Scarface: l’elegante volgarità della criminalità

Nel 1917 un giovane balordo italoamericano, con già un passato criminale alle spalle, fu assunto come buttafuori in un bordello di proprietà di uno dei più potenti mafiosi newyorchesi. A causa di una cicatrice sul volto venne soprannominato “Scarface” (sfregiato). In quel periodo iniziò ufficialmente la carriera di uno dei più famosi criminali americani: Alphonse Gabriel Capone, detto Al Capone.

Nel 1983 un giovane attore italoamericano, con già un brillante passato cinematografico alle spalle, fu scelto come protagonista per un film di uno dei più talentuosi registi americani. A causa del ruolo iconico che avrebbe interpretato, il suo nome fu da allora storpiato per sottolineare la sua predilezione per i ruoli da criminale. In quel periodo iniziò inarrestabilmente la carriera di uno dei più famosi attori hollywoodiani: Alfredo James Pacino, detto Al Pacino.

La trama di Scarface

Scarface di Brian de Palma è in realtà il remake di un film omonimo del 1932 diretto da Howard Hawks dal quale però differisce in tutto: dai colori al tema, dai protagonisti alla trama, dai luoghi alle musiche. Soltanto una cosa unisce dunque le due pellicole: l’efferratezza della criminalità. Laddove però Howard si è dovuto fermare per via della censura, De Palma ha potuto andare oltre regalandoci un cult che fa dell’eccesso la sua chiave di volta.

Protagonista del film è Tony Montana, un cubano immigrato in Florida, che si fa strada partendo dal basso fino a raggiungere i più alti livelli della gerarchia criminale dedita narcotraffico. Il suo cammino, fatto di litri di sangue e kg di cocaina, si arresta tragicamente quando, in un momento a metà tra un delirio di onnipotenza e un sussulto di coscienza, disobbedirà a un ordine. A giustiziarlo il “collega”, Alejandro Sosa, suo caro amico. La morte di Tony è però anticipata da un ultimo delitto: egli ucciderà infatti il suo amico Manny, considerato come un fratello.

Scarface
Tony Montana e Alejandro Sosa

Tony Montana

Il protagonista di Scarface è un mitra d’assalto: distrugge e corrompe tutto ciò che gli sta attorno anche quando vuole fare cose che considera buone. Lui lo sa e persino la madre, infrangendo ogni qualsivoglia proverbio sul rapporto materno, ammette che suo figlio “rovina tutto”, compresa sua sorella Gina. Quest’ultima, infatti, venendo solo in contatto con le amicizie di Tony, ne verrà alterata finendo per condividere il tragico destino del fratello.

I suoi modi da spaccone, la sua predilezione per la violenza, il suo linguaggio volgare – la band Blink 182 deve il suo nome al numero di volte che la parola “fuck” viene pronunciata in Scarface – e la sua smisurata ambizione connotano Tony Montana come un personaggio negativo e ammonitore, al di là di ogni salvezza.

“Avete bisogno di un cattivo”, il grande monologo di Scarface

Eppure non si può liquidare Tony come una pura incarnazione del male. Egli è piuttosto lo specchio del nostro male, della nostra società, del mondo in cui viviamo. Encomiabile il suo monologo in un ristorante di lusso, dove, ubriaco, sottolinea come le persone comuni abbiano bisogno di uno come lui per sentirsi migliori.

In tale monologo, Tony smaschera l’ipocrisia della nostra società, una società di facciata puritana e perbenista che preferisce additare il prossimo come un problema perché incapace di puntare il dito verso se stessa. Una società formata da farisei che dal pulpito condannano gli antagonisti del loro mondo, ma che poi, in segreto, necessitano dei loro servigi. E in Scarface l’unico ad accettare realmente il proprio ruolo è Tony, seppur con una certa lusinga.

Non da meno è il semimonologo di Elvira (Michelle Pfeiffer) avvenuto poco prima di quello di Tony e in risposta a una riflessione di quest’ultimo sulla vacua vanità del suo impero. In una profonda crisi di nervi, Elvira ricorda a Tony il suo ruolo negativo nella società e sottolinea quanto sia insulsa la loro vita, fatta di eccessi e immoralità, ma dal destino già segnato per mancanza di fondamenta virtuose.

Scarface
Tony, Elvira e Manny a cena in un ristorante di lusso

La giungla dell’eccesso

La danza autodistruttiva degli schizofrenici personaggi di Scarface è ben cadenzata dalle musiche di Giorgio Moroder, adatte a ogni circostanza, che ci si trovi in una giungla boliviana o in un lussuoso night club statunitense. Paradossalmente il sudiciume delle anime dei personaggi riesce a dare eleganza al contesto criminale in cui vivono facendoci affezionare a ognuno di loro.

Tutti loro sono schegge impazzite che messe assieme compongono il lucido mosaico della mentalità criminale. In essi non c’è romanticismo né poetica, anzi, la poetica si fa beffa di loro. Il loro modo di parlare molto semplice ben rivela il vuoto della loro mente e del loro animo. E non per pigrizia nella sceneggiatura o degli attori; nel doppiaggio originale potrete ascoltare un Al Pacino con un inglese scorrettissimo.

Questa finezza linguistica serve a sottolineare ulteriormente il contrasto tra la loro interiorità e il lusso che li circonda. Tony stesso ammette di venire dalle fogne e questo gli sta bene. Il realismo del linguaggio di Scarface ha lo scopo di non dipingere un rozzo criminale come un poeta improvvisato.

In questa cartolina della ricca America degli anni ’80, Brian de Palma mette in risalto le sue contraddizioni, il suo benessere fittizio, la sua necessità di avere costantemente nemici\amici e la facilità di venir risucchiati nel vortice della criminalità. Tarando magistralmente la volgarità del linguaggio e lo sfarzo dei costumi, De Palma ci ricorda, richiamando il Cristo, che ciò che contamina è ciò che esce dalla bocca e non ciò che entra.

Il mondo non è tuo

Scarface
Il tragico epilogo di Tony

Per oltre tre ore che scorrono in maniera fluida, noi vivremo come Tony accompagnandolo e, talvolta, giustificandolo nella sua ascesa. Ciò ci lascerà, però, con l’amaro in bocca quando lo vedremo schiacciato dal suo ego ai piedi della scritta motto della sua vita, un ormai sarcastico: “Il mondo è tuo“.

Antonio Cusano