Cattedrali e arte medievale

San Giovanni a mare: i Normanni a Napoli

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In queste settimane abbiamo imparato a conoscere la variegata stratificazione storico-artistica di Napoli, che si divincola e sfugge nei vicoli di tutta la città. Sovrapposizioni di ordini e di stili, diverse epoche a confronto a pochi metri di distanza, magari nello stesso ambiente, ci aiutano a scendere fin nelle viscere della storia partenopea. Questa volta ci spingiamo a conoscere un esempio unico per Napoli, una chiesa che conserva, per quel che ne rimane, la testimonianza più pura della sua epoca: San Giovanni a Mare.

La storia

San Giovanni a mare è una chiesa che quasi non si riconosce dall’esterno, inglobata com’è negli edifici che nel tempo le sono sorti attorno. Essa è affacciata sull’omonimo vicolo tra la zona Mercato e il Borgo Orefici e la sua denominazione fonde la devozione per il Battista ed il fatto che all’epoca della fondazione l’edificio era praticamente lambito dal mare.

Sorta a metà del XII secolo accanto alla struttura ospedaliera dell’ordine dei cavalieri di Gerusalemme che accoglieva i crociati che in quegli anni facevano ritorno dalla Terra Santa, la struttura è un’importante testimonianza del periodo normanno a Napoli. Purtroppo i rapporti tesi con il papato dei Normanni, portarono all’eliminazione di molti edifici di quel periodo e per questo San Giovanni a mare rimane l’ultima testimonianza di quel periodo architettonico.

Dedicata al santo che battezzò Gesù nel fiume Giordano, viene ricordato in diversi documenti che l’immediata vicinanza al mare consolidò un rito, ripetuto ogni anno nella notte di San Giovanni il 23 giugno, che prevedeva un battesimo collettivo nelle acque marine. Quello che colpisce è che esso dovette essere soppresso, nel periodo vicereale, per la piega pagana e misterica che stava prendendo.

Interno dal presbiterio (foto Baku)

Retta sin dall’inizio dall’ordine dei monaci Benedettini, la chiesa nei secoli ha subito vari interventi architettonici tramite alcuni restauri nel corso del tempo (1336, 1456, 1874, 1959), pur non intervenendo mai con la barocchizzazione che rivestì di marmi policromi la gran parte degli edifici sacri napoletani nel XVII secolo.

Alla metà dell’800, con la soppressione dell’ordine benedettino, l’ospedale fu smantellato e la chiesa entrò a far parte delle tante parrocchie della Diocesi napoletana.

Fu poi il risanamento”, ridisegnando la città a cavallo tra l’800 e il ‘900, a ridimensionare sensibilmente tutto il complesso di San Giovanni inglobando la chiesa all’interno di altri edifici, oscurando anche il campanile trecentesco voluto dalla famiglia Carafa.

Oggi, grazie agli interventi di metà del ‘900, che le ridiede la presunta impronta medievale, e all’impegno della Soprintendenza con importanti restauri post-sismici negli anni ’80 dello scorso secolo, San Giovanni a mare è ritornata ad essere aperta a fedeli e turisti.

La chiesa

‘A capa ‘e Napule, atrio (foto blog Agerola)

A pochi passi dalla più famosa chiesa di Sant’Eligio Maggiore, tra i palazzi che la incastonano, troviamo l’atrio di San Giovanni, attraversando il quale si entra finalmente nell’edificio tramite un portale originario del XII secolo.

All’interno di questo cortile, è doveroso menzionare la copia della celeberrima “Capa ‘e Napule”, la testa marmorea simbolo pagano della storia napoletana. Ribattezzata dai popolani con il nome di “Donna Marianna”, è diventata nei secoli un’icona della città di cui l’originale, in marmo, è posta all’interno del palazzo comunale.

Interno con colonne di reimpiego

L’accesso avviene dalla parte laterale della chiesa, da una delle tre navate che compongono la pianta e che terminano aprendosi in tre absidi. Queste, a loro volta, si affacciano su un transetto a volte ogivali, segno degli interventi trecenteschi, al di sotto del quale sono ancora ben evidenti le fondamenta del primo abside, segnandone in quel punto la terminazione dell’originaria fondazione normanna.

Il tufo risulta essere materiale preponderante di questi elementi, ad esclusione dei primi quattro intercolumni che sono contraddistinti da colonne marmoree di reimpiego, gli elementi più antichi della chiesa risalenti a periodi pre paleocristiani.

Chiari i segnali dell’epoca di fondazione, essi si intravedono nei sentori bizantini e arabeschi delle cupole voltate a crociera estradossata e degli archi che richiamano quelli amalfitani.

Come anticipato, a causa di diversi rifacimenti e restauri San Giovanni a mare ci restituisce una compresenza di stili; ciò è avvertibile nelle cappelle laterali aggiunte tra il XIV ed il XV secolo, che presentano archi in piperno a tutto sesto o durazzeschi (una sorta di sesto ribassato, in alcuni casi quasi schiacciato). L’attuale copertura della chiesa presenta un’ampia volta a crociera di probabile riedificazione tra ‘300 o ‘400, ma risulta più probabile che l’originario tetto fosse, dall’interno, costituito dalle più classiche capriate lignee.

Il pavimento, in basalto, è disseminato di diverse lapidi che ricordano i molti cavalieri dell’Ordine di Gerusalemme  sepolti nel tempo all’interno della chiesa; le pareti, ugualmente, presentano incastonate lastre e stemmi che ci restituiscono l’importanza e la devozione che un luogo, oggi così nascosto, è stato nei secoli passati.

Liberato Schettino

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Liberato Schettino

Aspirante storico dell'arte, o futuro inoccupato/precario, laureando in storia dell'arte medievale. Vengo dalla provincia e porto le mie radici ovunque vada: Napoli, Castellammare di Stabia (la mia città), le mie strade. Consapevole che solo la conoscenza della propria storia e della propria cultura, possano far amare e rispettare quello che abbiamo intorno.

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