Norbert Elias: “la Società di Corte” francese sotto Luigi XIV

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La società di corte” è un saggio scritto nel 1933 da Norbert Elias che analizza, come dice il titolo, la corte e, nello specifico, il mondo di Versailles ai tempi di Luigi XIV.

Il re Sole (soprannome che venne dato a Luigi XIV nel 1830) regnò in Francia per oltre 72 anni, dal 1643 al 1715. L’opera di Elias fu a lungo ignorata dagli ambienti accademici, fino a quando venne ripubblicata nel 1969 tradotta in inglese insieme all’altro capolavoro di Norbert Elias, intitolato “Il processo di civilizzazione“.

Norbert  Elias: la società di corte di Luigi XIV come microcosmo gerarchico

Lo studio della corte risulta essere importantissimo per comprendere in che modo e per quale ragione l’immagine può essere utilizzata come strumento di potere. Per comprendere i meccanismi della corte di Luigi XIV occorre fare una premessa: al centro della vita di Versailles vi era l’etiquette, l’etichetta.

Ogni azione dei nobili francesi che popolavano la corte parigina era legata alla reazione che poteva suscitare negli altri: la società di corte francese viene descritta da Norbert Elias come microcosmo gerarchico, in cui ogni membro, incluso il re, doveva inevitabilmente presentarsi come inferiore o superiore rispetto agli altri nobili, situati sotto o sopra di lui nella scala sociale, attraverso determinate azioni codificate, per l’appunto, dall’etichetta di corte.

Un campo molto significativo in cui emergono tali differenze gerarchiche è l’abitazione: ogni nobile doveva costruire la propria dimora in base al proprio ruolo nella gerarchia; gli uomini ai vertici erano obbligati a spendere somme ingenti per avere un’abitazione più sfarzosa rispetto agli uomini posti nei gradini più bassi della scala sociale, con questi ultimi che, al contrario, dovevano abitare in case dal look meno appariscente, anche in possesso di quantità di denaro che gli avrebbero permesso di arricchire la propria dimora. Luigi XIV, posto al vertice della gerarchia nobiliare, era “costretto” ad abitare nel palazzo più lussuoso di Francia: ossia Versailles.

In una società nella quale ogni forma appartenente ad un individuo ha un suo valore sociale di rappresentanza, le spese di prestigio e di rappresentanza degli strati superiori costituiscono una necessità alla quale nessuno può sottrarsi: sono uno strumento indispensabile di affermazione sociale, in particolare se una concorrenza incessante per assicurarsi ciance di status e di prestigio non dà respiro ai suoi membri. Un duca deve farsi costruire una casa tale da far capire immediatamente che è un duca e non un conte, e questo vale per tutto il suo modo di presentarsi. Deve badare che nei rapporti sociali ufficiali gli sia data la precedenza sul conte.”

I nobili non rispondevano alla medesima logica della classe mercantile: non si preoccupavano di risparmiare, ma erano pronti a spendere fino all’ultima moneta per le spese legate al loro ruolo (abitazione sfarosa, etc.). Per tale ragione non era rara la bancarotta dei nobili, che andavano in rovina non potendo fare altrimenti.

Il commerciante per salvaguardare la sua esistenza sociale deve commisurare le spese alle entrate; il grand seigneur dell’ancien regime deve commisurare le spese alle esigenze del suo rango. […] L’antinomia di questa nobiltà di corte consiste nel fatto che le spese (ma non sempre le entrate) obbediscono agli obblighi di rappresentanza dettati dal rango e dalla società)

La cerimonia del lever descritta da Norbert Elias

Cerimonia di Lever

Il rituale maggiormente significativo per comprendere i meccanismi di corte è il “lever”, vale a dire del risveglio del re. Seguendo un preciso ordine, i vari membri della corte parigina entravano, di mattina, nella camera da letto di re; l’ordine di ingresso rispecchiava la gerarchia sociale vigente a Versailles, per cui entrare dopo o prima rispetto ad un altro aristocratico significava avere minore o superiore prestigio. Ogni mutamento dell’ordine gerarchico si trasformava, automaticamente, in variazione dell’etichetta.

Tale rispetto quasi religioso per i rituali di corte costituiva lo strumento principe per conservare ed esprimere la propria posizione nella gerarchia di corte. Violare l’etiquette significava perdere prestigio e, quindi, potere.

L’etichetta così praticata era una auto proiezione della società di corte: li prestigio e la relativa posizione di potere di ciascun individuo, e innanzi tutto del re, venivano testimoniati dagli altri. L’opinione sociale, che formava il prestigio del singolo,veniva espressa secondo regole precise dal comportamento degli uni verso gli altri nell’ambito di un’azione comune

Status symbol di ieri e di oggi

Ritratto di Luigi XIV

Alcune meccaniche della corte di Versailles si ripropongono anche oggi: con l’espressione status symbol denominiamo quegli oggetti posseduti dai membri di una classe elitaria con la funzione di  rappresentare la sua posizione nella scala sociale contemporanea. Ebbene, lo status symbol era ben presente nella società di corte: Norbert Elias definisce il medesimo concetto, nella sua opera, con l’espressione  feticcio del prestigio.

“[…] Esso diventava un feticcio del prestigio: serviva cioè a indicare la posizione del singolo individuo nell’equilibrio di potere tra i vari cortigiani, equilibrio che era regolato dal re ed era estremamente labile. Il lavoro d’uso, l’utilità immediata insiti in ciascuno di questi gesti erano più o meno in secondo piano, o quanto meno piuttosto insignificanti. Ciò che a quegli atti conferiva ala loro grande, grave e determinante importanza era esclusivamente il valore che essi conferivano  quei membri della società di corte che vi prendevano parte, la relativa posizione di potere, il rango e la dignità che esprimevano

Norbert Elias rimarca in più punti nella sua opera le differenze che intercorrono fra il cerimoniale di Versailles e la società borghese contemporanea, influenzata dalla logica capitalistica. Nonostante ciò, alcune dinamiche di corte sono ancora ben vive oggi, conservando la stessa funzione che avevano nella Francia di XVII secolo: marcare, attraverso l’uso dell’immagine, le distanze fra le classi elitarie e i ceti meno abbienti.

Davide Esposito

BIBLIOGRAFIA

  • Elias, N., La società di corte, Il Mulino, Bologna 1980
  • Elias, N., Il processo di civilizzazione, Il Mulino, Bologna 1988
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Davide Esposito

Direttore responsabile de "La Cooltura" e caporedattore della redazione "Storia", si occupa di articoli di storiografia e storia della musica. Ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Storia presso l'Università degli Studi di Napoli "Federico II" nel 2019. Approdato nel mondo del giornalismo nel 2010, ha collaborato in passato per Wikipedia, Nuova Stagione, Road TV Italia, Federico TV e Libero Pensiero News. Collabora saltuariamente per la trasmissione televisiva "Passato e Presente" prodotta da Rai Cultura. Ha pubblicato il suo primo libro di storiografia nel 2015 dal titolo "Il mito di Carlo Magno: Alle origini dell'identità francese", acquistabile su Amazon.

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