Donne, il mondo inizia a ribellarsi alla violenza

Il mondo è un posto grande e meraviglioso ma sa essere anche ipocrita ed estremamente chiuso. Eppure da un paio d’anni a questa parte sembra finalmente sia riuscito ad accorgersi di due piaghe che fino a poco tempo prima erano trattate a livello locale: lo stupro e il femminicidio.

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Uomini in minigonna protestano in Turchia contro la violenza sulle donne

Tanto forti e tanto bravi della nostra occidentalità, abbiamo sempre pensato di arrogarci il diritto di puntare il dito contro i Paesi mediorientali e asiatici, luoghi in cui le donne non hanno diritti e in cui vi è una escalation di violenze contro quest’ultime. Il caso scatenante è stato quello di qualche anno fa: lo stupro di gruppo su di un autobus, ai danni di una ragazza indiana, con relativo tentato omicidio. La vittima, però, morì davvero alla fine, qualche settimana dopo in ospedale.

Da allora tutti puntarono gli occhi sull’India, sugli uomini che quotidianamente stupravano, uccidevano e che la facevano franca grazie al ruolo enigmatico della polizia. Secondo il National Crime Records Bureau, ovvero l’Ufficio nazionale indiano per la registrazione dei reati, in India nel 2013 venivano regolarmente registrati 100 stupri al giorno, con un numero che andava da 4 a 6 nella sola New Daly.

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La protesta delle donne indiane

Poi ecco che pian piano l’attenzione si è spostata verso i Paesi mediorientali: l’ultimo caso in Turchia, qualche giorno fa, con il tentativo di stupro e relativo omicidio di una ventenne la cui unica colpa è stata quella di indossare una minigonna. Può, nel 2015, una donna essere uccisa perché ha reagito ad una violenza? A quanto pare sì, ma la cosa che ha sorpreso è stato l’atteggiamento degli uomini.

Viviamo in un’epoca in cui ormai riteniamo quasi un evento straordinario guardare uomini ribellarsi alla violenza, manifestare in favore delle donne e in Turchia non sono stati da meno. In un blocco unico, pronti ad urlare “no”, si sono lasciati fotografare in minigonna, sfilando anche per le strade e commuovendo centinaia di donne, che il più delle volte si ritrovano sole a dover affrontare il dolore di uno stupro, di un tentativo di omicidio, della violenza.

Di fronte ad una piaga sociale che ha come vittime le donne, come reagisce l’Occidente?

Anche qui la situazione non è delle più rosee. Prendiamo come riferimento l’Italia: c’è stato un periodo in cui quotidianamente i telegiornali riportavano casi di femminicidio, dettati dalla gelosia o dalla pazzia più pura. Il 2013, infatti, è stato un anno buio, da maglia nera, con 178 donne uccise. In pratica una vittima ogni due giorni, con omicidi avvenuti per lo più a mani nude.

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Dati sul femminicidio. EURES-ANSA

La Banca Dati Eures, assieme all’ANSA, ha condotto un paio d’anni fa una ricerca sulla violenza femminile, andando a comprendere un arco di ben 10 anni, ovvero dal 2000 al 2012. I risultati sono stati agghiaccianti: in un Paese occidentale come l’Italia – che da sempre si vanta di essere uno Stato civile e democratico, dove il rispetto per l’individuo è al primo posto – in un decennio sono stati consumati 2200 casi di omicidio e di violenza, 2200 donne uccise o maltrattate.

Alcuni studi hanno inoltre dimostrato come nel nostro Paese, nell’arco di 12 secondi, una donna diventi vittima di vessazioni fisiche o mentali. Già, mentali, perché il più delle volte il male non è solo fisico, ma anche psicologico, un dolore che strazia l’anima.

Dal 2013 ad oggi la maglia nera per l’escalation di violenze sulle donne la detiene il sud Italia, con casi concentrati soprattutto nel Lazio e in Campania. Prima di quell’anno era il nord a detenere questo triste primato ma poco importa la zona in cui queste nefandezze vengono consumate; quello che è realmente importante è far sì che i casi vadano a diminuire e non a crescere.

Cosa sta facendo la politica italiana?

In realtà molto è stato fatto sempre nel 2013. Il 19 giugno di quell’anno, infatti, il Senato italiano ha approvato il decreto sulla Convenzione di Istanbul, firmato non soltanto dall’Italia, ma anche dalla Turchia, dall’Albania, dal Portogallo, dal Montenegro, dalla Bosnia ed Erzegovina, dall’Austria e dalla Serbia.

Nello specifico, tale importantissima convenzione è:

“il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza”

Uno strumento utile, quindi, incentrato sulla prevenzione della violenza domestica, sulla protezione delle vittime, sull’agevolare quest’ultime dal punto di vista legale con il patrocinio gratuito e su pene molto più severe per i loro carnefici.

Già, utile, utilissimo o, per meglio dire, lo sarebbe se venisse applicato alla lettera perché, purtroppo, i casi di femminicidio o violenze continuano ad esserci, le donne continuano a non denunciare per paura e le armi utilizzate sono sempre le stesse: le mani o quelle da fuoco.

Possenti, forti, capaci di lasciare segni sul corpo talvolta mortali, non siamo poi così lontani dai dati di qualche anno fa. La prevenzione, le leggi, purtroppo, non fermeranno mai simili nefandezze, per lo meno fino a quando ci saranno ancora persone pronte a credere che le donne siano esclusivamente una loro proprietà, oggetti e non esseri pensanti e dotati di autocoscienza. Non per altro le statistiche parlano chiaro: la maggior parte dei suddetti crimini si registrano tra le mura domestiche ma quando finirà tutto questo?

Beh, probabilmente siamo vicini ad una svolta: il mondo, forse, è pronto a lottare.

Maria Stella Rossi

Fonti

Fonte immagine in evidenza: www.sikelianews.it

Fonte immagini media: www.ansa.it; www.thepostinternazionale.it; www.robadadonne.it

Fonte dati statistici: www.ansa.it, www.metropolisweb.it