Il vampiro e l’amore: Théophile Gautier, pt. I

“Dormi, mio unico bene; […] della tua vita prenderò soltanto il necessario perché la mia non si spenga”

La leggenda del vampiro e della presunta malattia nota come vampirismo è presente, con le dovute differenze, in varie culture e in epoche diverse. Già Petronio ed Ovidio narravano di creature con uno spiccato gusto del sangue – le striges, pressappoco dei mostri in forma d’arpia -, tuttavia la figura del vampiro entrata nell’immaginario collettivo occidentale è frutto di numerose trasformazioni, culminate nel secolo diciannovesimo.

È in questo periodo infatti che la figura vampiresca si affaccia per la prima volta nella letteratura occidentale e nel romanzo, ottenendo perciò una rapida notorietà, e grazie al passaggio nel mondo delle lettere, legittimandosi sempre più.

Generalmente si fa coincidere questa tenebrosa apparizione con la comparsa di The Vampyre nel 1819, il racconto dell’inglese Polidori, concepito nelle stesse circostanze che videro l’amica Mary Shelley scrivere il celeberrimo Frankenstein; or, The Modern Prometeus. Il vampiro di Polidori è finalmente il classico gentiluomo distinto e carismatico, il cui unico mezzo di sussistenza è adescare giovani fanciulle in fiore presumibilmente dotate di congrui valori di emoglobina, agendo nell’ombra e mescolandosi nella società che fatica a riconoscerlo.

Circa dieci anni dopo, in Germania E.T.A. Hoffmann scrive il racconto Vampirismus, seguito dopo qualche tempo dall’altro capo del mondo, in Russia, dove Gogol pubblica la novella Vij, riprendendo alcune figure vampiresche del folklore natìo.

Veniamo in Francia: lo scrittore Théophile Gautier, figura dai molteplici interessi e ingegni, spinto dal suo fascino per lo spiritismo e l’occultismo e dall’ammirazione per Hoffmann, pubblica nel tempo vari racconti fantastici, spesso incentrati su figure soprannaturali, come nel caso del vampiro in La Morte amoureuse, ovvero La morta innamorata, apparso prima su rivista nel 1836, infine in volume nel ’39 e nel ’45.

Notare che siamo a parecchi  decenni di distanza dalla pubblicazione del romanzo-simbolo che ha consacrato il vampiro moderno, quell’esemplare campionario di folklore e nazionalismo che è il Dracula di Bram Stoker (1897).

Lo “spirito” di un’epoca

Théophile Gautier nasce in una cittadina dei Pirenei nel 1811. I Gautier si trasferiscono poi a Parigi, dove Théophile intraprende gli studi e stringe una profonda amicizia con Gérard de Nerval, che lo introdurrà negli ambienti della prima bohème romantica e soprattutto nel Petit Cénacle, gruppo di artisti che si riuniva nell’atelier del pittore Duseigneur. Sul modello Hoffmaniano nel 1931 scrive il suo primo racconto, La Cafetière, dando così inizio ad una produzione fiorente nel campo della prosa, della critica letteraria e della poesia, animato da un profondo interesse per pittura e musica.

Gautier appare pienamente inserito nell’ambiente artistico del suo tempo, suscitando ampi consensi, tant’è vero che il grande Baudelaire gli dedicherà i suoi Fleurs du mal, “Al poeta impeccabile | al perfetto mago delle lettere francesi”. Gautier infatti ricercava una perfezione stilistica e lessicale superata solo dal migliore Flaubert, evitando ogni contaminazione col linguaggio “basso”; parole accurate quindi, al servizio di immagini al contrario rarefatte e surreali, che in racconti come Jettatura Spirite trovano la migliore espressione di quel gusto per il soprannaturale e lo spiritismo che raccoglieva molti proseliti in quel determinato periodo.

Il motivo del vampiro

Come si è detto, Gautier fu influenzato da Hoffmann, in particolare dall’inserimento da parte dell’autore tedesco di contesti perturbanti, ovvero, secondo l’analisi che Freud effettuerà assai più tardi, della riproposizione in età adulta, tramite un oggetto o un evento simbolico, di paure e credenze infantili che si ritenevano superate, il ritorno del represso in un quadro mentale irrazionale. Nel caso di Gautier, ci troviamo spesso di fronte ad oggetti o scenari che sembrano animarsi, ritratti o arazzi che si distaccano dalla propria tela, entità eteree e misteriose, nel contesto di un generale offuscamento della capacità di discernere realtà ed illusione, come nello straordinario racconto che vedremo nel dettaglio la prossima settimana, veicolo di numerosi significati che si rincorrono e si sovrappongono di continuo nel testo, solo in apparenza horror story.

Daniele Laino