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Platoon: analisi del film di Oliver Stone con Charlie Sheen

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Attraverso Platoon il regista statunitense Oliver Stone racconta le atrocità della guerra. Lo fa prendendo spunto da una sua esperienza personale vissuta in gioventù, quando si arruolò come volontario per la guerra in Vietnam. Il cast del film vanta nomi illustri quali Charlie Sheen, Willem Defoe e Tom Berenger. Presenti, seppur in ruoli secondari, gli allora giovanissimi Forest Whitaker e Johnny Depp. Le riprese si sono svolte interamente nelle Filippine, in quel periodo colpite da gravi rivolgimenti politici.

La pellicola fruttò circa 140 milioni di dollari, cifra impressionante considerando i “soli” 6 milioni di budget concessi dalla produzione. Gli attori vennero inoltre sottoposti ad un corso militare intensivo della durata di due settimane sotto le direttive di un ex-capitano dei Marines. Nel 1987 Platoon si aggiudicò quattro premi oscar su otto nomination, tra cui quelli per il miglior film e per la migliore regia.

Un giovane idealista in un luogo privo di ideali

Platoon è ambientato nel pieno del conflitto vietnamita. Chris Taylor (Charlie Sheen) è un giovane idealista di buona famiglia e dall’aspetto pulito, desideroso di servire il proprio paese. Appena giunto in Vietnam comprende quanto sia dura la vita militare, venendo anche iniziato all’uso delle droghe. Attraverso l’assunzione di sostanze stupefacenti Chris riesce a tenere a bada le proprie paure e a familiarizzare con i membri del plotone. Leader indiscussi del gruppo, per capacità e carisma, sono i sergenti Robert Barnes (Tom Berenger) e Elias Grodin (Willem Defoe). I due sono molto diversi: freddo e spietato l’uno, umano, comprensivo e solidale, l’altro. Grazie alle sue caratteristiche, Grodin diverrà preso un punto di riferimento per Chris. Con lo scorrere delle settimane il protagonista perde progressivamente le residue inibizioni legate al vivere civile, trasformandosi in un animale da guerra.

Nel frattempo, il plotone è spaccato da una lotta interna per il potere che vede contrapporsi i due sergenti. A prevalere è Barnes che, profittando di uno scontro a fuoco con i vietcong, spara a tradimento all’odiato rivale. Grodin sopravvive per poi perire poco dopo sotto il fuoco nemico. Chris assiste coi propri occhi, dall’alto di un elicottero, alla tragica morte dell’amico, probabilmente nella scena più commovente del film. Convinto della responsabilità di Barnes nella morte dell’amico, Chris approfitterà di un assalto a sorpresa dei vietcong per trovarsi da solo con lui ed ucciderlo.

Guerra e disumanizzazione

Platoon, come Apocalypse Now prima Full Metal Jacket poi, racconta la disarmante facilità con cui la guerra trasforma le persone. Quando Chris Taylor mette piede in Vietnam è un giovane idealista pieno di buoni propositi, disposto a battersi per una giusta causa. La guerra però non ha nulla di giusto, così il protagonista, in principio riluttante all’uso della violenza, perde gran parte della propria umanità mutando in una efficiente macchina assassina. Si abbandona alle droghe per inibire paure, nostalgia di casa e sensi di colpa. Inoltre, non si pone scrupoli ad eliminare il suo stesso sergente maggiore, macchiatosi di parecchi crimini orribili.

Oliver Stone offre un quadro brutale dell’esercito americano stanziato in Vietnam. Esso, attraverso la voce narrante del protagonista, viene descritto come un’organizzazione criminale legalizzata con licenza di uccidere. I soldati a stelle e strisce fanno strage di interi villaggi senza risparmiare donne e bambini. Uccidono per puro piacere piuttosto che per reale necessità militare. Non esitano a macchiarsi di reati disumani quale lo stupro di innocenti ragazzine indifese. L’orrore brutale della guerra diviene normalità per coloro che la vivono quotidianamente. Anche Chris inizia, infatti, a provare un macabro piacere durante gli scontri a fuoco osservando il suo desiderio di uccidere prevalere sulla paura di essere ucciso. Un processo di disumanizzazione che lo condurrà alle soglie della follia.

Platoon e il conflitto interiore

La guerra contribuisce a creare un atmosfera talmente surreale da far apparire possibile l’avveramento di ogni male. Nonostante la distorta percezione della realtà circostante, il soldato volontario Chris trova comunque modo di ravvedersi per i peccati compiuti sotto le armi. Dimostrerà, infatti, di conservare un briciolo di umanità schierandosi dalla parte dell’amico sergente Grodin, sempre fedele a un proprio codice d’onore, totalmente contrapposto alla ferocia criminale di Barnes. Il pensiero di Chris a conclusione della storia sintetizza degnamente il senso dell’opera stoniana: in guerra non vi sono buoni o cattivi, soltanto un’accozzaglia di singoli uomini in lotta contro loro stessi.

Davide Gallo

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