Ovidio e Le Metamorfosi: la filosofia epicurea nel mito

Le Metamorfosi, poema in esametri composto da Ovidio probabilmente tra il 2 e l’8 d.C., rappresentano il culmine della sua poetica nonché l’estremo tentativo, a poco dall’esilio, di riabilitare la propria figura agli occhi del princeps. Ovidio, infatti, alla fine del suo soggiorno a Roma, in seguito ad una produzione poetica di stampo “licenzioso” (Ars Amatoria, Remedia Amoris, HeroidesAmores etc.), decise – sospettando certamente il disappunto di Augusto – di passare ad una poesia più impegnata, affrontando così le Metamorfosi e, contemporaneamente, i Fasti.

Potremmo definire, senza dubbio, i Fasti come l’estrema glorificazione del mondo romano (pacificato da Augusto) e le Metamorfosi come lo straordinario tributo a tutto ciò che la civiltà greca aveva trasmesso ai “discendenti” romani. Quest’eredità è, chiaramente, il mito.

Le Metamorfosi: trasformazione e amore

Ovidio Metamorfosi
Apollo e Dafne

Le Metamorfosi contano una sequenza di oltre 250 miti concatenati uno dopo l’altro. Nonostante il titolo indirizzi verso una buona interpretazione del poema, come una sequenza di miti che riportino trasformazioni, il fil rouge che unisce i libri è in realtà quello che sottende ad ogni opera ovidiana: l’amore.

Benché dunque il poema si presenti infine come opera “conforme” ai gusti augustei, Ovidio non riesce ad abbandonare del tutto la propensione ad introdurre, tra i versi, resti della precedente poetica.

Un poema “cronologico”

Anche l’ordine dei miti non è casuale nel poema: Ovidio traccia, al di sotto dei versi, un percorso cronologico molto preciso. Si parte infatti dal Caos primigenio e dalla creazione degli uomini fino ad arrivare alla glorificazione del principato augusteo. In mezzo, tutta la tradizione dell’epica greco-romana: dagli Argonauti, al mito degli Atridi, fino alle fatiche di Eracle. È come se Ovidio introducesse, sotto al poema, la storia del mondo, passando dal mito più autenticamente greco all’aureo presente latino, l’apoteosi di Cesare e l’esaltazione di suo figlio Augusto.

Uno schema “lucreziano”

Se si riflette bene, lo schema e l’impostazione “cronologica” del poema ricorda molto da vicino un’opera precedente alle Metamorfosi: il De rerum natura di Lucrezio. Molti studiosi, infatti, oltre ad aver riconosciuto in Ovidio una “base” filosofica attinta dall’epicureismo di Lucrezio, sottolineano sempre più l’ispirazione che il poeta augusteo dovette prendere dal suo “predecessore” di epoca repubblicana.

Gli intenti sono chiaramente diversi (esaltazione della filosofia epicurea contro esaltazione del principato augusteo), ma entrambi i poeti scelgono una strada cronologica tracciata dal mito: dal Caos al “progresso”, che per Lucrezio è garantito solo dalla speculazione filosofica, mentre per Ovidio è stato “restituito” dalla pace augustea.

Ovidio: la passione per la parola

Ovidio Metamorfosi
Ovidio

Anche in questo caso, tuttavia, il poeta non riesce a costringersi all’interno di una tale struttura: nonostante le coordinate cronologiche non siano mai abbandonate, Ovidio viene continuamente preso dalla tentazione di vagare coi versi e stuzzicare la curiosità del lettore.

I miti, infatti, non sono posti in ciascun libro a seconda dell’epoca in cui sono ambientati, ma sono sospesi tra un libro e l’altro, di modo da incuriosire il lettore e spingerlo ad iniziare il libro successivo.

Anche all’interno di un medesimo libro, la capacità pittorica e il grande amore per la parola che Ovidio ha sin dagli Amores lo spingono molto spesso a superare i “limiti” dati a ciascun mito e ad abbandonarsi totalmente al piacere di creare immagini.

Il tributo di Ovidio all’universo greco

È dunque chiaro che, al di là dello sforzo che il poeta si propone per superare la produzione precedente e per aprirsi ad una poesia più “impegnata”, Ovidio non riesce mai del tutto a tacere il proprio genio creativo e ad accantonare la grande passione che da sempre ha per la poesia amorosa. Capolavoro assoluto dell’epoca augustea, le Metamorfosi restano comunque il più grande tributo che un poeta latino abbia dedicato all’eredità letteraria greca, riconoscendo in essa il fondo della produzione poetica di ogni epoca e di tutta la civiltà di Roma.

Alessia Amante