Duomo di Modena: opera d’arte romanica in Emilia-Romagna

Si attesta che tra le maggiori opere di arte romanica in Italia vi è anche il Duomo di Modena, riconosciuto nel 1997 dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità.

Dedicato a S. Maria Assunta, custodisce le spoglie di S. Geminiano, vescovo e patrono di Modena morto nel 397. Il duomo, fondato il 09 giugno 1099 in sostituzione di un precedente edificio, è stato voluto fortemente dal popolo della città; fu costruito sotto il consenso della contessa Matilde di Canossa. La consacrazione del Duomo di Modena avvenne nel 1184.

Storia

Alla fine del XI secolo si accentua il conflitto fra Impero e Papato. Enrico IV organizza i territori affidandoli a vescovi di sua fiducia, costruendo chiese filo-imperiali e circondandosi di figure strategiche.

Nel 1075 Papa Gregorio VII, con il dictatus papae, rivendica il diritto papale di nominare i propri dirigenti e scomunica Enrico IV.

L’importanza di Matilde di Canossa

Figura femminile importante di questo periodo è Matilde di Canossa, duchessa di Toscana. Seconda cugina dell’imperatore Enrico IV, ma fedele seguace della Riforma della Chiesa portata avanti da Papa Gregorio VII, si ritrova al centro di uno scontro epocale per la lotta delle investiture tra Papato e Impero.

Assiste ad una intensificazione delle divergenze tra Papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, il primo deciso ad imporre la supremazia del papato su ogni potere terreno, il secondo pronto alla guerra per far valere i suoi diritti di sovrano assoluto.

Dopo la scomunica di Enrico IV, Matilde farà da mediatrice tra il sovrano ribelle e il papa presso il castello di Canossa; mostrò la sua ambivalenza dovuta alla fedeltà verso il cugino imperatore e il desiderio di essere una buona cristiana.

Nella fase più acerba di questa lotta viene dato inizio alla costruzione, a Modena, della straordinaria cattedrale.

Architettura del Duomo di Modena

Duomo di Modena

Ideatore e costruttore dell’opera fu Lanfranco, il cui nome compare nell’iscrizione di una lapide murata nell’abside.

Il Duomo di Modena si presenta senza transetto, con tre navate conchiuse da absidi nel presbiterio sopraelevato.

La navata centrale è scandita in quattro campate, a ciascuna delle quali ne corrispondono due nelle navate laterali, sormontato con un loggiato da trifore e archi. Gli archi che coprono trasversalmente la navata centrale sono sorrette da pilastri compositi cui si alternano le colonne.

In alto si aprono alte e strette finestre che illuminano l’interno.

All’esterno si trova un elegante loggiato continuo di tripli archetti a tutto sesto, dalla facciata alle absidi e l’articolazione spaziale è dovuta grazie ad un rivestimento in pietre tagliate e una teoria di arcate cieche che ne ritmano e modellano la continuità.

Le sculture di Wiligelmo

Duomo di Modena

Un’altra epigrafe posta in facciata ci ricorda non solo che il duomo fu costruito fra il 1099 e il 1106 (non c’era nessun vescovo) ma anche da chi fossero state create le sculture: Wiligelmo.

Nell’epigrafe viene riportato anche un notevole elogio allo scultore e particolare è l’uso delle due figure di Enoch ed Elia, i profeti mai morti ma saliti al cielo direttamente, loro che sono eterni sono posti a controllare l’epigrafe che celebra la casa di Geminiano.

Duomo di Modena

A Wiligelmo spetta la costruzione dei quattro rilievi che raffigurano le storie della Genesi. Questi rilievi all’inizio erano probabilmente allineati ai lati del portale centrale con protiro a due piani, dove compaiono per la prima volta i leoni stilofori.

Una prima novità iconografica, presente all’interno dei rilievi, Eva lavora la terra insieme ad Adamo e qui si può vedere un primo cambiamento anche nella struttura familiare e quindi sociale. In basso c’è prima l’offerta di Caino e Abele, l’omicidio di Abele e Dio che parla a Caino. Nell’ultima sequenza c’è un episodio molto insolito, Lamech che uccide Caino e poi Noè con i figli che escono dall’arca.

La raffigurazione di Lamech (se ne parla pochissimo nella Bibbia) può essere vista come un atto di giustizia. Un giorno per errore mentre era a caccia uccide un giovane; seccato da ciò uccide anche il figlio che lo accompagnava. La tradizione identifica il giovinetto ucciso come Caino.

Nella facciata e nel protiro vi sono altri rilievi come Sansone che vince il leone e immagini di cervi, leoni, serpenti e una figura che cavalca un mostro marino.

Nello stile dei rilievi si vede un carattere fortemente unitario che fa pensare a delle maestranze di origine lombarda. Inoltre la narrazione dei rilievi delle Storie della genesi è scandita da una sequenza di arcatelle lungo il margine superiore delle lastre.

Nelle figure, che emergono dal fondo delineando un’imponente volumetria, vi è un tono di grande intensità grazie alla straordinaria varietà ed espressività dei gesti e delle attitudini

Porte dei Principi e della Pescheria

Porta dei Principi

Presso il cantiere di Modena l’attività degli scultori proseguì nei decenni successivi portando alla luce opere che è possibile trovare nella Porta dei Principi e in quella della Pescheria

Nella Porta dei Principi era rappresentata la storia di Geminiano. Si narra nella trave il suo viaggio per mare, l’arrivo a Costantinopoli dove guarisce la figlia indemoniata dell’Imperatore, quest’ultimo gli fa dei ricchi doni fra cui il calice e il codice delle leggi. Dopo fa ritorno a Modena, muore e viene sepolto in una precedente cattedrale e poi fu trasferito all’interno del Duomo di Modena.

San Geminiano è una figura molto importante, oltre ad essere stato vescovo di Modena è diventato anche suo patrono. Il 31 Gennaio viene esposto il corpo del Santo alla cripta del Duomo di Modena

Questa porta rivolge ai pellegrini il messaggio che qui si può apprendere la storia del Santo il cui corpo è conservato nella cattedrale.

La porta della Pescheria

Nell’ultima porta della Pescheria si trova un soggetto ancora più particolare. La volpe che si finge morta e viene portata nel pollaio dove fa strage di galline.

Duomo di Modena

In alto c’è, invece, la prima narrazione del ciclo arturiano, in cui Artù va a liberare la principessa Ginevra dal castello in cui è stata richiusa.

Il ciclo arturiano verrà messo per iscritto soltanto sessanta anni dopo la realizzazione di questo architrave.

Sono due elementi che dimostrano come lungo le vie dei pellegrinaggi, i pellegrini diffondano racconti che rimangono per molto tempo allo stato orale prima di acquisire una forma scritta.

Ilaria Martorelli