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Lo scorso 23 maggio, in diretta da Vienna, si è tenuta la finale della sessantesima edizione dell’Eurovision Song Contest. A discapito del nome, la musica è stata solo di contorno a una manifestazione che ha fornito intrattenimento a 360 gradi. Una gara-non gara che vuole essere occasione di celebrazione collettiva tentando di abbattere, con un’abbondante dose di buonismo e ipocrisia, le barriere etniche e discriminatorie che separano i paesi europei. Tutti intenti senz’altro lodevoli, ma se ci si fosse concentrati di più su quella che teoricamente dovrebbe essere l’essenza dell’evento − la musica − tralasciando, o almeno contenendo, l’aspetto magniloquente o pomposo della kermesse, ne avrebbe sicuramente beneficiato la qualità complessiva delle proposte in gara. Qualche motto salace dedicato a ciascuna esibizione renderà giustizia di questo tragico flop.
Piacevole scelta dal sapore retrò. La cantante ricorda Duffy, ma con una voce molto meno sgradevole: 7
Melodrammatico pippone contro la guerra. Ed è subito Sanremo: 4
Disagio come se piovesse, apologia della bruttezza, musica per giostrai. Insomma, un capolavoro: 10 (simbolico), 0 (reale)
Sorpresa. Suadente e ipnotica, lascia persino un velo di malinconia. Voci che interagiscono alla perfezione: 9
Non si fanno sfuggire la ghiotta occasione di apparire disgustosamente camp, una piacevole conferma: 8 (simbolico), 5 (reale)
Pezzo da musical. Per un attimo sembrava dovessimo fare il time warp di nuovo: 6
Insulso e saccarinico duetto tra due cantanti così belli e felici da far schifo − a sugellarne svenevolezza di cattivo gusto un bacio simbolico durante l’esibizione: 4
Si potrebbero facilmente fare battute sulla mole della florida cantante, ma se dopo un’esibizione l’aspetto fisico è l’unica cosa che resta impressa, vuol dire che si è sbagliato qualcosa: 4
I norvegesi sono più simpatici quando bruciano le chiese. Yawn: 3
Approfondiremo il discorso successivamente.
Delicata ballata, anche qui si sente l’impronta da musical: 7
In gara non si sa per quale motivo. Indicata come una delle favorite, è in realtà un insipido R’n’B: 4
Altra favorita, altrettanto inspiegabilmente. Avete presente la vecchia storia dei peli e dei carri di buoi? Vale anche al maschile: 3
Iniziativa interessante, quella dell’organizzazione, di sacrificare l’esibizione dell’Austria per ospitare i Coldplay: 8 (a The Scientist, che è sempre un bel pezzo)
Cosa c’è di più noioso di imitare la quintessenza della noia, che corrisponde al nome di Celine Dion?: 2
Se permettessero a Toto Cutugno di pubblicare ancora un album, le canzoni al suo interno suonerebbero più o meno così: 3
Ci si aspettava un’esibizione più caratteristica, senza infamia né lode: 5
Ballata semplice ma intensa, a tratti disneyana. Meritava la vittoria più di tante altre: 8
Segni di svecchiamento. Una delle poche dal sapore internazionale: 8
Rock da stadio in salsa insulsa che tanti danni ha recato in questi primi anni duemila: 5
Epica ballata. Travolgente e con quell’irresistibile piglio tamarro che le conferisce una marcia in più: 8
Pezzo molto sentito, ma di difficile presa. Poco accattivante: 5
Dal look da sgualdrina dark, prometteva bene. Invece è l’ennesimo pezzettino electro-pop: 6
Forse esagerato e anacronistico (nell’inciso ricorda i Queen più parossistici) ma orecchiabile e convincente: 8
Giudizio sospeso anche qui.
Insignificante. Ha vinto la prima edizione di The Voice Of Italy… ciò che è un’aggravante: 3
Ennesimo giudizio sospeso.
Quest’anno l’Italia era davvero convinta di potersi aggiudicare il massimo riconoscimento, e i presupposti c’erano tutti: Il Volo (sulla cui qualità musicale non ci soffermeremo) era indicato da molti come uno dei probabili candidati alla vittoria e prevedibilmente è stato votato da tutti i paesi in gara, in alcuni casi col punteggio massimo. Ciò che non è stato messo in conto è invece l’incredibile risonanza ottenuta dalla Russia, vera e propria outsider che ha collezionato punti su punti grazie a una ballata molto classica ma ben riuscita. Se avesse vinto nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Scandalo e indecenza sono le parole che ben si addicono alla vincitrice di quest’anno, ovvero la Svezia. Aspetto e movenze da perfetta popstar, scenografia davvero ben curata, ma musicalmente inconsistente e banale. Eppure Mans Zelmerlow ha ottenuto il punteggio massimo da quasi tutti i paesi in gara, Italia compresa. Ennesima dimostrazione di quanto ormai la musica in certi contesti sia solo una componente meramente ornamentale e che di come siano arbitrari i parametri utilizzati per giudicare un artista.
Alfredo Gabriele Galassi
http://www.eurovision.tv/tag/expand/2015
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