L’appello al Sinodo di Clermont di Urbano II (1095)

Il discorso definito “appello al Sinodo di Clermont” fu un sermone dell’allora Papa Urbano II del 27 novembre 1095 con il quale invitava i fratelli cristiani ad accorrere in Oriente per difendere i fedeli dai soprusi dei Musulmani. Esso è entrato alla storia perché considerato l’inizio della stagione delle Crociate. Vediamo di cosa si tratta nei dettagli.

Cos’è una Crociata? Origini del fenomeno

Innanzitutto occorre definire cosa sia una crociata. Secondo Jean Flori “la crociata era una guerra santa avente come obiettivo il recupero dei Luoghi santi di Gerusalemme da parte dei cristiani”.[1] Il termine cruciata non comparve prima del 1250. In precedenza si parlava di iter o expeditio o passagium in terram sanctam o peregrinatio.[2]

L’idea di una guerra giusta rivolta agli infedeli si diffuse nel corso dell’XI secolo, durante il quale la Chiesa romana sostenne guerre sotto il vexillum S. Petri in funzione anti musulmana in Spagna.[3] Le armate coinvolte ricevettero la benedizione Apostolica, così come le loro insegne. Si aggiunsero anche stendardi sacri a quelli dei cavalieri, ossia stendardi con la croce che richiamavano quelli di Costantino (croce + monogramma). Nel 1087 le navi pisane che assediarono al-Mahdyah presentavano il vexillum
[4] e la medesima retorica animò la conquista della Sicilia araba da parte di Ruggero I d’Altavilla (ultimata nel 1091). [5]

Tali guerre si inseriscono nel contesto di espansione della Christianitas. Con il termine Christianitas si identifica l’insieme di terre non unificate politicamente ma abitate da una popolazione prevalentemente cristiana che si immaginava caratterizzate da tratti culturali comuni, in opposizione al mondo islamico. Il termine Christianitas, per utilizzare paragoni col mondo contemporaneo, aveva una funzione simile all’espressione “mondo occidentale”, ma esprimeva un’identità collettiva più sentita soprattutto da un punto di vista religioso.

Gregorio VII e l’estensione della Christianitas

Gregorio VII, sotto il cui papato giunse al culmine il Discidium inter sacerdotium et regnum, conosciuto comunemente come lotta per le investiture, pose le fondamenta per la costruzione di un vero e proprio “Impero papale”, una macchina amministrativa dotata di proprie istituzioni capillarmente diffuse nella Christianitas, e in grado di rivaleggiare con la potenza dell’Impero. Egli fu il primo pontefice a riservare attenzioni speciali all’espansione della Christianitas.

Gregorio VII ampliò gli stati vassalli della Santa Sede (regno di Kiev e di Croazia), espanse la sovranità papale in Aragona, ricevette in eredità i beni della contessa Matilde, fu riconosciuto sovrano dai principi normanni, rivendicò la proprietà delle chiese riconquistate ai musulmani in Spagna e il trono d’Ungheria. Egli era animato dalla volontà di creare vincoli temporali soprattutto con i regni spagnoli e con le contee del sud della Francia, tant’è che in queste regioni intervenne nelle nomine vescovili. Lo stesso Gregorio VII progettò un piano contro i Turchi.

Cosa più importante di tutte fu il suo preoccuparsi di propagare le idee della riforma gregoriana, che a lui deve il nome, in tutta la Christianitas e oltre, pensando all’organizzazione della gerarchia ecclesiastica nei paesi conquistati o riconquistati alla fede cristiana, ossia le regioni europee centro-orientali. Si concentrò molto sui Regni scandinavi (Danimarca, Norvegia e Svezia) descritti come luoghi lontanissimi: il Regno di Norvegia si trova “quasi all’estremità dell’orbe”,[6] mentre quello di Danimarca “è posto nelle ultime estremità della terra”.[7] L’area d’influenza del papato superò così quella dell’Impero,[8] la stessa Chiesa venne definita “madre di tutta la Christianitas”,[9] e al papa “è stato affidato il regimen universale”.[10]

La Christianitas non si identificava con l’Europa, ma potenzialmente poteva estendersi ovunque, anche su Asia ed Africa, come testimonia una lettera di Gregorio VII al vescovo di Cartagine Ciriaco dove si doleva della penuria di vescovi in Africa.[11]

Perché nacque la Crociata? Qual è il ruolo di Urbano II? Cos’è il Sinodo di Clermont?

Il mezzo principale con cui la Christianitas espanse i propri confini nel corso del Basso Medioevo fu la Crociata. La nascita della guerra santa per eccellenza è stata, in realtà, più complessa di quanto si immagini. Urbano II, protagonista del sinodo di Clermont che, nel 1095, diede inizio alla Crociate, non immaginava certamente le conseguenze del suo appello. Sulle sue ragioni si è molto discusso e in realtà l’iniziativa non partì neanche da lui. Durante il concilio di Piacenza, tenutosi fra il 1 e il 5 marzo, Urbano II ricevette, infatti, un’ambasciata da Alessio I Comneno, imperatore di Costantinopoli, con l’obiettivo di “sollecitare con insistenza dal papa e da tutti i fedeli di Cristo aiuto per la difesa della Santa Chiesa”.

Urbano II esortò i cavalieri presenti al concilio di Clermont a recare soccorso ad Alessio. Dal 1071, anno della battaglia di Manzikert, l’Impero bizantino aveva visto il progressivo avanzamento dei Turchi selgiuchidi, che all’avvento della dinastia dei Comneni avevano conquistato praticamente l’intera Anatolia. L’impresa prospettata ad Urbano II consisteva in un aiuto militare da fornire ai Bizantini per recuperare le terre perdute; questo costituì, però, la base per un progetto di più ampio respiro.

Urbano II rimase molto colpito dalla relazione sulle sofferenze dei cristiani d’Oriente fatta dagli ambasciatori bizantini. Durante i mesi successivi concepì l’idea di estendere a Oriente l’opera di riconquista che stava avvenendo già nella penisola iberica da trent’anni. L’appello per la liberazione della Terra Santa avvenne al Sinodo di Clermont, tenutosi nel novembre dello stesso anno. Dopo aver regolato le questioni ecclesiastiche, il 27 novembre, in pieno concilio, il papa arringò la folla col famoso discorso, che venne poi riportato in versioni differenti da vari cronisti. Analizziamo qui di seguito la versione di Roberto il Monaco, particolarmente carica di contenuti .

crociate
Battaglia di Dorylaeum (1097)

Il discorso al Sinodo di Clermont raccontato da Roberto il Monaco

Urbano II cercò di sensibilizzare i propri uditori sulla condizione dei cristiani d’Oriente descrivendo al Sinodo di Clermont le nefandezze dei Turchi, chiamati nel documento “Persiani”. I Turchi avevano devastato le terre dei Greci, rendendo prigionieri parte degli abitanti e uccidendone un’altra parte, avevano distrutto le chiese o le avevano riconvertite in moschee, profanando gli altari e circoncidendo i cristiani. Descrizioni di morti truculenti servivano a colpire l’animo degli astanti. Spettava ai cristiani d’Occidente prestare soccorso ai Greci, seguendo l’esempio di Carlo Magno che affrontò i pagani.

Ma il motivo ancora più importante per partecipare alla Crociata è la volontà di liberare il Santo Sepolcro di Gesù Cristo caduto in mano pagana. I cristiani furono invitati ad abbandonare la propria famiglia e i propri beni per prendere la via di Gerusalemme e dirigere le proprie energie, spese in guerre fratricide, contro gli infedeli. La Crociata era ispirata e voluta da Dio, da cui il famoso grido “Deus lo volt”. Chiunque avesse voluto partecipare alla spedizione avrebbe dovuto portare il segno della croce, come scritto nel Vangelo.[12]

Non conosciamo, però, le esatte parole di Urbano II. Le cinque versioni dell’appello al Sinodo di Clermont sono state  scritte  dopo la  presa  di  Gerusalemme e non durante il concilio stesso. Ciò non è da trascurare: probabilmente Urbano II non aveva minimamente pensato ad una conquista armata del Santo Sepolcro e l’idea si formò progressivamente.[13] Al contempo, le descrizioni del comportamento dei Turchi sono sicuramente esagerate, dato che nelle terre islamiche i cristiani erano trattati con rispetto. Al di là, comunque, delle vere intenzioni di Urbano II, l’effetto del suo discorso fu di suscitare la nascita del movimento crociato.

Quali furono le conseguenze del Sinodo di Clermont? Come fu organizzata la Crociata?

Enrico IV era scomunicato, così come Filippo I di Francia, mentre il re d’Inghilterra era contrario alla riforma gregoriana; praticamente non c’era alcun re occidentale a cui rivolgersi. Per tale motivo il pontefice stravolse le gerarchie e assunse personalmente la direzione della spedizione, preoccupandosi di organizzarla. Designò legato pontificio il vescovo di Le Puy, con l’incarico di fare le sue veci alla testa dell’esercito che sarebbe poi partito per la Terra Santa nel 1096; al suo fianco ci sarebbe stato Raimondo IV di Saint-Gilles, conte di Tolosa.

Questa è la grande novità della crociata: il papa è a capo di un esercito impegnato in un’impresa temporale, una guerra con l’obiettivo di proteggere la Christianitas, anzi, di allargarne i confini, mentre tale compito spettava solitamente all’imperatore. Una situazione che sarebbe apparsa paradossale solamente un cinquantennio prima.

Sostituendosi ai sovrani temporali, Urbano II compie un atto rivoluzionario, poiché si comporta come un qualsiasi sovrano occidentale: il confine fra sfera spirituale e sfera temporale praticamente non esiste più. Inoltre la Crociata diviene fin da subito un’esclusiva papale: solo il pontefice può, infatti, convocarla mediante una specifica bolla.[14]

Il concetto di guerra santa

L’esercito crociato doveva essere unico, aperto a tutti i cavalieri cristiani; per facilitare il reclutamento, Urbano II concesse la remissione dei peccati a tutti coloro che avrebbero partecipato alla spedizione in modo disinteressato e non per cercare onore o ricchezze. Furono presi provvedimenti per tutelare i beni dei crociati, posti sotto la protezione del vescovo. Il concetto di guerra santa non era del tutto nuovo: tra i tanti che ne avevano parlato figura, per esempio, Agostino.[15]

Le guerre sassoni di Carlo Magno possono esser viste come un precedente della guerra santa contro l’infedele, così come la guerra difensiva messa in moto quando la Christianitas era stata minacciata dalle invasioni pagane (Normanni, Ungari, Slavi, Saraceni). Con la Crociata la guerra venne definitivamente cristianizzata. Urbano II benedì i vessilli ed autorizzò l’invocazione dei santi per ottenere la protezione durante i combattimenti. I suoi intenti erano “caritatevoli”, ossia soccorrere i cristiani oppressi dai Turchi; la Crociata, ponendosi l’obiettivo di porre rimedio ad un’ingiustizia, rientrava, quindi, anche nei confini della “guerra giusta” definiti da Agostino.[16][17]

Quali furono le conseguenze della Prima Crociata?

La prima crociata rappresentò un successo: Gerusalemme fu “liberata” dal dominio musulmano, secondo la prospettiva cristiana, e fu instaurato un Regno cristiano in Israele, chiamato Regno di Gerusalemme, oltre ad altri stati cristiani in Siria. I cavalieri crociati si diedero al saccheggio e a tentativi di conversioni forzate dei musulmani che riuscirono solo temporaneamente.

Urbano II non seppe mai della presa di Gerusalemme nel 1099 né si occupò dell’organizzazione dei territori crociati, in quanto morì prima che la notizia giungesse a Roma. Teoricamente Siria e Palestina avrebbero dovuto diventare degli stati feudali posti sotto la sovranità pontificia ma la morte di Urbano II e del legato Ademaro di Monteil fecero sì che i territori riconquistati all’Islam formassero quattro stati indipendenti non soggetti ad alcun potere superiore (Regno di Gerusalemme, Contea di Tripoli, Principato di Antiochia, Contea di Edessa).

Crociate Goffredo di Buglione Chanson de Jérusalem

La Chiesa romana si occupò però dell’organizzazione ecclesiastica. Arnolfo di Chocques, che aveva assunto la direzione religiosa della crociata dopo la morte di Ademaro, fu nominato patriarca di Gerusalemme. Il clero locale greco fu sostituito da quello latino, il che contribuì ad aumentare lo strappo tra Roma e l’impero romano d’Oriente. La crociata, che traeva origine dall’appello di Alessio I Comneno per salvaguardare i cristiani orientali, si risolse in tutt’altro modo.

La prima crociata fu l’unica a rappresentare un netto trionfo per i Cristiani: le successive spedizioni organizzate per rafforzare la presenza cristiana in Israele, per riconquistare i territori perduti o per indebolire i Musulmani furono ripetuti fallimenti o mezze vittorie. La salvaguardia cristiana in Terra Santa richiedeva grosse spese e un grosso dispendio di energie e di uomini che non sempre i sovrani erano disposti ad accettare; e, anche in caso di poderose organizzazioni, le spedizioni cristiane non si risolvevano automaticamente in vittorie decisive contro i musulmani.

L’appello al sinodo di Clermont fu importantissimo più per le sue conseguenze sul lungo periodo che per le immediate ricadute pratiche. Il discorso di Urbano II, infatti, introdusse nella mentalità occidentale l’idea della guerra santa in Israele, ossessione destinata a riemergere più volte tra i regnanti e i sudditi cristiani fino a Lepanto (1571). Dopotutto lo storico Jacques Le Goff affermò che l’unico frutto della Crociata fu l’albicocca, a dimostrazione di come portò pochi risultati da un punto di vista materiale.

Per i musulmani, invece, le crociate costituirono un episodio marginale : come descrivere altrimenti una serie di spedizioni fallimentari verso un piccolo lembo di terra nel loro immenso dominio? Talvolta la Storia è anche questione di prospettiva.



Note

[1] Jean Flori, «Pour une redéfinition de la croisade». In: Cahiers de civilisation médiévale, 47e année (n°188), Octobre-décembre 2004. pp. 329-349.

[2] Hans Eberhard Mayer, Geschichte der Kreuzzüge, Stoccarda, 1965, p. 263, cit. in Karl-Heinz Bender, Hermann Kleber, Les épopées de la croisade, Premier colloque International (Trèves, 6-11 août 1984), Stoccarda, Franz Steiner Verlag Wiesbaden GMBH, 1987, p. 54.

[3]Franco Cardini, Studi sulla storia e sull’idea di crociata, Roma, Jouvence, 1993, p. 185.

[4] Ivi, p. 189.

[5] Ivi, p. 186.

[6] Philipp Jaffé, Gregorii VII registrum, VI 13, in Bibliotheca rerum Germanicarum Tomus II: Monumenta Gregoriana, Weidmannos, Berolini, 1865, p. 343.

[7] Reg. VII, 5, p. 385.

[8] Reg. II, 75, p. 199.

[9] Reg. I, 15, p. 27.

[10] Reg. II, 51, p. 167.

[11] Reg. III, 19, pp. 234-235.

[12] The Historia Iherosolimitana of Robert the Monk, a cura di Damien Kempf e M. Graham Bull, Woodbridge, The Boydell Press, 2013, pp. 4-8.

[13] Franco Cardini, La crociata, l’idea, la storia, il mito, intervista presente nell’Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche, 14 aprile 2000, in http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=515

[14] Franco Cardini, Studi sulla storia e sull’idea di crociata, cit., p. 189.

[15] Agostino da Ippona, Quaestiones in Heptateuchum, VI, ed. I. Frapoint, in C.C.S.L., p. 319 – “Iusta autem bella ea definire solent quae ulciscuntur iniuras, si qua gens vel civitas, quae bello petenda est, vel vindicare neglexit quod a sui inprobe factum est vel reddere quod per iniuras ablatum est. Sed etiam hoc genus belli sine dubitatione iustum est, quod Deus imperat”

[16] Franco Cardini, F., Studi sulla storia e sull’idea di crociata, cit., p. 187.

[17] Agostino da Ippona, Contro Fausto manicheo, libro XXII, cap. 75, trad. it in http://www.augustinus.it/italiano/contro_fausto/index2.htm .