Il mito di Hercules: quanto è accurata la narrazione Disney?

Il film d’animazione “Hercules” approda nelle sale cinematografiche di tutto il mondo nel 1997. È il 35° nella lista dei classici Disney, diretto da Ron Clements e John Musker, i talentuosi registi/animatori che hanno segnato la storia del cosiddetto Rinascimento Disney.

Il “Rinascimento Disney”

È durante questo periodo, infatti, che la casa cinematografica di Burbank torna alla ribalta al botteghino (dopo quello che viene definito il Medioevo Disney degli anni ’60 e ’70) proprio attraverso un nuovo target di film d’animazione. I cartoni hanno nuove illustrazioni più armoniose e riconoscibili, colonne sonore iconiche affidate a grandi artisti della musica e soprattutto sceneggiature ispirate alle celebri opere della letteratura del passato, già conosciute e apprezzate dal grande pubblico (un esempio è Aladdin, ispirato ai racconti de Le mille e una notte, oppure Il gobbo di Notre Dame, dalla famosa opera di Victor Hugo).

Hercules è il primo caso, per la Disney, di incursione nella mitologia greca, spesso estromessa dalle grandi sceneggiature hollywoodiane. Si preferiscono racconti di ambientazione romana, più vivaci e cruenti, rispetto alla controparte ellenica che è stata a lungo percepita come noiosa e prettamente intellettualistica. È per questo motivo che, nel raccontare le imprese del valente Eracle, la Disney effettua delle precise scelte nello sviluppo della sceneggiatura. La trama si fa lineare, con un cattivo da sconfiggere e un happy ending come trionfo del bene sul male. In questo contesto, quanto resta della tradizione del passato?

I personaggi: Hercules o Herakles?

Partiamo dal nome: la Disney preferisce la nomenclatura latina Hercules (da cui l’italiano Ercole) rispetto alla trascrizione greca Herakles (da cui la variante Eracle). Lo scopo è andare incontro alle esigenze di un pubblico molto più abituato alla romanità che alla grecità.

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Ercole a riposo, III sec. d.C., Museo Archeologico Nazionale di Napoli

I nomi degli dei e degli antagonisti, invece, sono quelli ellenici: c’è Zeus e non Giove, Hera e non Giunone, Ade e non Plutone. La mitologia è restituita alla sua dimensione arcaica, con i nomi orientaleggianti del mondo greco, coerenti con l’ambientazione del film (Tebe), che restituiscono il fascino del perduto, del lontano, del misterioso. La componente fantasy data da streghe, fate e mostri assume un ruolo di punta nell’obiettivo di un buon divertissement infantile. Il fantasy, in questo caso, è il mito: una tradizione precostituita di personaggi eroici e ambientazioni lontane, che si presta perfettamente al gioco del cartone.

Anche le origini del semidio sono diverse. L’Eracle del mito (raccontatoci soprattutto da Apollodoro nella sua Biblioteca, ma estremamente presente in tutta la tradizione classica, fin da Omero) non nasce sull’Olimpo. È figlio di uno dei tanti amori adulterini di Giove, che si unisce alla mortale Alcmena mentre il marito, Anfitrione, è lontano per una spedizione di guerra.

Gli stessi Alcmena e Anfitrione sono presenti in Hercules come suoi genitori: due poveri contadini, che trovano il bambino abbandonato in un campo. Nella mitologia i due sono tutt’altro che campagnoli, bensì i sovrani di Tirinto. E c’è di più: Ercole ha un fratello gemello, Ificle, frutto del seme mortale di Anfitrione.

Gli antagonisti

Da ciò si può facilmente dedurre che il naturale antagonista di Ercole non sia (come nel film Disney) Ade, il re degli inferi, ma l’amante tradita Hera, moglie di Zeus, che vede in Eracle il frutto dell’amore del marito fedifrago. Sarà lei a mettergli i bastoni tra le ruote durante tutte le sue imprese mitiche.

Con Ade, invece, Eracle si incontra poche volte. L’unico incontro diretto è durante la sua dodicesima e ultima fatica, che prevede di riportare vivo a Micene il cane degli inferi, Cerbero. Eppure, Ade si presta perfettamente al ruolo di antagonista: vive tra i morti, ci si aspetta abbia sembianze cupe, che covi sentimenti d’invidia dato il suo essere relegato nel sottosuolo. E quindi la bella Hera diviene, nell’universo Disney, una madre amorevole e addolorata per la perdita del figlio, in perfetta armonia col marito Zeus; Ade è il cattivo oscuro e vestito di nero, circondato da mostri e tenebre. Un classico.

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Megara nel film Disney “Hercules” (pic from Pinterest.fr)

Quale Megara? Quale Filottete?

Megara, la bella D.I.D. (“Donzella In Difficoltà”, come la apostrofa Filottete), dalla tradizione mitica prende solo il nome. Nel mito è la prima moglie di Eracle, datagli in dono dal sovrano di Tebe come ricompensa per averlo aiutato nella lotta contro i Mini; Eracle ucciderà tutti i loro figli, e la darà poi in sposa ad altri per poter convolare a seconde nozze. Dunque nessun amore a prima vista, nessuna storia romantica. In compenso, Megara si inserisce perfettamente tra i personaggi femminili Disney di quegli anni. Non è una fanciulla indifesa da salvare, ma un personaggio strutturato, che rivelerà la sua natura positiva soltanto nel finale.

Quando Hercules la vede per la prima volta, Megara è intrappolata tra le grinfie del centauro Nesso che però, nella mitologia greca, rapisce Deianira, seconda moglie di Eracle. Di più: l’epiteto affidato a quest’ultima nella tradizione greca è “dalle belle caviglie“, laddove nel film Disney Megara si definisce più volte “dalle caviglie deboli“. La contaminazione tra i due personaggi è evidente, e semplifica la vicenda riunendo le spose di Eracle in un’unica persona.

Ultimo, ma non per importanza, il satiro Filottete. Anche qui, c’è poco in comune con la mitologia greca: Eracle incontrerà Filottete solo alla fine della sua vicenda, quando questo, uno sconosciuto di passaggio, appiccherà il fuoco sulla sua pira mortuaria. E, soprattutto, il Filottete greco non era un satiro, ma un giovane bellissimo arciere. La scelta di renderlo un satiro, metà uomo e metà capra, alla spasmodica ricerca di ninfe da sedurre (recuperando la tradizione antica, che vede i satiri come mostruose creature perverse) è parte di quelle scelte di sceneggiatura che hanno segnato la rinascita dei classici Disney degli anni ’90: l’inserimento di personaggi secondari, spesso spalle comiche, che con le loro gag e la loro ironia hanno segnato l’immaginario collettivo spesso anche più del protagonista stesso. Filottete, in questo, è un personaggio perfettamente riuscito.

Altri personaggi dal mito

Altri personaggi infine, come le Parche, i Titani, il Ciclope, sono riproposti all’interno del film (anche qui, ben lontani dal mito) sebbene abbiano poco a che fare con la saga di Eracle. Fanno parte di un immaginario mitico ben noto, inseriti probabilmente per la familiarità che lo spettatore ha con loro, rispetto al meno conosciuto mito di Hercules. Sono dei punti di riferimento mitologici, che guidano lo spettatore nella contrapposizione tra il bene e il male.

Le 12 fatiche o la Titanomachia?

L’Hercules Disney propone una storia ben diversa dalle gesta celebri dell’eroe nella mitologia, che ruotano perlopiù intorno alle sue 12 fatiche. Il racconto Disney sembra invece attingere dalla Gigantomachia, la lotta che i Giganti ingaggiarono contro gli dei dell’Olimpo per sovvertire la gerarchia vigente, aizzati dalla loro madre Gea e dai Titani. Questi ultimi, invece, sono i protagonisti della precedente Titanomachia, una lotta tra gli dei olimpi e i Titani stessi, guidati da Crono; al termine di tale lotta (ostile ai Titani anche Ade), Zeus li rinchiuse nel Tartaro per l’eternità. Dunque anche qui una contaminazione: i Titani rinchiusi nel Tartaro combatteranno nel film la battaglia che, nella mitologia, è combattuta dai Giganti.

Le 12 fatiche di Eracle sono ridotte a fugace carrellata all’interno della canzone “Zero to hero” (nella versione italiana “Ieri era zero“), anche qui con qualche modifica. I mostri che Hercules si trova costretto ad affrontare sono quelli che sguinzaglia il dio Ade per ucciderlo. Fedeli al mito ritroviamo l’Idra, il mostro a tre teste, il leone di Nemea (che nel film assume l’aspetto di Scar, antagonista nel celebre Il Re leone; un simpatico easter egg), il cinghiale di Erimanto. Ma ritroviamo anche l’Arpia, il serpente marino Ceto, il Minotauro (ucciso da Teseo), il Grifone e una delle Gorgoni. Il cane Cerbero, protagonista della 12esima fatica, sarà domato da Hercules attraverso il lancio una enorme bistecca.

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Eracle infante uccide i serpenti, II sec. a.C., Musei Capitolini

Gli elementi in comune col mito

Numerosi, però, anche i riferimenti al mito originario. Pena e Panico (personaggi di fantasia, anche questi inscrivibili nel novero delle spalle comiche), all’inizio del film, si tramutano in due serpenti per uccidere il piccolo Hercules. Ma il bambino, già dotato di una forza straordinaria, li lega insieme e li scaraventa via lontano. Nel mito si racconta che Anfitrione, per scoprire quale dei due gemelli fosse figlio suo e quale il figlio di Zeus, abbia messo nella culla degli infanti due serpenti, che sarebbero stati uccisi dal piccolo Eracle.

Anche le numerose problematiche in società del giovane Hercules che non padroneggia la sua forza sono ascrivibili al mito originario. Eracle ucciderà per sbaglio il suo maestro nello studio della cetra, Lino, e per questo il padre lo relegherà a una vita nei campi. Nel film, Hercules distrugge per sbaglio l’intera agorà della sua città nell’intento di aiutare un vasaio a spostare un carico pesante. Anche qui si rifugerà nei campi, a cantare una canzone sulla diversità che lo contraddistingue e sulle difficoltà ad essa legata (un’eco elegiaco/bucolico?).

La storia inizia con le Muse (qui adorabili figure pop) che raccontano le vicende di Zeus contro i Titani, un rimando agli incipit epici degli antichi aedi. Termina poi con l’apoteosi di Hercules, che per le proprie virtù avrà l’onore di divenire costellazione nel firmamento.

Hercules è un film per tutti

Hercules è dunque, nel complesso, un esperimento ben riuscito. Il mito si presta da sempre ad essere fiaba, che questa volta sfrutta gli elementi del passato arcaico (ben più articolato) per ricondurli alla classica opposizione tra bene e male. I personaggi sono quelli dell’antica tradizione, ma la trama è tutta Disney, nella sua riconoscibile cifra stilistica di ‘musical a cartone‘, che lo rende un prodotto cinematografico ben definito e collaudato.

Si può dire che l’intera pellicola sia cosparsa di riferimenti all’antichità classica: la fugace apparizione della Venere di Milo, quando Hercules lancia un ciottolo nello stagno nel giardino di Megara e malauguratamente colpisce una statua, mutilandola; quando Megara, nel medesimo stagno, si punge la schiena urtando contro una miniatura di Cupido che tende l’arco e la freccia; la riproduzione del maestoso tempio di Zeus a Olimpia, dove Hercules approda per cercare notizie sulla sua origine; la ninfa inseguita da Filottete, che per non essere braccata si tramuta in un albero, come fece Dafne per sfuggire alle smanie del dio Apollo.

Lo scopo è il divertimento del pubblico di bambini a cui è rivolto, senza tralasciare gli spunti letterari e la formazione culturale, che rende facilmente fruibile il prodotto anche a uno spettatore più adulto, il quale coglie con più facilità le battute di spirito spesso colte (celebre quella di Fil: “Odisseo, Perseo, Teseo… un sacco di ‘seo’ “; o anche Hermes che, alla nascita del bambino, dice “non vedevo tanto amore in una stanza da quando Narciso ha scoperto se stesso!”) e i rimandi all’arte e alla letteratura. La scelta di rappresentare il passato mitico comune a tutto l’Occidente rende ancora più vasto il pubblico di riferimento, permettendone la diffusione tanto nel nuovo quanto nel vecchio continente.

Camilla Ruffo

Bibliografia e sitografia: