Letteratura gotica

John Keats: la Bellezza è Verità, la Verità è Bellezza

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Si china il capo nell’urna del sentimento per svelare il nostro destino ultimo. Lo scultore spera nell’eternità della sua opera; il musicista tende a rendere vivo l’invisibile; il poeta ascolta il galoppo del mondo e si figura oltre la terra. Ma l’esperienza artistica non tiene conto della fine, quella giovane fine che chiuse il canto di John Keats.

John William Waterhouse; La Belle Dame sans Merci

John Keats: oblio e creazione

Com’è, Ombre, che io non vi conobbi?

John Keats è un caposaldo della poesia inglese. Le sue immagini e il suo triste fato ispirarono gran parte di poeti e romanzieri non solo d’Inghilterra. Questo successo è dovuto alla capacità del poeta di eclissarsi all’interno della sua scrittura. Non abbiamo un sentimento, abbiamo il sentimento; quello universale e quello della mera creazione. Bisogna dire che Keats leviga la materia poetica così come essa si presenta ai sensi.

Seta il guinzaglio della Fantasia,

rompine tu le maglie, svelto rompi

la corda che la tiene imprigionata,

(…)

Lascia l’alata Fantasia vagare,

dentro casa il Piacere non c’è mai. [1]

Un tale slancio riassume in se stesso la potenza romantica e l’antico acume. Keats ha sentito vibrare la carne dinanzi alla Fantasia rivelata; questo tremito è divenuto marmo, viene offerto ai posteri nella sua precisione.

Lo splendore dell’Arte

La fantasia può dar seguito ad una sua fortunata compagna: la bellezza. Il tema dello splendore è una peculiarità di Keats. Il giovane poeta fu sempre sensibile alla grandezza del mondo classico. A contrario di molti letterati, egli ci tramanda l’idea di un’arte unica, meravigliosa, splendida in tutte le sue forme. La scultura non è diversa dal sonetto e il sonetto non è lontano dal paesaggio. In uno dei suoi più famosi componimenti, Ode on a Grecian Urn, Keats incide un verso che sarà memorabile:

Quando il tempo

Avrà guastato anche noi, tu rimarrai,

fra un’altra pena che la nostra, amica

dell’uomo, al quale dici: la Bellezza

è Verità, la Verità Bellezza,

ciò che voi sapete in terra, altro non giova.[2]

La Verità è Bellezza, la Bellezza è Verità: questo semplice volo sembra trasportarci, da un lato, verso le più alte espressioni di Pindaro; dall’altro, verso una secolare innovazione. Si sono scritte poesie dall’alba dei tempi, o almeno, esse sono state pensate. Nessuno, però, si è fermato ad aspettare un’epifania. Keats sembra calcare un divieto. L’arte vive in virtù della sua creazione e l’uomo deve saper accettare questo mistero.

E. B. Jones; The Mirror of Venus

La Capacità Negativa

Si parla infatti di Negative Capability, ovvero la coscienza e l’accettazione dei limiti umani. Nei confronti di questo dubbio e di questa potenza, Keats elabora un amore profondo, un amore che rende liberi dall’ansia della gloria e della conoscenza – nota comune agli artisti. La bellezza si trova nel mistero, quello non svelato che da il via all’immaginazione. E il creare ci rende pari alla natura e all’arte; rende altresì i poeti superiori alla massa.

Keats morì all’età venticinque anni. In perfetta linea con il suo amore per l’universalità dell’arte, il destino gli serbò una fine italiana. “Qui giace colui il cui nome è scritto sull’acqua”, ecco l’epitaffio da lui stesso ideato, quasi come se Keats avesse accettato la fine ancor prima del suo arrivo. Questo Thanatos insito nella creazione e nel pensiero splende nelle note della Ode to a Nightingale:

Svanire via, dissolvermi e obliare

ciò che tu ignori tra le foglie, tedio,

febbre e tormento, qui ove stanno gli uomini

e l’un l’altro ode piangere.[3]

La tomba di John Keats; Roma, foto di Menikaio

Silvia Tortiglione

[1] John Keats; Fancy in Odi e Sonetti a cura di Eurialo De Michelis
[2] John Keats; Ode on a Grecian Urn in Odi e Sonetti a cura di Eurialo De Michelis
[3]  John Keats; Ode to a Nightingale in Odi e Sonetti a cura di Eurialo De Michelis

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Silvia Tortiglione

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