Il gabbiano: il dramma di Anton Cechov

Il gabbiano
Anton Cechov (1860 -1904)

La fama di Anton Cechov è legata sicuramente ai racconti, ma anche alle sue opere per il teatro. Uno dei più famosi drammi dello scrittore nativo di Taganrog è Il gabbiano, dramma in quattro atti composto nel 1895.

Da insuccesso a trionfo

All’alba della sua stesura, il gabbiano non fu accolto nel migliore dei modi. Infatti la prima rappresentazione avvenuta al teatro di San Pietroburgo nello stesso 1895 si rivelo un fiasco. Si racconta persino che un’attrice, intimorita dai fischi provenienti dalla platea, perse la voce e che Cechov, deluso, lasciò il teatro prima che la rappresentazione terminasse. Sarà poi Kostantin Stanislavskij, il celebre regista teatrale russo inventore del celebre metodo di recitazione che porta il suo nome, a dirigere Il gabbiano l’anno seguente  al Teatro d’arte di Mosca, e in quell’occasione venne accolto con una grande ovazione.

La trama de Il gabbiano

Sorin, ex consigliere di stato, ospita alcuni amici e parenti nella sua tenuta per trascorrere le vacanze estive. Tra i vari invitati ci sono anche sua sorella Irna Arkadina, una celebre attrice teatrale, accompagnata da suo figlio Kostantin Treplev. Questi è un giovane e ambizioso drammaturgo che approfitta della tenuta dello zio per allestire uno spettacolo teatrale che vedrà protagonista Nina, una giovane attrice di cui Treplev è invaghito. Ma durante la rappresentazione Irna, forse mossa da una leggera invidia, schernisce Treplev e questi decide di interrompere bruscamente la messa in scena.

Come se non bastasse Treplev prova un leggero disprezzo nei riguardi di Trigorin, un giovane scrittore esordiente che è anche l’amante di sua madre. Nina ammira gli scritti di Trigorin e confessa al giovane il sogno di diventare un’attrice, un sogno che coltiva nonostante il parere contrario dei suoi genitori. A quel punto Trigorin osserva sull’erba del giardino la carcassa di un gabbiano, ucciso in precedenza da Treplev, e paragona l’animale alla giovane Nina:

Una giovane donna vive tutta la sua vita in riva a un lago. Lei ama il lago, come un gabbiano, ed è felice e libera, come un gabbiano. Ma per caso arriva un uomo, e quando la vede la distrugge, per pura noia. Come questo gabbiano

In seguito Trigorin è costretto a fare ritorno a Mosca, ma la ragazza promette di abbandonare la casa dei suoi genitori e che, una volta giunta nella capitale russa, lo incontrerà.

Passano due anni e nel frattempo Treplev, caduto in depressione, si sente da un lato incompreso per il fatto che nessuno apprezzi la sua arte e dall’altro sente che l’amore con Nina non è corrisposto. Questa infatti ha coronato il suo sogno e si è sposata con Trigorin. Cosi Kostantin tenta più volte il suicidio fino a quando, mentre la madre e altri ospiti giocano a tombola all’interno della dimora di Sorin, decide di andare in giardino e di spararsi un colpo di pistola in testa.

Il demone del successo

Il gabbiano
Manifesto per Il gabbiano in occasione dello spettacolo al Teatro d’arte di Mosca del 1896

Il gabbiano di Cechov smuove il nostro interesse per la varietà di temi trattati e di interpretazioni che si possono ricavare. Ma si può soprattutto parlare di un dramma che si interroga sul ruolo dello scrittore e su cosa questi debba rappresentare nelle proprie opere. Per usare un termine del drammaturgo e critico teatrale Gerardo Guerrieri, è un dramma sul “mestiere di scrivere“.

Il già citato Treplev rappresenta quel modello di artista innovativo, pronto a sperimentare nuove formule e nuovi temi per appagare il proprio pubblico. Eppure proprio quel pubblico sembra non comprendere la sua arte, arrivando addirittura a prendersi gioco di lui come fa sua madre Irna. La conseguenza è che l’artista si sente frustrato e ferito nell’orgoglio per tale incomprensione.

TREPLEV: Colpa mia! Mi ero scordato che scrivere per il teatro e recitare è riservato solo a pochi eletti! Ho violato il monopolio! A me … io … (…)

ARKADINA: (…) Ha voluto appioppiarci questo delirio decadente! Finché si scherza io sono la prima ad ascoltare, anche un delirio, anche il farneticare di un pazzo. Ma qui si pretende di parlare di nuove forme di una nuova era dell’arte! Ma che nuove forme, qui c’è solo un pessimo carattere!(1)

Al contrario Trigorin rappresenta lo scrittore che ha il consenso dei suoi ammiratori. La semplicità di temi e stili e la rinuncia a lasciarsi andare a sperimentazioni estreme gli donano il successo, tant’è che l’attrice Nina ammira i suoi racconti. Molti critici vedono in Trigorin il personaggio con cui si può identificare lo stesso Anton Cechov, per molto tempo considerato un autore “modesto” rispetto a giganti come Dostoevskj e Tolstoj.

Allo stesso tempo, però, Trigorin è anche un giovane che dubita delle proprie capacità e che vede nella scrittura un dovere, un compito gravoso, una maledizione da cui è impossibile liberarsi.

NINA: Ma è un mondo meraviglioso quello in cui vivete! Come vi invidio sapete? Com’è diverso il destino umano! (…)

TRIGORIN: Che ha di bello la mia vita? (…) Giorno e notte sono posseduto da un unico pensiero ossessionante: devo scrivere, devo scrivere, devo scrivere, devo, devo … Non ho neanche finito un racconto che già, non si sa perché, ne devo scrivere un altro, poi un terzo, dopo il terzo un quarto… Scrivo in continuazione, sempre di corsa, come un viaggiatore che cambi ad ogni stazione cavalli e riparta subito… non posso fare altrimenti… Che c’è in questo di brillante, di bello, me lo dite voi? È una vita assurda. (…) (2)

Il gabbiano
Una scena tratta dallo sceneggiato televisivo Il gabbiano, diretto da Marco Bellocchio (1977)

Sono queste le parole che Trigorin comunica a Nina, parole sul prezzo che il successo impone ad una che è affamata di successo. Nina aspira a divenire un’attrice e trova così un suo simile in Treplev, anche se provengono da due contesti familiari differenti. La ragazza vuole fuggire dalla monotonia di una famiglia chiusa che non condivide la sua passione per il palco, mentre Treplev vuole trovare quel successo già raggiunto da sua madre. Ma se Nina riuscirà nel suo intento, Treplev perderà gradualmente la propria autostima e deciderà di togliersi la vita.

Questo è forse il motivo principale per cui il dramma ha come titolo Il gabbiano, l’animale che viene involontariamente ucciso da Treplev e che si trasforma in una metafora. Come l’uccello vola libero e alto nel cielo con il rischio di essere colpito per poi precipitare, così anche Nina e Treplev sono due gabbiani, ma con destini diversi e già segnati.

Ciro Gianluigi Barbato

Note

(1) Atto primo

(2) Atto secondo

Bibliografia

Anton Cechov – Teatro (Il gabbiano – Zio Vanja – Tre sorelle – Il giardino dei ciliegi) – Oscar Mondadori

Gerardo Guerrieri –Kostja, Trigorin e il mestiere di scrivere – Saggio contenuto in Teatro di Anton Cechov