Wolff e il sistema metafisico tedesco

Se la forma dell’illuminismo francese è lo spirito enciclopedico, e quella dell’illuminismo inglese è il deismo, la forma tipica dell’illuminismo tedesco è il sistema metafisico.

La Schulmetaphysik

Wolff
Christian Wolff

Con questo termine non si vuole indicare soltanto una particolare disciplina filosofica, la metafisica in senso stretto – ovvero la scienza dei principi ultimi della realtà – ma un orizzonte onnicomprensivo di spiegazione del mondo ad opera della ragione umana. È come se quest’ultima avesse nelle sue mani le chiavi di tutto ciò che esiste, così come di tutto ciò che può esistere, di ciò che è reale in senso effettivo e di ciò che è reale in senso possibile. Il cuore di tale progetto sistematico, chiamato schulmetaphysik, metafisica della scuola razionalista, sta proprio in un nuovo concetto di realtà che non si limita a pensare ciò che esiste effettivamente, ma ciò che è pensabile dalla nostra mente senza contraddizione.

Il sistema filosofico di Wolff

Tale sistema filosofico trova il suo esponente più significativo in Christian Wolff (1679-1754). Dallo studio della teologia, segnata dall’epoca di accese dispute tra cattolici e luterani, Wolff passa ad approfondire la matematica e la filosofia di Cartesio, proprio nell’intento di trovare un criterio razionale che risolva le controversie teologiche. Ulteriori ricerche sul calcolo infinitesimale lo faranno entrare in contatto epistolare con Leibniz, ed è grazie a quest’ultimo che Wolff nel 1706 divenne professore di matematica all’Università di Halle.

Wolff
René Descartes, italianizzato in Renato Cartesio

Tutto il sistema di Wolff non sarebbe possibile senza la filosofia di Cartesio e Leibniz: seguendo il primo egli ritiene che le verità di ragione vadano riformulate attraverso una connessione ordinata di idee chiare e distinte, secondo modello matematico; seguendo invece il secondo, Wolff pensa che anche le verità di fatto, vale a dire ciò che è contingente o empirico, necessitino di spiegazione interamente razionale; principi dunque necessari. L’intero edificio si sostiene sul principio di non contraddizione, secondo il quale – seguendo la formulazione di Aristotele – “è impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo“. In altri termini la ragion d’essere delle cose è perfettamente trasparente al nostro pensiero e non a partire dalla loro esistenza di fatto, ma dall’unico elemento importante per la nostra ragione: non è contraddittorio che una cosa sia, a prescindere se ora c’è o non c’è effettivamente. Dunque per Wolff l’essenza di una cosa è ciò i cui attributi interni non si contraddicono tra loro, e che quindi è possibile a priori; dunque l’esistenza non sarà altro che il compito della possibilità, cioè il fatto che quella cosa esista anche di fatto.

Per accedere al sistema del sapere per Wolff bisognerà partire dalla logica, dalla quale poi possono pervenire altre conoscenze, incrociando due criteri: da un lato una divisione tra il conoscere ed il volere, dall’altro un’articolazione interna ad ogni scienza, tra una parte razionale ed una  parte empirica. Sarà proprio questa fondazione dell’ontologia sulla logica a far pensare ad un sistema leibniziano-wolffiano.

Anche per Wolff, come per tutto l’illuminismo europeo, la filosofia riscontra il suo fine ultimo in un fine pratico: solo attraverso una conoscenza compiuta del mondo, quella che all’epoca si chiamava saggezza mondana, gli uomini potranno raggiungere la felicità.

Deborah Rosiello

Fonti

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