Alfonso V d’Aragona e la casta donzella

Era il 1442 quando la lunga ed estenuante lotta e rivalità fra Angioini ed Aragonesi giunse ad un compromesso. Alfonso V, monarca di Aragona e di Sicilia, salì al trono come re di Napoli, titolo attribuitogli con il consenso di papa Eugenio IV. Dopo oltre tre secoli si realizzava di nuovo il tanto atteso ed agognato progetto di unificazione dell’Italia meridionale. Sebbene complessa fu la conquista e l’organizzazione della città, a causa della difficile politica degli equilibri e la presenza del baronaggio locale, Alfonso V seppe consolidare il suo potere ed incrementare il prestigio della sua dinastia, scegliendo Napoli come residenza reale e capitale del suo regno.

Alfonso V d’Aragona e Lucrezia d’Alagno

Alfonso V d'Aragona
Moneta coniata con l’immagine di Alfonso d’Aragona

Alcune Cronache del Quattrocento raccontano e descrivono la liberalità e lo sfarzo della corte reale, soffermandosi a riportare indiscrezioni e notizie sulla vita privata del re aragonese. Si racconta, infatti, che tra le contese e le divergenze politiche e burocratiche, Alfonso V si dedicò ad un’intensa e segreta relazione d’amore con una donna più giovane.

Il sovrano nel 1448, alla matura età di cinquant’anni, iniziò a nutrire una profonda passione per la figlia del suo capitano, Cola d’Alagno, primo feudatario del Casale di “Torre dell’Annunciata”. Lucrezia era una bella giovane napoletana, amata e venerata per la sua giovinezza e temperanza dai poeti del tempo. La “casta donzella” suscitava ardimento e passione in molti uomini del regno.

Il re Alfonso, separato dalla moglie Maria di Castiglia, intraprese la relazione d’amore con la sua amante appena diciottenne. Non si dispongono prove o documentazioni sulla presunta storia d’amore del Magnanimo, ma le cronache del tempo raccontano ancora di quanto il re fosse leale e di quanto la virtù e la bontà della ragazza fosse apprezzata in città.

Alfonso V d'Aragona
Alfonso V d’Aragona

Testimonianza singolare può essere considerata l’opera di Loise de Risa, “Ricordi”, che frequentava la casa del capitano Cola d’Alagno. Si racconta ne i Ricordi che la bella Lucrezia, durante i ragionamenti e le lunghe discussioni con il caro padre, confidava le sentite ed intense promesse e testimonianze d’amore che il sovrano di Napoli le rivolgeva. La donna, sognante nella sua giovinezza, credeva al suo signore ma viveva secondo l’ideale della lealtà; dunque, l’amore, se leale, doveva essere privato della vergogna e ripulito dai pregiudizi. Il sogno d’amore vero doveva coronarsi con il matrimonio finale.

Alle sognanti parole della sua giovane amante, Alfonso sorrideva e prometteva che, dopo la morte della consorte Maria, l’avrebbe sposata: avrebbe ordinato che tutto il paese fosse addobbato a festa per celebrare nel lusso e nello sfarzo le nozze. Lucrezia, che agognava il matrimonio reale e ancora di più la corona di Napoli, con il consenso del futuro marito, progettava di rivolgersi al pontefice Callisto III per incitare lo scioglimento del matrimonio, vincolo legale che aveva perso qualsiasi valore, relegandosi a semplice funzione di “contratto d’affari”.

Un triste epilogo: la morte e l’esilio

Alfonso V

Come racconta spesso la storia, re e papi modificano le leggi a loro piacimento. Bene presto, nel 1457 Madama Lucrezia si recò a Roma a colloquio con il pontefice. La donna ottenne un rifiuto e le sue aspettative andarono deluse. Il pontefice, come si narra, sosteneva che il re Alfonso V fosse caduto vittima di qualche magia o stregoneria ardita da Lucrezia ai danni della corona. Il sovrano insospettito ordinò che si indagasse su ogni fattucchiera della città.

Le indagini diedero esito negativo. Inizialmente delusa, Madama Lucrezia ritrovò la fiducia nel suo amato che le mostrò le giuste attenzioni, regalandole doni preziosi e organizzando a corte banchetti e feste lussuose in suo onore.

Nonostante le controversie, la relazione d’amore continuò. Rimaneva solida e salda la speranza delle nozze riposta nella morte della malata consorte del re. Ma talvolta, la fortuna, cieca bersagliera, colpisce la sorte, sottraendole la speranza. A spegnersi, invece, nel giugno del 1458, fu il re Alfonso V d’Aragona.

“Cussì èi lo omo. La sera èi vivo, et la matina èi muorto. Abitatore de piczolo tiempo.”

Alfonso v d'Aragona
Lucrezia d’Alagno

Pochi mesi dopo la morte del monarca aragonese, moriva anche la regina e consorte reale Maria di Castiglia. Il trono vide festeggiare un nuovo sovrano, il figlio naturale del defunto monarca. Ferdinando I, diversamente dal padre, non era passionale e compassionevole.

La crescente ostilità e probabilmente l’odio dei confronti della donna, che per anni era stata l’amante del padre e che agognava la morte della madre per salire al trono nel ruolo di regina di Napoli, spinsero Ferdinando a costringere Madama Lucrezia ad un doloroso e solitario esilio.

Triste la fine e ancora più triste la storia narrata. L’amore tanto agognato e sognato, in segreto vissuto e da molti invidiato, non godette mai della felicità e dell’appoggio di tutti. Il vecchio re morente e la sua giovane e dolce amante videro sfumare nel tempo il loro proibito e impossibile sogno d’amore.

Valentina Labattaglia

Bibliografia:

  • Cronache del Quattrocento – “Ricordi” di Loise de Rosa
  • “Dulcis Parthenope – Napoli tra leggende e storia”, Mario Testa, Rolando Editore