In qualsiasi cartolina, l’Italia ha un’immagine ben precisa: sole, pizza e mandolino. Quello che all’estero non sanno, è che queste non sono caratteristiche comuni di tutta la penisola, ma nello specifico della città di Napoli. È impossibile trovare qualcuno che non abbia sentito almeno una volta il ritornello di “O’ sole mio” o di “O’ surdato ‘nnammurato”, canzoni famosissime che hanno tracciato il profilo della musica italiana del XX secolo. La canzone napoletana, però, ha origini molto più antiche.
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Già ai tempi della fondazione di Napoli (V secolo a.C), nel periodo della semina e dei raccolti si era soliti intrattenersi con particolari canzoni e danze popolari, ancora oggi ricorrenti nella famosa “Tammurriata“, ballo popolare praticato tutt’oggi in locali tipici dei paesi vesuviani.
I primi canti popolari – componimenti del popolo, tramandati oralmente per generazioni- risalgono al 1200, ai tempi di Federico II di Svevia. Mentre fondava l’Università degli Studi di Napoli, dal quartiere Vomero si intonava un canto per invocare il sole “Jesce sole, jesce sole, nun te fa cchiù suspirà!” (“Sorgi sole, sorgi sole, non farti desiderare ancora“).
Boccaccio, nel ‘300, ci dà testimonianze delle canzoni che aveva ascoltato a Napoli durante il suo soggiorno.
Tra il ‘400 e il ‘500, invece, vi sono importanti novità: Re Alfonso d’Aragona incoraggiava le attività artistiche, e quando il dialetto fu elevato a lingua del regno, i vari generi di composizione iniziarono ad essere creati in lingua napoletana. Venne fondata la prima scuola di musica, che contribuì alla trasformazione di questo genere. Nasce, così, la villanella, componimento rustico basato sull’intonazione di tre voci a cappella. In breve tempo diventerà il genere musicale più diffuso in Europa.
Nel ‘600, dopo il tramonto della villanella, nasce il melodramma: l’opera lirica si afferma sempre di più, mentre la villanella va ad esaurirsi, in quanto genere troppo comune. Venne alla luce una canzone che ancora oggi si fa ascoltare con piacere: “Michelemmà”, attribuita a Salvator Rosa e facente parte del genere della “Tarantella“.
Non tutti sanno che il concetto di “cover” musicale nasce a Napoli in questo periodo, dove le canzoni più antiche ritornavano in voga grazie al lavoro dei musicisti del ‘700 napoletano. Vi è da annotare che alla fine di questo secolo la Tarantella venne proclamata come “ballo nazionale”, grazie a gruppi che ne favorirono la diffusione andando il giro per l’Italia. È di questo periodo la famosissima tarantella “ ‘O guarracino”.
Nell’800 ci furono due elementi che hanno consentito la propagazione di questo nuovo genere musicale:
Agli inizi del ‘900 fu imposta una tassa del governo sulla canzone napoletana. Così i napoletani idearono un escamotage per non pagare l’imposta. Nasceva la “sceneggiata“, uno spettacolo teatrale composto soprattutto da canzoni. Nella prima metà di questo secolo, la canzone fu oggetto di inclusione di temi decadentisti o pessimisti. Qui fu posta la pietra miliare per la nascita della vera e propria canzone classica napoletana.
Pseudonimo di Antonio De Curtis, Totò nacque a Napoli nel 1898. È stato uno dei più grandi attori napoletani, ma non rimane ignoto il suo ruolo di cantautore. Ha scritto, infatti, una delle canzoni più famose della città partenopea, resa tale dal film “Totò, Peppino e la malafemmena“.
“Malafemmena“: È scritta in napoletano. Parla di un amore contrastato per una malafemmena, che in questo caso assume il significato di donna affascinante ma insensibile, malvagia, che genera sofferenza: indifferente alle pene d’amore che infligge al proprio innamorato. Pare che la musa ispiratrice fosse l’attrice Silvana Pampanini.
Renato Carosone nasce a Napoli nel 1920. È uno dei volti più famosi della canzone napoletana del secolo scorso.
La sua prima raccolta di dischi si chiama “Carosello Carosone“, che contiene i testi più conosciuti, tra cui ricordiamo:
Nino D’Angelo nasce a Napoli nel 1957. Attore, sceneggiatore e cantautore, dà inizio alla moda dei “neomelodici” napoletani. Ricordiamo alcuni testi:
Pino Daniele nasce a Napoli nel 1955. Considerato il re della musica napoletana, quando è morto nel 2015 ha lasciato un vuoto incolmabile nel cuore dei suoi fan. Chitarrista blues, ha collaborato con moltissimi artisti di prestigio, tra i quali Franco Battiato, de Gregori, Lucio Dalla e altri. Ha composto le colonne sonore di molti film di successo, tra cui “Ricomincio da tre” di Troisi o di “Amore a prima vista” di Salemme. Tra le canzoni più famose ricordiamo:
Moltissimi emigranti, andando in America, hanno esportato parte della nostra cultura, della cucina e delle nostre canzoni, ma non è l’unico motivo per il quale la canzone napoletana è così conosciuta internazionalmente.
Non è raro infatti trovare musiche italiane cantate in film americani, o trovare americani che conoscono a memoria “O sole mio” cantata addirittura grande voci come Elvis Presley, Frank Sinatra e Elton John.
Questa canzone, come molte altre, è stata cantata in tutto il mondo. Chiunque si trovasse a fare un viaggio, accennando le prime parole del ritornello, troverebbe un coro improvvisato con diversi accenti.
Un altro motivo che ha portato la crescita della canzone napoletana, è stata la festa di Piedigrotta, nel 1830. Era una vera e propria istituzione che ospitava gare musicali. Da qui sono diventate famose canzoni come “Te voglio bene assaje” o “Funiculì funiculà“.
Moltissimi inglesi o americani hanno composto canzoni prendendo ispirazione dalla canzone napoletana. Ricordiamo uno dei più grandi successi di Elvis Presley “It’s now or never” ispirato alla base di “O’ sole mio“. Oppure “That’s amore” di Dean Martin, nella quale troviamo parole come “pasta e fasule” o “vita bella” o “tarantella“.
Composta da Giovanni Capurro nel 1898, scritta sul quotidiano Roma, e affidata all’arrangiamento musicale di Eduardo di Capua.
” […]Ma n’atu sole
Cchiu’ bello, oi ne’.
‘O sole mio
Sta ‘nfronte a te!
‘O sole, ‘o sole mio
Sta ‘nfronte a te!
Sta ‘nfronte a te! […]”
Caruso è una canzone del cantautore Lucio Dalla, incisa nel 1986. Il cantautore, in seguito ad un gusto alla propria imbarcazione, dovette soggiornare in un albergo a Sorrento, nella stessa stanza che anni prima aveva ospitato Enrico Caruso. Da qui ebbe l’ispirazione per scrivere il brano.
“[…]Te voglio bene assaje
Ma tanto tanto bene sai
È una catena ormai
Che scioglie il sangue dint’ ‘e ‘vvene sai […]”
“[…] Oje vita, oje vita mia
oje core ‘e chistu core
si’ stata ‘o primmo ammore
e ‘o primmo e ll’urdemo sarraje pe’ me! […]”
Ilaria Guardasole
Sitografia:
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