La polvere della gloria si posa sui gradini del tempio e tra gli incensi del duomo; questa polvere dal tocco ardente che mosse le regioni del sole, questa polvere di manoscritti e palpiti anonimi, dona agli uomini eroi. Nonostante siano ben presenti le ragioni della terra, il Poema del mio Cid ricorda che l’ideale è ancora utile, se non necessario.


Il Poema del Mio Cid: autore e struttura
Opera anonima del 1140, il Cid ha visto chinarsi sulle sue pagine milioni di intellettuali in cerca di una fonte. Da coppie di giullari fantasiosi a colti ecclesiastici, il poema è considerato radice massima della letteratura spagnola e dalla sua lingua. Alla pari della produzione epica ad esso contemporanea, il Poema del Mio Cid fu pensato, o quantomeno trasmesso, oralmente. La prima edizione a scopo divulgativo apparirà solo nel sec XVIII.


Come controversa la questione dell’autore, controversa, o meglio, originale appare la struttura. Tre sezioni il cui centro è collocato nei pressi della fine. Abbiamo dunque “Il Canto dell’esilio”, composto dall’eroica nostalgia del protagonista, lontano dalla famiglia in seguito ad alcune diatribe con re Alfonso VI; “Il Canto delle nozze” inciso d’inganni e campo di sfida tra virtuosa innocenza e cupide smanie; “Il Canto dell’oltraggio” arazzo di duelli e battaglie, onore e felice epilogo.


Rodrigo Díaz conte di Bivar: il protagonista
«Siamo per separarci. Dio sa se ci troveremo! ». E così, fra
tante lagrime, quante mai nessuno vide, si staccarono gli uni
dagli altri come l’unghia dalla carne. Il Cid con i suoi vassalli
pensò di mettersi in cammino. Mentre li aspettava, volgeva
indietro il capo. Allora con molta opportunità parlò Minaya
Albar FaXiez: « Cid, dove è il vostro coraggio? Siete nato in
buon’ora; pensiamo a prendere la nostra strada. Commuoversi
sta bene, ma quando se ne abbia il tempo. Tutti questi dolori
si cambieranno alfine in contentezza.»
Il viaggio e lo scontro nel poema del mio Cid
È doveroso aprire una breve e conclusiva parentesi sui fratelli e le sorelle del poema. La Chanson de Roland e La Canzone dei Nibelunghi, non lontane dal Cid nel tempo e nella storia, rispettivamente si avvicinano e contrappongono all’epopea spagnola. Il Campeador condivide con la Chanson i grandi valori della fede e del coraggio, ma rifugge ogni elemento fantastico. Tale caratteristica pone il mondo di re Alfonso VI in orbita opposta alle tensioni e agli incanti dei gelidi Nibelunghi, anche se va sottolineato un certo e comune gusto per violenti, inaspettati tagli d’azione.
E dunque il Poema del mio Cid peccherebbe di eccessive influenze? Impossibile ridurre il processo di creazione epica ad languido sogno. Ciò che rende uniche le gesta del prode condottiero esiliato è lo sguardo acuto sul reale. Siamo nella terra, siamo le foglie, le radici e la ricerca di un pasto; siamo nel cuore del granaio e nei diademi degli avidi principi; siamo la paura di un corpo nudo. Nulla contiene più elementi eroici del quotidiano, con il suo fuggire e il suo tornare al nuovo giorno.
Silvia Tortiglione