Ovidio, Eroidi: il caso di Briseide e Deianira

Anche le lacrime hanno il peso della parola.

Se le eroine precedenti sono avvolte da un cupo mistero, dovuto alla mancanza di una certa notorietà, Briseide e Deianira rifulgono in virtù della fama acquisita dai proprio amanti: Achille ed Ercole. Dalla schiava alla moglie, Ovidio tesse il doppio elogio della fragilità e dell’orgoglio.

Briseide e Deianira: Eros e Thanatos

Briseide e Deianira
Siesta; Sir Lawrance Alma Tadema

Briseide e Deianira rappresentano, per un verso, il ciclo naturale non solo della vita, ma del sentimento. Da un lato, abbiamo il piacevole momento di abbandono, la schiavitù sensuale e psicologica; dall’altro, il silenzio della fine, una morte delle pulsioni che si cristallizza nell’onore della perdita. La storia di Briseide non è nuova nel repertorio letterario, classico e moderno. Nuovo, e quasi progressista, è invece il rapporto fisico – metaforico sulla condizione del soggetto-donna. Briseide, schiava di Achille, è schiava anche dell’amore che il suo padrone rappresenta. Questo exemplum della poesia elegiaca anticipa il grande gioco di metafore, allegorie sulla prigione amorosa che partirà dal secolo XI e arriverà al suo culmine con la bella Erminia della Gerusalemme Liberata. Senza dubbio, la maestria di Tasso, così chiaroscurale e ambigua, supera la spontaneità di Ovidio, il quale non rifiuta momenti di alta drammaticità. Anche questa volta, alla condizione generale della protagonista rispondono lo stile, le scelte lessicali e semantiche, il tono sommesso:

A me, sia che tu ti prepari a spingere al largo la tua flotta a forza di remi, sia che tu rimanga, col tuo diritto di padrone, dai solo l’ordine di vivere!

Deianira, la gloria della Morte

Briseide e DeianiraPer quanto Briseide e Deianira vivano entrambe in una dimensione tragica, molto più freddo, zelante, appare lo stato d’animo della seconda. Deianira, la quale è causa della morte di Ercole, pare libera dal dolore di una vedova. Non è vedova, non si sente tale; ella è ancora una moglie, ne pretende il diritto e la gioia. Da questo punto di vista, Briseide e Deianira sono simili: entrambe reclamano una posizione che, di fatto, non possiedono o hanno perso. Motivo dominante di quest’epistola è infatti l’orgoglio, non il pentimento.

Che altro mi resta da fare per essere creduta moglie di Ercole? La mia morte sarà la testimonianza del nostro matrimonio.

Deianira è un personaggio complesso. La donna, che ha accidentalmente condannato il proprio amante, ricorda il gusto d’eterno proprio ai poeti. Il suo chiodo non è il lamento, ma la prova di un’innocenza, un’innocenza che deve essere elogiata, trasferita ai posteri. Vuole essere riconosciuta come moglie di Ercole, come sua fida compagna, per condividere con l’eroe il talamo non dei piaceri amorosi, ma quasi dell’ambizione. Briseide e Deianira sono, a dispetto degli altri esempi contenuti nelle Eroidi, donne che chiedono un compenso e sembrano trovarlo: una attraverso la sottomissione, l’altra attraverso l’epilogo massimo.

 

Silvia Tortiglione

Fonti:

Eroidi; Garzanti IV ed. con introduzione, traduzione e note di Emanuela Salvadori