Le Argonautiche di Apollonio Rodio: la svolta dell’epos

La volontà umana non deve cadere in discussione. Uomini e donne di tutte le epoche si sono affaticati per dipingere i loro profili in maniera autonoma. Spesso, va detto, la letteratura ha tentato di dare un preciso impianto anche ai moti dell’anima. Alcuni pilastri sentimentali, quali il desiderio glorioso, l’aspra vendetta, il segno dell’onore, reggono il ricco edificio dei canoni. Comunque sia, bisogna ricordare che non sempre gli autori si gettano nella corrente, o almeno tentano di deviarne il galoppo. Questo il caso di Apollonio Rodio e i quattro libri delle sue Argonautiche.

Argonautiche

Le Argonautiche: la vicenda

Ci troviamo una generazione prima delle vicende omeriche legate alla guerra di Troia. Il principe Giasone viene costretto a lasciare la terra natia in seguito ad una diatriba familiare quasi shakespeariana: il re Esone, padre dell’eroe, è stato spodestato dal fratello Pelia. Dopo una lunga assenza, Giasone decide di tornare al cospetto dello zio che, timoroso per l’esito di una profezia, affida al giovane una pericolosa missione grazie alla quale spera di eliminarlo. Inizia così la peregrinazione in cerca del famigerato Vello d’Oro. Giasone raggruppa una serie di guerrieri (tra cui vanno citati almeno i Dioscuri; Laerte, padre di Ulisse; Peleo, padre di Achille; Telomone, padre di Aiace) pronti a salpare sulla nave Argo.

Giasone, argonautiche

Le guerriere di Lemno

Molti sono gli incontri e gli scontri cui deve far fronte la ciurma. Estremamente significativo è l’episodio delle amazzoni, fatali abitanti dell’isola di Lemno. Significativo soprattutto per la fama di cui godrà nei secoli futuri. Le amazzoni s’impongono quasi al pari di una società ben organizzata, una società, beninteso, di sole donne. L’uomo viene trattato al pari di uno strumento e il ricatto che le guerriere gettano agli invasori potrebbe oggi far sorridere. Ma la richiesta di procreazione altro non è che affermare quell’autonomia conquistata realmente dopo più di un millennio.

amazzoni, argonautiche

Medea

La conquista del vello sarà ostacolata dalle quattro prove del re Eete, signore della Colchide e padre della bella Medea. Lei è una punta all’interno del poema. Un personaggio che non s’impone solo nella ricerca di reliquie magiche, ma un personaggio che attraversa una vera e propria evoluzione interiore. Da fanciulla pudica a furba maga, da amorevole compagna a fredda assassina. In altre parole, la docile colomba muta le ali in aculei. Non dallo stilo di Apollonio Rodio, ma da quello del sommo Euripide si affronterà al meglio questa duplice indole. Lo spessore del personaggio si esplica comunque anche nelle punte dialogiche e introspettive delle Argonautiche:Medea, argonautiche

Me infelice, tra quali e quali sventure mi trovo!
Da ogni parte il mio cuore non ha che angoscia e impotenza.
Nessun rimedio alla pena, alla fiamma ferma che brucia.
Come vorrei che mi avessero uccisa le frecce veloci di Artemide,
prima che io lo vedessi, prima che la nave greca
portasse qui i figli di mia sorella Calciope:
un dio o un’Erinni li ha guidati di là per il mio dolore e il mio pianto.
Muoia, se il suo destino è morire sul campo.
Ma io, come potrei preparare il rimedio,
nascondendolo ai miei genitori? E cosa dire?
Quale il pensiero, l’inganno che mi dia aiuto? [1]

Uno sguardo all’antefatto

Si tenga presente che l’opera nasce a sua volta da un mito, la tragica storia dei fratelli Elle e Frisso. Sarà proprio quest’ultimo a sacrificare il manto del prezioso ariete al dio Marte, in un tempio collocato nella Colchide. Al di là della leggenda, è necessario segnalare almeno l’etimologia dei nomi di queste due comparse: “luce” e “pioggia scrosciante”.

Il vello d’oro potrebbe essere inscritto all’interno di un ottica del tutto naturale e la tragica morte di Elle potrebbe essere considerata anticipazione del furente epilogo di Medea. Venuta meno la luce, un vento di bufera domina la scena; non più nubi dorate, ma il grigio sentire dell’incubo.

 La svolta dell’epos

Credo sia giusto discutere in poche righe la questione della svolta. Apollonio Rodio si trova una posizione abbastanza ambigua. Egli rispetta le tre unità aristoteliche affrontando un solo argomento (unità di azione), presenta una chiusura ciclica di ritorno (unità di luogo) e descrive un perfetto esempio di brevitas in modo da permettere al lettore di dominare le vicende (unità di tempo). Se è vero questo, è anche vero che Apollonio elimina del tutto, come accennato all’inizio dell’articolo, le spinte personali o collettive. Non ci sono grandi motori universali, grandi leggi a dettare il passo. Le figure delle Argonautiche paiono abbastanza autonome nel loro volere, come dimostrano non solo i tentennamenti di Giasone, ma, ad esempio, la rinuncia di Eracle. L’universo delle Argonautiche non è ordinato da un unico obiettivo, anzi, possiamo dire sia cosparso di continue meteore di fuoco, un fuoco vario come lo stesso Vello:

Giasone, argonautiche

Per un sentiero al sacro bosco giunsero

cercando la grande quercia dov’era il vello,

simile a nuvola che rosseggia

sotto i raggi infiammati del nascente sole. [2]

Silvia Tortiglione 

 

[1] Apollonio Rodio, Argonautiche; Libro III

[2] Apollonio Rodio, Argonautiche; Libro IV