Letteratura britannica

La famiglia Aubrey di Rebecca West: trama e analisi

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La famiglia Aubrey è il primo libro della trilogia di Rebecca West, pubblicato originariamente nel 1956 col titolo The Fountain Overflows. Dopo sei mesi dalla fortunata operazione editoriale della riedizione de La famiglia Aubrey in Italia, Fazi dà alle stampe il secondo volume col titolo Nel cuore della notte (The birds fall down).

La famiglia Aubrey

Oggetto della saga sono le vicende della numerosa famiglia Aubrey, che dopo lungo vagare si stabilisce nella Londra di fine Ottocento. Il mantenimento dei quattro figli ricade sulle spalle del signor Aubrey, Piers, un giornalista dal genio impareggiabile; appare chiaro, tuttavia, sin da subito che il signor Aubrey ha difficoltà a conservare i suoi impieghi e i guadagni che ne ricava.

L’esistenza di una madre di famiglia con quattro figli a carico è ben poco lussuosa, soprattutto nelle condizioni di una casa particolare, quale quella degli Aubrey, e a Clare non mancano le fatiche ulteriori dei tentativi di conservare l’equilibrio familiare. I bambini sono spinti allo studio e all’arte. Le gemelle, Mary e Rose (quest’ultima protagonista e narratrice) sono pianiste di discreto talento; la madre si occupa personalmente della loro educazione musicale, così come di quella della figlia maggiore, Cordelia, che però non sembra possedere il benché minimo orecchio per il ritmo e l’armonia.

I giovani Aubrey sembrano brillanti promesse, ma ciò non è evidente ai loro compagni di scuola. Il senso di disorientamento e di emarginazione dei bambini nei confronti degli estranei che li circondano è ben descritto da alcuni episodi della storia; dai loro coetanei sono guardati con circospezione e tenuti alla larga.

La famiglia Aubrey, del resto, non assomiglia alle famiglie di pari estrazione sociale, non ne possiedono i medesimi mezzi o interessi. Il mondo del sovrannaturale fa parte della loro quotidianità: la madre, Clare, ha delle visioni; la casa di sua sorella è infestata da uno spirito maligno che causa continui disastri casalinghi; praticano la lettura del futuro, sebbene sia atto perseguibile dalla legge.

L’Inghilterra edoardiana è descritta come un luogo oscuro, incerto, lugubre, dove sembra che possa accadere ogni cosa. I bambini si trovano indirettamente coinvolti in un processo dalle tinte fosche, una storia intricata cui nemmeno dovrebbero prestare orecchio; eppure Rose assiste il padre nella sua difesa strenua e aggressiva dell’imputata.

La famiglia Aubrey e l’educazione

La famiglia Aubrey è un’opera fortemente autobiografica. Rose, la sua protagonista, ricorda a posteriori, dopo cinquant’anni, la sua infanzia. Rebecca West riesce a catturare la curiosità vorace e il senso d’impotenza della piccola Rose. Ma i giovani Aubrey, per quanto certi delle loro capacità (e, nonostante ciò, lontani dall’autocelebrazione) mancano di stabilità.

In tal senso sono significative le parole di Rose, che ormai alla fine dell’età della sua fanciullezza, arriva a una conclusione sconcertante:

Non volevo essere adulta. Non riuscivo a sobbarcarmi il compito di vivere pienamente come un essere umano, perché io non esistevo davvero fino in fondo. Erano mio padre e mia madre a esistere. Li immaginavo come due sorgenti che scaturivano dalle pendici della montagna in un torrente, e si riunivano per scorrere nel mondo come un unico grande fiume. Io ero così inferiore a loro che non avrebbe avuto importanza se anche mi fossi comportata con prudenza e fossi sfuggita alla rovina alla quale mio padre aveva dedicato tutto se stesso. La sua rovina, ora lo capivo, era più vicina alla mia salvezza di quanto la mia misera salvezza potesse mai aspirare.

Il genio e l’ambizione

La responsabilità, l’autosufficienza sono i valori che regolano l’educazione degli Aubrey. I bambini sono esposti alla consapevolezza delle difficoltà degli adulti, sono coscienti di dover adiuvare e contribuire alla vita domestica.

Più di ogni altra cosa, sulla loro educazione incidono le aspettative dei genitori: una mente illuminata come quella di Piers, e il talento di Clare, messo da parte prima che potesse rifulgere in tutto il mondo, segnano l’indirizzo dei figli. Rose riconosce che le loro grandi capacità hanno reso i genitori protagonisti delle esistenze dei figli. Ed è ancor più duro per Rose, che della madre è stata anche allieva, scoprire di non esserne all’altezza.

Più vivi e reali dei bambini sono gli adulti, e prima di tutto Piers, che sembra risucchiare le forze (economiche ma anche psicologiche) della sua famiglia; ogni aspetto della loro vita in comune è regolato dai suoi bisogni, tutto è sacrificato all’esercizio del suo ingegno. A questo proposito è significativo che ne La famiglia Aubrey trovino posto soprattutto le voci dei suoi personaggi femminili. Abbiamo modo di scorgere in prospettive diverse la vita delle donne dell’epoca. Le donne sono relegate ai margini, agli uomini sono disposti gli spazi e le possibilità di realizzare a pieno le proprie capacità. Non è un caso, allora, che La famiglia Aubrey racconti soprattutto le dinamiche familiari, la presenza femminile nelle case – anche quella delle domestiche –, i simboli in cui le donne sono racchiuse nell’opinione pubblica (esemplificativo, a questo proposito, il paradigma della femme fatale a cui è ridotta l’imputata del processo di cui sopra).

Autobiografia

Casa Aubrey non deve essere troppo distante da quella che fu la dimora di Cicily Isabel Fairfield (in arte Rebecca West) durante la sua giovinezza. Il padre, come Piers Aubrey, era un giornalista che non mancava di introdurre tra le mura domestiche il suo lavoro: così Rebecca West crebbe circondata da rivoluzionari russi e pensatori politici, che contribuirono alla sua formazione.

Anche ne La famiglia Aubrey vediamo quanto le amicizie del padre abbiano effetto sui figli; sebbene la realtà che circonda i genitori appaia nebulosa, i bambini riescono a decifrare in parte il vocabolario e le consuetudini degli adulti. Anzi, proprio per sfuggire alla ‘censura’ di madre e padre o alle domande indiscrete di vicini e amici, Rose e Mary simulano ingenuità e ignoranza, di cui proprio Rose ammette la falsità.

I bambini, per quanto inesperti, sono esposti alla cultura e alle idee dei genitori. Così come Rebecca West da giovane rimase fortemente impressionata dai casi giudiziari di cui si occupò il padre, e più di tutti dall’affare Dreyfuss, simbolo, del resto, di una sinistra internazionale che si schierava contro l’antisemitismo e a favore della libertà di stampa.

Questi temi contribuiscono alla complessità del romanzo, che tuttavia è soprattutto teatro dell’analisi dell’educazione, della crescita e dello sviluppo degli individui di un nucleo familiare. Sarà poi interessante scoprire come dal secondo romanzo si declineranno queste istanze.

Oriana Mortale

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Oriana Mortale

21 anni. Appassionata di letteratura, studia lettere classiche alla Federico II di Napoli. Scrive furiosamente dalla seconda media (bisogna immaginarla per sempre come San Girolamo nel quadro di Caravaggio).

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