Il canzoniere di Petrarca: l’amor profano sopra l’amore sacro

Proseguiamo il nostro discorso sul mal d’amore nella poesia, questa volta analizzando l’opera di un autore fondamentale e la cui esperienza poetica è intessuta di una soggettività che di sicuro riprende il filo trobadorico e stilnovista, ma arricchendolo di preziosità. Naturalmente parliamo di Francesco Petrarca e di quella che è la sua opera più importante, il Canzoniere.

Il Canzoniere. L’amor profano sopra l’amor sacro.

I 366 componimenti che formano il Rerum vulgarium fragmenta (titolo latino per il Canzoniere), possono considerarsi alla stregua di un diario intimo, la testimonianza sincera e profonda di una passione d’amore. Protagonista assoluta di questi versi è Laura, da identificare con tale Laura di Noves, che Petrarca incontra il 6 aprile del 1327 nella chiesa di Santa Chiara ad Avignone. È il terzo sonetto a rammentare questo incontro, visto dal poeta come l’inizio di un lungo tormento.

Era il giorno ch’al sol si scoloraro

per la pietà del suo Factore i rai,

quando i’ fui preso, et non me ne guardai,

ché i be’ vostr’occhi, donna, mi legaro.

 

Tempo non mi parea da far riparo

contra’ colpi d’Amor: però m’andai

secur, senza sospetto; onde i miei guai

nel commune dolor s’incominciaro.

[…]

Il canzoniere
Manoscritto del ‘400 del Canzoniere, con la canzone “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono”.

L’incontro tra Petrarca e Laura avviene in una data che non sembra scelta dal caso. Il 6 Aprile, infatti, veniva rievocata la passione di Cristo e questa data diventa per Petrarca un’occasione per confrontare il proprio dramma individuale con quello della comunità cristiana. Così la morte del Golgota simboleggia lo smarrimento dell’amore spirituale in favore di quello carnale, rappresentato dalla persona di Laura.

Non a caso, le due quartine sono l’una l’antitesi dell’altra. Viene prima rievocato l’episodio, narrato nelle Sacre Scritture, in cui le tenebre soppiantarono la luce del sole una volta avvenuta la crocefissione di Cristo e nello stesso tempo avviene l’infatuamento del poeta secondo lo schema dell fortunato tema di “Amore in armi”, lo scaltro e spietato fanciullo che colpisce alla cieca e inaspettatamente coloro che si infatuano di una donna. Ovviamente Petrarca non si sottrae al suo destino e, senza neanche saperlo (però m’andai/ secur, senza sospetto;), cade nella trappola che Eros gli ha preparato.

[…]

Trovòmmi Amor del tutto disarmato

et aperta la via per gli occhi al core,

che di lagrime son fatti uscio et varco

però, al mio parer, non li fu honore

ferir me de saetta in quello stato,

a voi armata non mostrar pur l’arco.

La trappola è costituita dalla stessa Laura, anzi, dagli occhi della donna. Come era già successo per Bernart de Ventadorn anche qui gli occhi colpiscono la mente del poeta, ma Petrarca lo arricchisce con una patina religiosa: Laura lo ha allontanato dal vero amore, quello nei confronti di Dio. Petrarca ritiene quindi Amore colpevole di aver dato inizio a quella che è una lunga e sofferta passione amorosa per una donna che non gli si cederà mai e che si spegnerà (ironia della sorte) in un altro 6 aprile, quello del 1348. La peste nera flagella l’Europa del basso Medioevo e tra le sue vittime annovera anche quella che è la protagonista principale de il canzoniere

Petrarca e Apollo. Umanità vs immortalità

Noto ai più è la passione verso gli autori classici del Petrarca. Di certo Il Canzoniere non si sottrae di certo all’influsso delle classicità, come è dimostrato dal sonetto 188. Qui Petrarca paragona la propria passione d’amore per Laura a quella del dio Apollo per la ninfa Dafne che, secondo il mito, si trasformò in alloro per sfuggire al dio.

Almo Sol, quella frenda ch’io sola amo,

tu prima amasti, or sola al bel soggiorno

verdeggia, et senza par poi che l’addorno

suo male et nostro vide in prima Adamo.

 

Stiamo a mirarla: i’ ti pur prego et chiamo,

o Sole; et tu pur fuggi, et fai d’intorno

ombrare i poggi, et te ne porti il giorno,

et fuggendo mi toi quel ch’i’ più bramo.

[…]

 

Il canzoniere
Apollo e Dafne – Gianlorenzo Bernini (1622-25)

L’alloro, chiamato lauro dal Petrarca, ha un valore dualistico. Rappresenta il simbolo che richiama all’attività del  poetare che è personificato da Apollo, ma la pianta richiama anche a Laura stessa. Il lauro si può considerare un senhal per richiamarsi alla donna, seguendo la stessa tecnica di occultamento usata dai trovatori. Ma Petrarca non deve guardarsi le spalle da nessun maldicente, perché sa bene che la sua donna non può leggere i propri versi e non potrà mai ricambiarlo. Le terzine conclusive, che mostrano lo sguardo del poeta sempre più allontanarsi dal luogo in cui abita Laura, enfatizzano questo concetto.

[…]

L’ombra che cade da quel’humil colle,

ove favilla il mio soave foco,

ove ‘l gran lauro fu picciola verga,

 

crescendo mentr’io parlo, agli occhi tolle

la dolce vista del beato loco,

ove ‘l mio cor co la sua donna alberga.

Il canzoniere. Una concezione moderna dell’amore

Con il Canzoniere, Petrarca ci offre anche egli una visione sofferta e dilaniante dell’amore. Laura infatti non si piega ai sentimenti del poeta e ne dilata le pene. Ma gli studi intellettuali e religiosi gli danno la forza di rivalutare quella passione, in chiave negativa. Il celebre sonetto Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono apre il canzoniere con lo scopo di avvertire il lettore che i versi che andrà a leggere non sono che frutto di un errore giovanile, di un peccato da cui è felice di non essere più gravato. In verità è più facile a dirsi che a farsi. D’altronde ha molta verità il detto “Il primo amore non si scorda mai“.

Ciro Gianluigi Barbato

Bibliografia

Francesco Petrarca – Canzoniere – BUR Mondadori