La Polonia, Solidarnosc e il crollo del regime sovietico

In questo articolo si ripercorreranno le lunghe vicende che hanno contraddistinto la storia della Polonia dal termine della Seconda Guerra Mondiale fino alle libere elezioni del 1989. Le consultazioni che videro trionfare Lech Walesa e Solidarnosc. Un percorso molto complesso, quello polacco, ricco di passi in avanti e altrettanti passi indietro, dunque non esente da contraddizioni e tragedie.

Sul finire della Seconda Guerra Mondiale il destino della Polonia è deciso a Potsdam, dove avviene l’ultima conferenza dei rappresentanti delle potenze alleate: Attlee per la Gran Bretagna, Truman per gli Stati Uniti d’America e Stalin per l’Unione Sovietica. Il paese perde alcune province orientali a vantaggio dell’Urss, ma ne guadagna ad Occidente a scapito della Germania. Inoltre, per la prima volta nella sua storia, è etnicamente omogenea: scomparsi gli ebrei, i tedeschi sono espulsi e ucraini e bielorussi divengono cittadini sovietici.

La Polonia ha pagato a caro prezzo il conflitto: il 20% della popolazione ha trovato la morte e l’inflazione raggiunge livelli spaventosi: nel 1945 un lei vale 32.000 sterline. Nel 1946 sarà un milione.
Si consideri anche che l’essere finiti nell’orbita sovietica ha comportato la totale accettazione del modello comunista. Un modello espresso in un’efficiente ricostruzione dell’industria pesante, ma che mostra da subito la modesta qualità della vita, neanche lontanamente paragonabile a quella occidentale. La ricchezza, l’iniziativa privata e il successo individuale sono, per la Polonia come per gli altri stati dell’Est, un miraggio.

La rivolta di Poznan e le politiche di Gomulka

Nel 1956, lo stesso anno della rivolta ungherese, anche in Polonia scoppia la protesta. A guidarla sono gli operai dei cantieri di Poznan al grido di “pane e libertà”. Mosca, per evitare che la situazione precipiti ulteriormente (gli operai uccisi saranno un centinaio), decide di riabilitare Wladyslaw Gomulka, arrestato nel 1948 poiché vittima delle purghe staliniane. Gomulka, dopo aver giurato fedeltà al Patto di Varsavia, può inaugurare le sue timide politiche riformatrici. Vengono privatizzate alcune aziende e sono riconosciuti i consigli operai autonomi. Nell’ottica dei rapporti Stato-Chiesa si procede alla liberazione del cardinale Stefan Wyszyński, dal 1954 confinato in un convento. Wyszyński sarà una delle figure chiave della Polonia nonché mentore di Karol Wojtyla.

La forte componente cattolica in Polonia

In Polonia la repressione politica è molto diversa rispetto agli altri Stati membri del Patto di Varsavia. Secondo lo storico Paolo Viola: «i dissidenti riuscivano a sopravvivere, nelle pieghe di un regime, che si sforzava di apparire più paternalista che repressivo.»
Una delle peculiarità che spiega questo aspetto è la radicata componente cattolica presente nel Paese, che mai il regime riuscirà ad estirpare. Questa componente, ricorda sempre Viola: «si era affermata per contrasto con […] russi e tedeschi, rispettivamente ortodossi e luterani, tante volte nella storia alleati tra di loro contro la Polonia». Inoltre la classe operaia degli immensi cantieri navali di Danzica coltivava una fede cattolica molto più profonda di quella marxista-leninista. Una paradosso, se si considera che a combattere la “dittatura del proletariato” siano proprio quegli operai che ne dovrebbero costituire la spina dorsale.

Lech Walesa, il leader di Solidarnosc, nei cantieri navali di Danzica

La creazione di un nuovo sindacato: Solidarnosc

Nel 1979 la Polonia ha una sua prima carta dei diritti dei lavoratori, che rappresenta una novità assoluta nel blocco comunista. Sono contemplati il riconoscimento dei sindacati indipendenti e il diritto di sciopero. L’anno dopo viene riconosciuto il primo sindacato: Solidarnosc. A guidarlo è Lech Walesa, un elettricista dei cantieri di Danzica. L’organizzazione conta circa dieci milioni di iscritti, quindi un polacco su quattro. Questa massa sterminata, composta da operai, studenti, anziani e bambini mette in allarme la tirannia del governo comunista grazie alla sua forza prorompente. Con le proteste di Solidarnosc vengono messe in discussione anche tutte le basi ideali del Patto di Varsavia.
La situazione per Mosca è priva di sbocchi: un intervento armato sarebbe la conseguenza più logica, ma a ben guardare sarebbe priva di legittimità.

L’ideologia di Solidarnosc

L’agire del sindacato è sempre prudente e cauto, non vuole forzare la situazione né abbandonarsi a proteste violente, memore delle repressioni ungheresi e cecoslovacche. Oltretutto Walesa e i suoi possono avvalersi dell’appoggio di Giovanni Paolo II. L’enciclica di riferimento degli attivisti è “Laborem exercens”, pubblicata nel 1981, dov’è analizzato il lavoro dell’uomo in occasione del Novantesimo Anniversario del “Rerum Novarum”. Intanto nei cantieri “Lenin” di Danzica, presso il cancello due, campeggia il ritratto del “papa polacco” affiancato dalla raffigurazione della Madonna Nera di Czestochowa.

I manifestanti  di Solidarnosc nei cantieri navali di Danzica

Il cappellano di molti operai appartenenti al sindacato è padre Jerzy Popieluszko, giovane prete che svolge attività in prima linea a sostegno di Solidarnosc. Ed esorta il popolo a ribellarsi grazie alle omelie, unico modo per esprimere le proprie idee. Per il regime padre Popieluszko risulta ben presto una voce pericolosa. Dopo varie intimidazioni e un provocato incidente stradale dal quale esce illeso, il Ministero dell’Interno ne decreta l’eliminazione. Nel 1984 sarà sequestrato e pestato a sangue da tre agenti i quali lo butteranno nel fiume Vistola. Al suo funerale parteciperanno circa 400.000 persone.

1981: il colpo di stato del generale Jaruzelski

Intanto il governo polacco, che ha alla sua guida il generale Jaruzelski, è costretto a scendere a patti con Solidarnosc. E’ una situazione che, per gli apparati del partito, non è più tollerabile. Nel dicembre del 1981 Jaruzelski compie un colpo di stato che introduce le leggi marziali. Walesa, come molti altri, è arrestato. Il momento è estremamente delicato, i polacchi si ritrovano con i carri armati per strada e le poche libertà presenti nel paese sono soppresse. Nonostante questo l’unità del paese non è scalfita, la stragrande maggioranza è ancora dalla parte di Solidarnosc. Jaruzelski giustificherà il golpe affermando che con la sua azione evitò un intervento sovietico. Walesa esce di prigione l’anno successivo e nel 1983 ottiene il Nobel per la pace, ritirato però da sua moglie.

L’elezione di Giovanni Paolo II nel 1978 e le reazioni in Polonia

La storia della Polonia ha una sterzata improvvisa il 16 ottobre 1978, quando ancora il il regime non era stato travolto dalle proteste popolari.
A Roma il collegio cardinalizio elegge nuovo pontefice l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, con il nome di Giovanni Paolo II. Per la dirigenza del PCUS fu uno shock, come enorme fu lo stupore del segretario del partito in Polonia, Edward Gierek. Per i sovietici l’elezione di Wojtyla è la diretta conseguenza delle politiche troppo morbide attuate nel paese dal governo nei confronti della chiesa.

Tra i primi viaggi all’estero di Wojtyla si consideri quello nella sua terra natia avvenuto nel 1979. Un viaggio fortemente osteggiato dai vertici comunisti polacchi. «Fummo sorpresi» ha affermato a distanza di anni Jaruzelski «sapevamo che la chiesa in Polonia fosse forte e che l’accoglienza sarebbe stata calorosa, ma nessuno e dico nessuno si aspettava quello che poi è successo». Wojtyla, durante le celebrazioni a Cracovia e Varsavia, riesce a riunire folle oceaniche. Il governo, imbarazzato, punta alla manipolazione dell’informazione. Infatti la TV polacca, creatura del regime, mostrerà immagini fredde e distaccate, volte a non creare emozione e che soprattutto non mostrino la popolazione accorsa.

Giovanni Paolo II in Polonia

Le libere elezioni del 1989 e il trionfo di Solidarnosc

Negli anni ’80 si consuma il lungo declino del blocco orientale. Un sistema in crisi innanzitutto dal punto di vista politico ed economico. Una crisi acuita anche dai continui attacchi di Giovanni Paolo II, che vede nel comunismo e nell’ateismo i nemici che la chiesa deve sconfiggere.
Il 1989 in Polonia è un anno chiave: dal 6 febbraio al 4 aprile si svolgono gli accordi della “tavola rotonda”, all’interno dei quali si gestisce la transizione democratica del paese. Saranno incontri brevi, ove sarà richiesta la legalizzazione di Solidarnosc e degli altri sindacati indipendenti. Viene richiesta la figura del presidente della repubblica volta a ridimensionare il segretario del Partito, fino a quel momento, de facto, capo di stato. Sono create, a tal proposito, una Camera e un Senato.

Una transizione democratica favorita anche da un altro viaggio in Polonia di Wojtyla nel 1987, che aggrava ancor di più il governo presieduto da Jaruzelski. Le elezioni che hanno luogo nel 1989 sono vinte in maniera schiacciante da Solidarnosc. I seggi ottenuti, sommando i componenti delle due Camere, sono 160 su 161. Lech Walesa, l’elettricista dei cantieri navali di Danzica, sarà il primo presidente della repubblica.

Giuseppe Mercuri

BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 
– Paolo Viola, Il Novecento, Einaudi, 2000.
– Alberto Mario Banti, L’età contemporanea. Dalla Grande Guerra ad oggi, Laterza, 2009.
– Vincenzo Bova, Solidarnosc. Origini, sviluppo ed istituzionalizzazione di un movimento sociale, Rubbettino, 2005.