative, gli altri modelli (il documentario o anche i cinegiornali e i disegni animati) passano in secondo piano.

Infatti, nel cinema classico, nella maggior parte dei casi la proiezione del lungometraggio di finzione è preceduta da quella di altri film: un documentario, un cinegiornale o una breve comica.

In questo modo si è posto il lungometraggio di finzione in una situazione centrale e di primaria importanza rispetto alle altre forme narrative.

Il documentario, una definizione

Il documentario (che solitamente rientra tra le forme narrative del non-fiction) è un prodotto audiovisivo in cui gli elementi narrativi (la storia, il contenuto) e quelli espressivi (gli attanti) sono colti dalla realtà e non c’è, quindi, un procedimento di costruzione artificiale.

Tuttavia, appare ora necessario sottolineare una problematica specifica di questo genere: quanto di ciò che si vede in un documentario è davvero aderente alla realtà (o è reale)?

Il rapporto tra reale e finzione è solitamente problematico al cinema: un film (anche nella forma documentaristica), il suo contenuto e la sua struttura non può essere né paragonata alla realtà (alla realtà tout court) né può essere indicato come “solo” finzione, mera rappresentazione. Il falso, al cinema, ha un’immediatezza e una potenza tale che tende, inevitabilmente, a confondersi con il reale, a legarsi a esso.

Ciò che deve essere chiaro è che anche nel documentario, le persone riprese stanno comunque recitando: hanno la consapevolezza di essere osservati dalla macchina da presa e per questo i loro gesti (seppur colti nella loro quotidianità) ne sono inconsapevolmente e involotariamente modificati.

La storia del documentario

Partendo dalla considerazione che il cinema nasce come strumento di registrazione del reale: i primi filmati Lumiére sono dei piccoli video nei quali si coglie la vita della borghesia di provincia di fine Ottocento. Ma anche quando gli operatori Lumiére escono dai confini francesi, sono mossi da un intento sostanzialmente documentaristico: si limitano a posizionare la macchina da presa in un determinato punto e a impressionare sulla pellicola immagini tratte dal mondo reale (eventi sportivi, parate militari…).

Tuttavia, nel cinema delle origini, non c’è una netta distinzione tra cinema fiction e non-fiction: i “pacchetti” previsti dai programmi delle proiezioni cinematografiche di inizio Novecento sono misti (ci sono comiche, piccoli melodrammi e eventi reali). Inoltre, è famoso il caso de L’incoronazione del Re d’Inghilterra Edoardo VII (1902, G. Méliès), in cui si mette in scena l’incoronazione del sovrano britannico prima ancora che la cerimonia abbia avuto realmente luogo.

Le potenzialità espressive (e politiche) del documentario, comunque, non sono state sottovalutate non solo da autori cinematografici del calibro di Robert Flaherty, Dziga Vertov, John Grierson e Joris Ivens ma anche da personalità politiche come Hitler (del cinema di propaganda si parlerà più specificatamente in un prossimo articolo della rubrica), il quale, durante la sua dittatura, non ha mancato di interesse nei confronti del cinema.

Comunque, nonostante il documentario (inteso come filmato dal valore didattico che ha soprattutto la finalità di mostrare genti e luoghi lontani) sia antico come il cinema stesso, è solo nel corso degli anni Trenta che si diffonde l’uso del termine documentario così come viene comunemente inteso ai giorni nostri.

Il termine documentario passa dall’essere aggettivo qualificativo a sostantivo per la prima volta in un articolo del New York Sun del 1926, in cui John Grierson scrive della presentazione pubblica del film L’ultimo Eden di Robert Flaherty.

Nel corso dei prossimi articoli ci si dedicherà ad illustrare più dettagliatamente non solo le caratteristiche proprie di alcuni documentaristi che hanno fatto la storia del cinema, ma anche delle finalità (e i modi) diverse che di volta in volta il documentario stesso ha assunto.

Cira Pinto

Bibliografia essenziale:

·         Introduzione alla storia del cinema, P. Bertetto.

·         L’avventura del cinematografo, S. Bernardi.

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Cira Pinto

Cira Pinto, nata a Torre del Greco l'8 dicembre del 1990. Cresciuta tra le videocassette Disney e le ginestre che tanto hanno ispirato Leopardi, decide il suo futuro accademico guardando ''Biancaneve e i sette nani''. Laureata al corso di laurea magistrale in Filosofia presso l'Università di Napoli Federico II con una tesi in Filosofia Morale dal titolo ''Il cinema come arte del tempo. l'analisi deleuziana, tra classicità e modernità''. Ha frequentato il corso di Analisi e critica cinematografica e quello di Sceneggiatura alla scuola di cinema, televisione e fotografia Pigrecoemme. Collabora con LaCOOLtura da gennaio 2015.

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