Il mito di Filemone e Bauci: l’amore divenuto eterno

Filemone e Bauci, tra Callimaco e Ovidio

Filemone e Bauci

Il mito di Filemone e Bauci è il più bello e toccante di tutto il mito greco: narra la vicenda d’amore di una famiglia povera della Frigia che riceverà dagli dei i più alti onori e riconoscimenti per la propria bontà d’animo. Viveva sì in povertà, ma in perfetta armonia ed in virtuosa disposizione di spirito.

Questa storia è narrata da Ovidio nel libro VIII delle “Metamorfosi” ed appartiene più al genere della favola edificante, mossa da prospettive morali e di pietà religiosa. Il suo significato, infatti, è tutto nella lode della virtù e nel premio terrestre, come già accennato.

Questa favola segue uno schema gnomico-narrativo il cui tema centrale era già stato oggetto di trattazione letteraria nell’ “Ecate” di Callimaco e che lo stesso Ovidio ebbe a trattare ancora nel IV e nel V libro dei “Fasti”.

Filemone, Bauci e i due mendicanti

Un giorno due mendicanti si recarono in Frigia per cercare un po’ di cibo: si presentarono per chiedere un po’ di latte ad un pastore che stava mungendo una mucca ma questi li ignorò totalmente; poi andarono da un fornaio per chiedere del pane e anche costui li cacciò in malo modo dalla sua bottega.

Le focacce io le vendo, non le regalo di certo a te. Perché non provi a lavorare? E’ comodo fare lo scroccone! E ora vai fuori, che mi appesti la bottega!” così ordinò.

Filemone e Bauci

Andarono così al centro della città presso il tempo di Rea, ma le sacerdotesse non vollero farli entrare temendo la collera della dea per il loro vestiario.

I due s’allontanarono dalla città, andarono in campagna e si sedettero sconsolati sin quando passò una donna molto anziana che li invitò a casa sua.

Mi chiamo Bauci e quello che vedete è Filemone, mio marito. Che volete, siamo assai vecchi e anche molto poveri. Ma non ci lamentiamo. Almeno ogni giorno riusciamo a mettere qualcosa sotto i denti. Sono sicura che gli dei non ci abbandoneranno mai” disse la donna scortandoli a casa sua.

Nella loro modesta capanna, Filemone offrì agli ospiti due scanni usurati sui quali Bauci dispose una semplice e grezza coperta; poi, mentre Bauci, acceso il fuoco, mondava le erbe che sarebbero servite alla cena, Filemone tagliò una porzione di carne suina e la bollì per i mendicanti.

Durante la cena i due consorti, sapendo di non vivere più per molto tempo, espressero il desiderio di morire nello stesso giorno perché nessuno dei due poteva vivere senza l’altro. Arrivata sera, i mendicanti si trovarono all’uscio della capanna ed uno dei due disse a Filemone e Bauci che il loro desiderio si sarebbe esaudito.

La metamorfosi di Filemone e Bauci

Il giorno successivo un terribile diluviò s’abbatte sulla Frigia, i fiumi strariparono e allagarono la città e con essa anche la gente crudele; si salvò soltanto un piccolo poggio dove dimoravano Filemone e Bauci, i quali uscirono fuori la capanna meravigliati per lo strano fenomeno meteorologico; infatti, solo in quel punto, il sole brillò d’incanto mentre la città fu completamente distrutta.

I due contadini capirono così di aver aperto le porte della loro casa non a due mendicanti, ma a due divinità: Zeus ed Hermes.

Improvvisamente la capanna dei contadini si trasformò in un bellissimo tempio mentre Filemone e Bauci mutarono in alberi sempreverdi.

“Poi videro mutar il loro busto,

Filemone disse a Bauci: “Mi ami?”

Mentre i loro piedi divenner radici

E lei: “Si!”, il lor corpo fu fusto,

le braccia poi diventarono rami

e infine alberi, per sempre felici”

Vissero così in eterno, chi mutato in quercia e chi in tiglio.

La lezione edificante del mito

Un grande amore destinato a durare per sempre: Filemone e Bauci sono la prova di un amore coniugale durato fin all’ultimo giorno. Due contadini, due persone povere che hanno condiviso la felicità, l’amore e, sicuramente, anche l’eternità. Questa storia evidenzia da un lato la crudeltà degli esseri umani verso il prossimo e dall’altro l’amore di due persone che conoscono perfettamente gli stenti, il dolore e la sofferenza, e proprio per questo motivo sono solidali ed amichevoli verso gli altri.

Avrebbero potuto chiedere agli dei una magione migliore, un abbigliamento sopraffino, ricchezze d’ogni tipo o anche trasformare tutte le cose che toccavano in oro come il re Mida – racconto assolutamente antitetico a questo –, ma il loro unico grande tesoro è stato quello di essersi amati sino all’ultimo giorno e la morte è la loro unica preoccupazione. Avvertono nel loro animo che l’uno non potrà vivere senza l’altro, l’unica cosa che incute terrore è la sofferenza per la perdita dell’altro, quindi meglio morire insieme, nello stesso giorno. Ma gli dei vanno oltre ai loro desideri: li mutano chi in quercia e chi in tiglio, alberi sempre verdi come il loro amore.

Nella realtà contemporanea ci sono molti casi nel mondo di persone che hanno convissuto parecchi anni insieme e quando viene a mancare un coniuge, dopo qualche giorno o ora, decede anche l’altro; o anche il caso di un cane che muore dopo la dipartita del suo padrone.

Amiamoci di più quindi ed impariamo ad odiare meno, forse nel giorno della nostra morte saremo tutti più felici.

Marco Parisi

Bibliografia:

  • Miti degli e degli eroi, Gherardo Casini Editore
  • Metamorfosi, Ovidio,
  • Vita da… dei, Marco Derna Editore