1861: l’Unità d’Italia e l’opera di Cavour

L’ Unità d’Italia comprende tutta quella serie di eventi che hanno portato il nostro paese verso l’unificazione in un periodo, il 1861 , in cui era territorialmente diviso e dominato da potenze straniere.

Non tutti sanno però che questo processo non si è svolto in modo uguale in tutti i territori italiani. C’è infatti una differenza tra il processo unitario del Nord e quello del Sud che riguarda il modo in cui sono state liberate, le motivazioni che le spinsero all’unificazione e i personaggi protagonisti dei due distinti percorsi unitari. Vediamo cos’è accaduto.

Le premesse dell’Unità d’Italia

Unità d'Italia
Camillo Benso, Conte di Cavour

Il sogno di un’ Italia unita c’è sempre stato, in particolare tra gli intellettuali, come Mazzini, e patrioti, come Garibaldi. Ma all’epoca questo restava un sogno, data la presenza di grandi potenze straniere nella penisola.

Nel  1859 infatti l’Italia era assoggettata a Nord dagli Austriaci che, attraverso legami di parentela con il Ducato di Parma e il Gran Ducato di Toscana e il controllo diretto del Lombardo-Veneto, dominavano tutta la parte settentrionale, a Sud invece c’erano i Borbone di origine francese.

Anche lo Stato della Chiesa si poteva definire influenzato da potenze straniere, visti i rapporti profondi che univano il Pontefice con la Francia di Napoleone III. L’unica eccezione era il Regno Sabaudo dei Savoia composto da Piemonte, Liguria e Sardegna.

È proprio il Primo Ministro piemontese Cavour con l’appoggio del re Vittorio Emanuele II a dare vita al processo che portò all’unità d’Italia, anche se inconsapevolmente. Infatti il motivo per cui aveva deciso di intraprendere una guerra contro gli Austriaci, cercando il sostegno della Francia di Napoleone III, era solo quello di espandere i confini del Regno Sabaudo nel solo nord Italia. Questo perché riteneva impensabile l’idea di poter conquistare tutta la penisola.

Il progetto di un Regno dell’Alta Italia vedeva il sostegno dei ceti borghesi presenti nei territori austriaci italiani, pronti a combattere per l’annessione al Regno Sabaudo, l’unico ad avere una Monarchia Parlamentare che privilegiava la borghesia, mentre in Austria c’era un potere assoluto a difesa della sola nobiltà.

Mazzini non accolse con entusiasmo questa prima fase della II Guerra d’Indipendenza , perché il suo sogno era quello di vedere un’Italia unita da Nord a Sud con un governo democratico, cioè non con un parlamento non composto da soli borghesi, ma da tutti i ceti sociali. Questa fase termina con l’uscita dalla guerra di Napoleone III,  che firma la pace con gli Austriaci, non contento della richiesta plebiscitaria di annessione al nuovo Regno dell’Alta Italia da parte di alcuni territori del centro Italia.

Unità d'Italia
Italia prima e dopo il 1861

La spedizione dei Mille

Sud invece il percorso verso l’unità d’Italia avviene in modo diverso. Tutto inizia nel 1861 quando due siciliani, Francesco Crispi e Rosolino Pilo fanno richiesta al re Vittorio Emanuele II di creare una spedizione di patrioti capeggiati da Garibaldi. In questo caso sono tanti i ceti sociali e non solo quello borghese a sostenere una spedizione per l’unità territoriale, in particolare in Sicilia.

Unità d'Italia
Battaglia Calatafimi

Il problema era che ogni ceto sociale andava contro i Borbone per motivi diversi: i contadini siciliani perché convinti di ricevere, come premio per la liberazione, delle terre attraverso la spartizione dei latifondi; la nobiltà terriera siciliana perché contraria al tentativo dei Borbone di togliere loro il potere dell’isola per cederlo alla borghesia agraria (un nuovo tipo di ceto nato nel sud peninsulare dopo l’abolizione del feudalesimo e composto da borghesi che acquistarono i latifondi dei ex feudatari, e che ora avevano sostituito a Napoli la nobiltà nei ruoli ministeriali); e per ultimo proprio la borghesia agraria che sostenne i Savoia durante l’avanzata garibaldina perché favorevoli all’instaurazione della monarchia parlamentare contro il potere assoluto dei Borbone.

Mazzini, in questo caso, sostenne i garibaldini, perché questa “rivoluzione” era democratica, tanti erano infatti i ceti coinvolti nell’operazione oltre alla borghesia e agli intellettuali pro-unitari.

Le sue speranze però andarono in frantumi, perché l’incontro a Teano tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II , che concluse l’esperienza garibaldina, portò anche a sud l’instaurazione di una monarchia parlamentare di stampo liberale.

Claudia Cepollaro

Fonti:

Barbagallo, La questione italiana.Il Nord e il Sud dal 1860 a oggi. Editori Laterza