Matronnola: simbologia dello scarabeo verde portafortuna

Scarabeo è il termine generico con cui si indicano i coleotteri appartenenti alla famiglia degli Scarabeidi e, tra i quali, ritroviamo il simpatico maggiolino verde che, etimologicamente, prende il nome dal mese di maggio, durante il quale è più facile trovarlo, detta anche, in diversi dialetti del sud, “matronola”.

Lo scarabeo verde, dal colore verdastro cangiante e dai riflessi arcobaleni, vive nei boschi, giardini e parchi; frequente  in fiori come la rosa o nelle cd. “parmacocole”, arbusti dal fiore bianco-giallognolo.

Un tempo esso costituiva momento ludico e trastullo dei bambini che lo ricercavano tra la vegetazione campestre e, legandogli le zampette con del filo da cucito, si divertivano a vederlo volare come se fosse un piccolo, minuscolo aquilone vivente da librare in aria con tutto il fascino del suo ipnotico colore iridescente. Veniva poi liberato e lasciato andare dopo aver ripetuto queste parole: “Matronela, matronela mia, rimme la messa pe’ l’anema mia”, e si esprimeva un desiderio.

Chiamato anche Cetonia dorata per la sua colorazione metallica, non ha un’etimologia ben precisa ed è anche riconosciuto più comunemente come “Lazzera” “Zera Mulosa”, “Zilla”, “Zuarella” o “Zimadora”. In Toscana è chiamato “Gazzilloro” o “Zigalloro”; in Veneto “Cocca d’oro”; nelle Marche “Zizza” o “Moscardoro”; in Versilia “Pavia”; nella provincia di Bergamo “Pignata”; in Campania “Matronnola”.

Il maggiolino

Scarabeo
Maggiolino

Tra gli scarabei, il maggiolino è quello più comune.

In passato, si sono registrate vere e proprie invasioni di “matronnole”, come nel ‘600 in Irlanda dove vi fu una carestia che portò il popolo a nutrirsi di questi insetti.

Nel Medioevo, addirittura, si racconta che queste bestioline venivano portate in tribunale e messe sotto processo per i danni causati alla campagna.

Attualmente questo tipo si scarabeo è sempre meno frequente da incontrare, per via dell’ inquinamento causato da diserbanti e insetticidi.

Il naturalista Linneo lo denomina scientificamente come “Melolontha” e nelle “Nuvole” di Aristofane c’è un chiaro riferimento a questo animaletto, dove la fantasia viene equiparata ad una cetonia che il fanciullo lega facendola vibrare nell’aria.

In Svezia, esso viene chiamato “Ollonborre” che appunto sta per: “maggiolino”.

Scarabeo sacro nell’ antico Egitto

Scarabeo
Scarabeo del cuore- Egizi

Presso gli antichi Egizi, lo scarabeo era concepito come un insetto sacro, simbolo e metafora di vita, creatività, virilità e rinnovamento.

In esso era racchiuso il movimento solare, il continuo passaggio del Sole da est a ovest in un andamento auto-rigenerativo.

Portafortuna ed elemento magico, veniva raffigurato in molti contesti e riscontrato nella manifattura di svariati amuleti.

Lo scarabeo aveva una forte valenza religiosa e, per questo motivo, collocato sulle porte dei templi in segno di protezione, o anche impiegato in riti di sepoltura per difendere dal male e dalle forze negative l’anima del defunto. In questo ambito, si parla, infatti, dello “scarabeo del cuore”, ovvero: tra le fasciature del corpo mummificato, veniva posizionato uno scarabeo che avrebbe aiutato il defunto ad affrontare il suo viaggio nell’ aldilà per rinascere a miglior vita.

Il binomio scarabeo-sole, per il popolo egizio, era inscindibile, dal momento che, osservando in modo particolare lo scarabeo stercorario (più diffuso in zone costiere), avevano appreso che questo insetto si contraddistingue per una caratteristica ben precisa: quella di formare un sfera di sterco e, con l’aiuto delle zampine, farla rotolare fino alla sua tana scavata nella sabbia, da dove successivamente vengono fuori i piccoli. Questo fu interpretato come un’allegoria di morte e rinascita del Sole.

Utilizzato anche nei timbri regali dell’amministrazione del tempo, lo scarabeo raffigurava Khepri (divinità del sole all’ alba); molto ricorrente nei registri scritti in geroglifico, costituiva il simbolo più noto del mondo faraonico votato all’ immortalità.

E se, come attesta il grande De Andrè, dal “letame nascono i fiori”, è il caso di dire che  dallo sterco nascono gli scarabei!

Scarabeo nella favola di Esopo

Scarabeo
Scarabeo nella favola

In una favola di Esopo si narra di un’aquila che rincorreva una lepre, la quale cercò di salvarsi dal predatore chiedendo aiuto ad uno scarabeo lì di passaggio. Lo scarabeo cercò di incoraggiarla e proteggerla dagli artigli del volatile, provando a persuadere il carnefice, ma l’aquila prendendosi gioco delle piccole dimensioni dell’insetto, lo ignorò, dilaniando la lepre. Da allora lo scarabeo cominciò a tramare vendetta e, di nascosto, si arrampicava e volava sui nidi dell’aquila per lanciare giù le uova deposte. Non potendone più, l’aquila si rivolse al suo dio protettore Zeus affinché trovasse una soluzione e, questi le consentì di deporre le uova nel suo grembo.

Lo scarabeo lavorando d’astuzia, decise di fare delle palline di sterco e lanciarle sul dio che, infastidito, si alzò dal nido e fece cadere le uova covate inavvertitamente. Fu così che, per porre fine alla diatriba, Zeus pensò bene di sovvertire l’ordine costituito, spostando il tempo della covata stagionale delle aquile in modo tale da non farla coincidere con la presenza degli scarabei.

Questa favola ci insegna a non disprezzare né sottovalutare alcuno per la capacità di tramare vendetta una volta offeso, neanche l’essere in apparenza più piccolo ed insignificante come un maggiolino colorato.

Pasqualina Giusto