Il tè è una bevanda ottenuta da un infuso ricavato dalle foglie della pianta Camellia sinensis. Talvolta con il termine tè si designano impropriamente anche tisane ricavate da piante diverse dalla Camellia sinensis.
Il tè nasce in Cina ed il suo luogo d’origine si trova nella regione settentrionale e montagnosa del Sichuan cinese, a sud e ad est della zona che costeggia il bacino del fiume Yang-tze che arriva quasi fino all’odierna Shanghai ed al bacino del lago Tai.
Agli inizi del VII secolo venne completato il canale artificiale che unisce il bacino del fiume Yang-tze a quello molto più a nord del Fiume Giallo e ciò permise di espanderne le coltivazioni anche verso nord e di diffonderle in gran parte dell’attuale Cina.
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Breve storia del tè in Cina e Giappone
I primi riferimenti testuali certi sul consumo di questo infuso in Cina si attestano dal III secolo. Durante l’epoca Tang (618-907) il tè si diffuse in tutto il paese, grazie anche alla divulgazione della prima monografia di questa bevanda scritta da Lu Yu nel 758: il “Canone del tè”. La sua massima sofisticazione nel realizzarla si raggiunse durante l’epoca Song (960-1127).
Favorì la sua estensione anche l’essere in sintonia con i movimenti religiosi della zona, come il buddismo, il taoismo e lo zen. Questo perché è una bevanda che eccita, tonifica e tiene svegli, risultando così un potente alleato nel sostenere digiuni, meditazioni e veglie.
Con il diffondersi del buddismo e del tè verso ovest ed est, la bevanda giunse fino in Tibet. Infatti il buddismo tibetano proviene dalla Cina e non dall’India, come le condizioni geografiche potrebbero far pensare. Nel 641 la principessa reale cinese Wencheng si sposò con il re tibetano ed introdusse così la bevanda e la seta in Tibet.
Da allora si instaurò tra il Tibet e la Cina un rapporto privilegiato e tormentato. Infatti nei secoli successivi i tibetani furono l’unica popolazione nomade di stirpe mongola del Nord a ricevere legalmente il tè cinese. I due paesi stabilirono la formula-accordo “tè per cavalli”, perché proprio con i cavalli i cinesi speravano di riuscire a contrastare le armate di cavalieri mongoli.
Un secolo dopo i monaci giapponesi giunsero in Cina per studiare il buddismo e quando tornarono in patria portarono anche il tè. Si cominciò così a trapiantare e coltivare la Camellia sinensis in Giappone. Se agli inizi degustare questa bevanda era una semplice contesa di raffinatezza ed eleganza in seguito in Giappone diventò una cerimonia mistico-metafasica: la cosiddetta “cerimonia del tè”, una versione estrema del buddismo, lo Zen.
Breve storia del tè in India
In particolare in India si attesta la conoscenza del tè sin dal 750 a. C. che però veniva consumato come verdura e non come bevanda. La coltivazione dalla Camellia sinensis nel Paese è legata al periodo coloniale inglese quando per i britannici, considerando l’aumento della sua domanda in Gran Bretagna, l’acquisto di questo prodotto cinese e giapponese divenne troppo costoso. Gli inglesi dopo essersi appropriati delle tecniche di coltivazione della Camellia sinensis tè iniziarono intorno agli anni Quaranta dell’Ottocento a produrlo in India raggiungendo la massima abilità.
Per secoli l’uso di questa bevanda da parte degli indiani era esclusivo delle élite del Paese che durante il periodo coloniale era la parte della popolazione maggiormente soggetta alla diretta influenza inglese. Dopo l’ottenimento dell’indipendenza dalla Gran Bretagna questa élite rimase depositaria di questo retaggio socio-culturale.
Negli anni Cinquanta del Novecento per far fronte all’esigua domanda interna fu ideata e lanciata un’imponente campagna pubblicitaria e promozionale del prodotto grazie alla quale la domanda crebbe molto. Inoltre si ampliò considerevolmente anche il numero dei fruitori indiani che appartenevano a segmenti eterogenei di popolazione.
L’aumento del consumo di questo infuso in India da parte della gente locale è notevolmente aumentato negli ultimi settant’anni. Attualmente è possibile osservare nei pressi delle stazioni del Paese i numerosi esercizi commerciali, chioschi, venditori ambulanti, bancarelle che servono tè ai viaggiatori.
L’industria del tè è la seconda voce più importante dell’economia indiana dopo il turismo. L’ospitalità domestica ed ogni altro tipo d’accoglienza indiana è caratterizzata dall’offerta di questa bevanda.
La diffusione in Occidente
Il Giappone fu il primo Paese da cui il tè, inizialmente con piccole partite, salpò verso l’Occidente europeo agli inizi del Seicento. La sua prima importazione europea di cui si ha traccia è quella effettuata dalla Compagnia olandese delle Indie Orientali. In realtà il tè era già stato conosciuto dagli europei da almeno una cinquantina d’anni, quando i portoghesi stabilirono una propria base sul territorio cinese, Macao, ma allora questa bevanda non suscitò interesse negli europei.
Questo infuso divenne popolare in Europa nel Seicento inizialmente in Francia, nei Paesi Bassi ed in Germania per poi espandersi nel resto del continente e del mondo. Questa bevanda per molto tempo ha suscitato nei medici opinioni discordanti riguardo ai suoi effetti sulla salute.
La diffusione in Inghilterra
Bizzarro è il caso dell’Inghilterra in cui si sostituì il caffè dopo sessanta anni di predominio diventando la bevanda per tutta la famiglia. Per questo motivo molti caffè o coffee houses, di sola frequentazione maschile, vennero trasformati in sale da tè o tea gardens o pleasure gardens che vennero aperti anche alle donne. Le sale da tè divennero il primo locale pubblico in cui le donne potevano recarsi liberamente senza suscitare scandalo. Tutto ciò favorì la diffusione di questa bevanda e la trasformazione delle coffee houses in tea gardens, ormai più redditizi.
In quel periodo la Compagnia inglese delle Indie Orientali dopo il fallimento della seconda guerra contro l’Olanda firmò con quest’ultima a Brenda nel 1677 una pace. In essa la Gran Bretagna rinunciava ad espandere i suoi traffici ad est dello stretto di Malacca e ripiegò verso Cina, Giappone e India. Ciò autorizzò la Gran Bretagna ad unire lo Stato Indiano e a colonizzarlo.
Inizialmente, dopo il 1677, la Compagnia inglese delle Indie Orientali concentrò la sua importazione sulle stoffe indiane. In seguito, la potente lobby inglese delle stoffe, che temeva di perdere il proprio primato, riuscì ad ottenere una legislazione protezionistica da parte del Parlamento britannico per i propri prodotti.
Quindi la Compagnia inglese delle Indie Orientali ripiegò sull’importazione di tè dalla Cina e dal Giappone. Successivamente gli inglesi introdussero la coltivazione e la produzione della pianta Camellia sinensis anche in India. Il consumo di questa bevanda in Inghilterra crebbe moltissimo fino ad imporsi come emblema nazionale.
Attuali tipologie nel mondo
Attualmente ogni nazione ha il proprio metodo di coltivazione e spesso uno stesso Paese produce anche più varietà di questo prodotto. Inoltre le modalità di preparazione, d’uso e di consumo cambiano tra popolazioni diverse.
Esso viene commercializzato in tutto il mondo e pare che sia la bevanda più diffusa dopo l’acqua. Il suo maggiore produttore è la Cina (nelle principali varietà: Lapsang, Souchong, Gunpowder, Shui-Hsien, Lung Ching, Lu Mu Dan, Ch’i-Men Mao Feng, Longjing e Keemun), seguita dall’India (nelle principali varietà: Assam, Darjeeling, Nigiri) e dal Giappone (nelle principali varietà: Matcha, Gyokuro, Bancha e Sencha). In Europa invece il principali produttore è rappresentato dalle Isole Azzorre.
La varietà più diffusa al mondo è l’Earl Grey, tè nero aromatizzato al bergamotto, che prende il nome da Charles Grey, primo ministro inglese dal 1830 al 1834. Dagli anni 80 del ‘900 si cominciò a produrre anche il tè freddo.
I tè possono essere distinti per diversi fattori ma quello normalmente utilizzato per la classificazione è il metodo di lavorazione che le foglie subiscono dopo la raccolta. La differenza principale è data dal grado di ossidazione delle foglie oppure dal livello di fermentazione raggiunto durante la lavorazione.
Si distinguono principalmente: tè verdi (non ossidati), tè neri (completamente ossidati), tè blu o tè oolong oppure tè qing (semiossidati), tè bianchi (leggermente ossidati), tè gialli (leggermente fermentati), tè postfermentati o tè Pu’er (completamente fermentati). I cosiddetti “te rossi” in realtà non sono veri tè in quanto provengono dal carcadè od dall’infusione di roobois proveniente dal Sudafrica.
Queste tipologie possono essere vendute così come sono. In alternativa possono essere ulteriormente manipolate per produrre dei rilavorati con essenze, erbe e spezie classificati come: tè profumati, tè aromatizzati, tè affumicati, tè pressati e miscele.
Pertanto esso presenta un’ampia quantità d’aromi: erbaceo, dolce, amaro, astringente e fruttato. Attualmente è noto che il consumo di questo infuso apporta molteplici benefici alla salute.
Giulia Cesarini Argiroffo
Note
Bibliografia:
- Antinucci, Francesco (2014), Spezie. Una storia di scoperte, avidità e lusso, Bari-Roma, Laterza Editore.
- https://www.researchgate.net/publication/318751078_IL_TE_IN_INDIA_STORIA_DI_UNA_TRADIZIONE_RECENTE
Fonti immagini:
Link d’approfondimento:
- http://www.treccani.it/enciclopedia/te_%28Enciclopedia-Italiana%29/
- https://www.buonissimo.org/rubriche/11499_Il_te_in_Europa
- http://www.turismoincina.it/top-cina/10-migliori-te-verde-cinesi/
- http://www.thes-du-japon.com/index.php?main_page=page&id=4&chapter=0&language=it