Diomede, la scelta di un eroe

La storia di un eroe e il ritorno ad Argo

La più lunga e sanguinosa guerra di cui si sarebbe parlato per oltre mille anni è raccontata dalla mitologia greca e prende il nome di guerra di Troia, scontro epico in cui perirono decine di migliaia di uomini e i grandi eroi dei poemi epici. La distruzione di Ilio e la fine della guerra permise agli eroi sopravvissuti di far ritorno a casa, dalle famiglie, dai figli, sperando che l’affetto e l’amore sarebbe bastati per cancellare oltre dieci lunghi anni di atrocità e ingiustizie. Tra i nostos preferiti e più famosi, il racconto del ritorno di Diomede è quello che collega meglio il rapporto mitologico tra l’antica Grecia e la Magna Grecia, terre lontane in cui si necessitava continuamente di far rivivere il ricordo e il prestigio delle gesta e delle imprese epiche degli eroi della Grecia. 

Diomede

Diomede aveva preso parte alla grande guerra. Era figlio di Tideo, il miglior guerriero dell’epoca antica, che aveva alimentato la fama e il mistero intorno alla sua figura, facendo strage anche di persone a lui vicine, come amici e familiari. Il figlio apprese dal padre la grande abilità dell’arte della guerra e la passione per il combattimento e la lotta. Impegno e costanza nella pratica per destreggiare in modo eccellente un’arma, lo condussero direttamente a Troia; qui, Diomede diede prova del suo talento, affiancando il nobile e l’astuto Odisseo, unendosi all’amico in un sodalizio che li vide affrontare numerose prove difficili e avventure particolari, come la vicenda che vide coinvolta la giovane vergine Ifigenia, condotta da Diomede all’altare per il sacrificio.

Il suo personaggio leggendario è collegato alla storia di Odisseo. Diomede scelse il figlio di Laerte come compagno di avventura e di armi da condurre a Troia per celebrare e omaggiare il nome di Agamennone e degli Achei presso il mondo greco.

Diomede, tra leggenda e verità

Tornato da Troia, si stabilì nuovamente nella sua amata Argo; Diomede fu vittima di un complotto di alto tradimento, una congiura ordita ai suoi danni dall’amata e infedele moglie Egialea, spinta dalla dea Afrodite, che l’eroe acheo aveva ferito sul campo di battaglia. Cercò e trovò rifugio solo in Italia, presso il tempio di Era, dove riuscì a conquistare l’affetto e l’amicizia di Dauno. Una leggenda parla invece di rapporti conflittuali e di ostilità; infatti, Dauno, dopo avergli premesso in dono una parte del suo regno per aver ricevuto un aiuto contro i Messapi, lo fece ammazzare.

Un altro racconto con intonazione negativa riguarda il rapporto che Diomede instaurò con il fratello naturale Aleno, coinvolto come giudice da Dauno per la contesa del regno. Aleno si era innamorato di Evippa, figlia di Dauno, e per ottenerne l’approvazione, decise di compiacere il nemico e tradire il fratello. Tuttavia, Diomede prima di cadere vittima del tranello di Dauno, maledì i suoi nemici e si appropriò del territorio che era suo per diritto, utilizzando delle pietre miracolose portate da Troia per segnare il confine delle sue terre. Le pietre miracolose o magiche tornarono al posto che spettava loro, quando Dauno provò a farle rimuovere.

Ulisse e Diomede rubano il Palladio

La tradizione positiva racconta, invece, di un felice matrimonio tra Diomede e la figlia di Dauno, una vita saggia e piena e una morte naturale, celebrata con inni e onori divini alla sua persona e al suo grande coraggio. Il suo corpo venne sepolto su di un’isola delle Tremiti che portò per molto tempo il suo nome. Molte sono le leggende secondo cui il Tavoliere della Puglia fu per secoli chiamato Pianura di Diomede e molti villaggi lo onorarono e celebrarono come loro fondatore e protettore della Pianura.

La scelta di un eroe

In uno di questi insediamenti, Diomede, secondo quanto racconta Virgilio, un’ambasciata dagli antichi abitanti italici per scendere in campo e combattere contro il nemico Enea, il troiano. Virgilio ricorda e tramanda ancora di come Diomede avesse sbaragliato gli avversari e si fosse contraddistinto, soprattutto a Troia, per la sua giustizia e lealtà, di abile guerriero tanto decantato dall’Iliade omerica. Emerge invece nell’Eneide una nuova proposta dell’eroe: Virgilio ne modifica le connotazioni, rendendolo un uomo maturo e saggio, un eroe a cui le violenze della guerra, le disgrazie e le tragedie non hanno scalfito il senso dell’onore ma abbiano contribuito piuttosto a renderlo incline ad apprezzare la vita semplice, pacifica e quotidiana.

“Non trascinatemi ad empi confronti sul campo di battaglia. Non c’è più inimicizia tra me e i troiani dopo la caduta di Troia e non mi rallegra il ricordo degli affanni passati…

In qualunque modo, stringetevi la mano sì destra in un patto di alleanza e fate sì che mai più le armi si scontrino con le armi.” 

Alla fine, così, Diomede scelse per sé una vita lunga e tranquilla, rinunciando alle imprese e alle guerre eroiche ma non dimenticando mai di aver preso parte alla guerra più combattuta di sempre, la distruzione di Ilio che sarebbe stata ricordata dalle pagine più drammatiche della mitologia.

Valentina Labattaglia

Bibliografia:

A. CERINOTTI, Atlante dei Miti dell’antica Grecia e di Roma antica, Demetra editrice, Verona 1998